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Come hanno fatto finora a convivere, senza spargimento di sangue, nel Lazio le tante mafie nazionali, internazionali e autoctone? E quanto durerà ancora la pax mafiosa?

Formia, Gaeta e l’intero Basso Lazio da una parte, Civitavecchia, la provincia di Viterbo e l’Alto Lazio dall’altra, dalle operazioni di polizia fatte e dalle indagini in corso, si stanno rivelando, come noi andiamo denunciando da anni, basi stanziali di tutte le mafie nazionali ed internazionali.

Con la Capitale che rappresenta una crocevia di tutti i loschi affari mondiali.

Il completamento dei lavori annunciati per l’ampliamento dei porti di Gaeta e Civitavecchia, con l’avvio di numerose ed ulteriori attività economiche, rappresenterà senz’altro un motivo di attrazione di tantissimi altri gruppi, soggetti, clan, famiglie, cosche ecc. , accentuerà un processo di occupazione del territorio di tutto il Lazio da parte delle mafie e, infine, agevolerà sicuramente il consolidarsi di tutte quelle consorterie criminali autoctone che da tempo si sono costituite fino a formare quella “quinta mafia” di cui gli amici di Libera vanno parlando insistentemente.

Mafie autoctone, vale a dire mafie formate da soggetti locali, nati e cresciuti nella nostra regione, annidati nelle professioni, nella politica, nell’economia, nella politica del Lazio.

E negli affari.

La domanda che spesso ci poniamo, di fronte ad un quadro così complesso e frastagliato, riguarda le modalità del “come “tutti questi clan, queste ‘ndrine, queste famiglie, questi gruppi criminali, riescano a convivere in pace, senza scontri mortali, senza spargimento di sangue, senza lotte fratricide.

Almeno finora.

Come tutta questa gente, ognuno per conto proprio, riesca a gestire flussi colossali di capitali sporchi provenienti da tutto il mondo, senza una pur minima occasione, un motivo, un pretesto, una causa che possano provocare lo scontro.

Ce lo chiedevano tempo fa delle persone di Formia, sul cui territorio, come è noto, si sono concentrati da tempo soggetti appartenenti a molti clan della camorra di tutta la Campania, ”perdenti” e “vincenti”.

C’è da ipotizzare –e paradossalmente da augurarci che sia così, altrimenti, prima o poi, c’è da temere una guerra feroce fra bande – che ci sia stata la creazione di una sorta di… camera di compensazione, di un tavolo di consultazione e di decisione fra bande dove tutto viene deciso insieme: spartizione di aree di attività, settori di competenza di ognuno e quant’altro.

C’è da ipotizzare, insomma, l’esistenza di un pool di cervelli raffinati, quel terzo o quarto livello che dir si voglia di cui si parla sempre, capace di garantire quella pax mafiosa che ha evitato in certo qual modo, finora, quello spargimento di sangue che ha contraddistinto l’operato mafioso in altre aree del Paese.

Durerà tutto ciò?

E quanto tempo potrà durare ancora questa pax mafiosa di fronte ad una crisi economica, sociale, politica, culturale che sta cambiando il volto del Paese, sconvolgendo gli assetti mondiali e che restringerà sempre di più, conseguentemente, gli spazi di manovrabilità per tutti, mafiosi e non mafiosi?

Una crisi che sarà aggravata dall’inevitabile ed inarrestabile processo di immissione nel tessuto sociale del nostro Paese e dell’Europa intera di masse intere di popolazioni disperate provenienti da altri continenti e anche paesi comunitari ai quali bisognerà garantire condizioni di vivibilità dignitose?

Domande alle quali bisognerà trovare risposte adeguate, serie e definitive.