Cerca

Come prima ,peggio di prima ; sono passati 14 anni . ma cosa è cambiato per i Testimoni di giustizia? Il problema non riguarda solamente le carenze della legge – che speriamo che migliori con la nuova proposta che sta per essere calendarizzata presso la Commissione Giustizia della Camera – ma la sensibilità e la preparazione delle persone che compongono la Commissione Centrale,il Servizio Centrale Protezione e,per finire,il NOP. Se non cambiano mentalità e comportamenti di molti di questi,per i Testimoni di Giustizia –ed anche per i Collaboratori –sarà sempre un calvario

CRONACA
Storia di Maria, 28 anni. Assistette a un sequestro di persona e testimoniò
Ma la “protezione” è diventata un incubo che le nega il diritto alla vita
“Il mio inferno di testimone
da 9 anni vivo in ostaggio”
“Mi sono dovuta sposare per finta e mi hanno
persino impedito di riconoscere i miei figli”

CARO direttore, mi chiamo Maria, ho 28 anni e da nove vivo in una località protetta scelta dal servizio di protezione da cui dipendo (per ovvi motivi di sicurezza uso uno pseudonimo). Decido oggi di rivolgermi a lei, per sottoporle il mio caso. Da ragazza mi accadde di assistere ad un sequestro di persona. Convinta che fosse la cosa giusta, decisi di rendere spontanea testimonianza di quanto visto presso un posto di polizia.

Non sapevo all’epoca dell’esistenza di un servizio di protezione per i testimoni. Il Pubblico Ministero che seguiva il caso di sequestro mi dimostrò in ogni modo che potevo fidarmi di lui. Fu lui a richiedere ed ottenere per me il programma di protezione, e prima ancora che io firmassi alcun documento mi fece trasferire dal mio luogo d’origine in una località protetta.

A quel tempo era una ragazza determinata, combattiva, convinta dai miei ideali di aver fatto la scelta giusta, in quanto nutrivo una grande fiducia nella giustizia. Ero pronta a lottare contro il mondo intero per amore della giustizia, non riuscivo a vedere in essa tutta la negatività che ci trovava la società del mio luogo d’origine.

Una volta entrata in programma di protezione, accondiscendevo con tranquillità alle richieste e alle pretese del Servizio Centrale, mentre le mie richieste nei confronti del Servizio si possono ancor oggi contare sulle dita di una mano. Tutto andò bene fino a quando non decisi di costruirmi una vita assieme a un ragazzo conosciuto nella località protetta, il quale accettava la mia condizione. In un primo momento sembrava che non ci fossero problemi, fissammo così la data delle nozze, preparammo l’evento con grande entusiasmo, ma a due giorni dalle nozze mi fu comunicato che non si poteva più fare niente, che erano sorti non meglio precisati problemi. La cerimonia fu così una farsa per ingannare i parenti dello sposo, che non dovevano sapere nulla della mia situazione, in quanto non ha alcun valore, né civile, né religioso. Dunque una convivenza a tutti gli effetti, ma questo potrebbe anche andarmi bene perché ai fini pratici non cambia niente.

Successivamente, assieme al mio compagno, decido di avere dei figli. Anche in questi casi non sembrava ci fossero problemi, ma al momento del parto, in entrambe le occasioni, si sono presentati in ospedale alcune agenti del Servizio, costringendomi a firmare la rinuncia di maternità sui miei due figli, impedendomi, quindi di riconoscerli. Oggi i miei due bambini hanno rispettivamente sette e sei anni e non ho ancora potuto riconoscerli e non ho alcuna speranza di poterlo fare, per il momento.

Da quasi cinque anni ho espressamente richiesto il cambio di generalità, avendo terminato presso tutti i gradi della giustizia di rendere testimonianza di quanto avevo visto nove anni fa. Solo due anni fa la Commissione del Servizio Centrale di Protezione decise di accettare la mia richiesta, rispondendomi che mi era stato rinnovato il programma di protezione per altri due anni al fine di determinare il cambio di generalità. Questi due anni sono scaduti i primi giorni dello scorso mese di aprile.

Nel settembre scorso l’ultima brutta notizia. Carissima Maria, sei stata inserita nel programma sbagliato, cioè nel programma per “collaboratori di giustizia” anziché nel programma per “testimoni”. Il cambio di generalità, purtroppo, non può avvenire fino a quando la situazione non sia chiarita. Per oltre nove anni la mia pratica ha viaggiato attraverso gli uffici del Servizio Centrale di Protezione dalla sezione “testimoni” alla sezione “collaboratori” e viceversa.

Dopo aver interpellato il Presidente della Repubblica, il Presidente della Commissione del Servizio Centrale di Protezione e sottosegretario agli Interni, onorevole Mantovano, il ministro degli Interni, onorevole Scajola, sono stata convocata lo scorso febbraio presso gli uffici del Servizio Centrale, per un incontro chiarificatore sulla mia posizione. Durante tale incontro mi è stato comunicato che la pratica per il cambio di generalità aveva ricevuto, dopo sette mesi, la firma del ministro di Grazia e giustizia, Castelli.

Solo lo scorso mese di marzo è stata chiarita la mia posizione di “teste”.
Dopo vari contatti diretti, sia con la segreteria dell’onorevole Mantovano che con gli uffici del Servizio Centrale di Protezione, sono riuscita a sapere che la mia pratica era passata al vaglio della Commissione Centrale, ma dopo più di un mese da tale “evento” non si sa ancora con quale esito.
La segreteria del Presidente della Commissione afferma che l’esito è stato positivo e che mi sarà comunicato ufficialmente tramite gli uffici centrali, ma a questi ultimi non è ancora giunta alcuna documentazione giocando allo scarica barile. A chi devo credere?

Ho chiesto un incontro diretto con la Commissione ma mi è stato negato.
Ho minacciato allora di rendere pubblica la mia situazione, cosa che sto facendo e ben sapendo a quali rischi vado incontro e, dopo essersi molto adirati, mi è stato risposto che il Servizio è cambiato, che tali casi non accadono più nel Servizio, ma io, egregio Direttore, di cambiamenti non ne vedo alcuno.

Sono nove anni che sono dimenticata dal Servizio e di fronte alle mie ultime insistenze mi sento rispondere che sono molto impaziente. Incredibile vero?!
Devo però ammettere che nella Bibbia, nel salmo 90 al versetto 4 è scritto: “Si dice che mille anni sono agli occhi di Dio come un giorno”; per me però sono stati nove anni veri e non mi sembra di essere stata impaziente. Un’ultima chicca, riguarda il Nop (Nucleo operativo protezione).
Essi rappresentano il mio unico modo di comunicare con il Servizio Centrale, ma spesso mi rispondono male, mi trattano male in casa mia, riattaccano il telefono prima che la conversazione sia terminata, nel caso devo fare qualche istanza al Servizio Centrale, cosa rara, mi rispondono che loro non mi fanno da postini, spesso non si fanno sentire per lunghi periodi, quando tra i loro doveri c’è quello di contattare il “protetto” almeno una volta alla settimana.

Ora, dopo tre mesi dalla delibera, nulla è cambiato. Sono ancora seguita dalla stessa squadra che mi seguiva in precedenza, quella che mi ha maltrattato, mentre ho tutto il diritto di essere seguita dal gruppo che segue i testimoni. Più volte mi sono rivolta al direttore del Nop per avere un miglior trattamento, ma mai nulla è cambiato. Per l’ennesima volta sono stata ignorata.
Maria 

(30 luglio 2002)