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Combattere la mafia a Gioia Tauro. Ennesima operazione dei ROS contro la ‘ndrangheta a Gioia Tauro e nei pressi della Capitale

Ieri, una vasta operazione dei Ros di Reggio Calabria ha portato all’arresto di circa 26 persone, tra cui due funzionari delle Dogane, e al sequestro di beni immobili e strutture alberghiere soprattutto nel Lazio, per un ammontare di circa 40 milioni di euro. Le indagini, dirette dalla procura distrettuale antimafia di Reggio, hanno individuato anche operazioni di riciclaggio dei proventi in strutture immobiliari ed attività alberghiere, soggette a provvedimento di sequestro nel Lazio, dove sono stati eseguiti parte degli arresti. (La Stampa)

Nel corso delle indagini sono stati sequestrati numerosi container di merce di provenienza cinese, spesso contraffatta, per un valore di decine di milioni di euro, ed un complesso alberghiero a cinque stelle e due avviati ristoranti a Monte Porzio Catone, ad una trentina di chilometri da Roma. L’ammontare complessivo dei beni è stato stimato in 50 milioni di euro.

In luglio, nella gloriosa Via Veneto di Roma, era stato sequestrato il Cafe ‘de Paris, mentre venerdì scorso nove società immobiliari in Lombardia avevano viste confiscate le licenze per l’accusa di riciclaggio di denaro; il 3 novembre scorso un’altra operazione ha arrestato 17 membri della nDrangheta.

Da espressione della mafia agricola, la potentissima cosca Piromalli assurse al ruolo di “mafia globale” in occasione della realizzazione delle grandi opere pubbliche nella Piana di Gioia Tauro, che ancor oggi appaiono sostanzialmente inutilizzate per lo sviluppo del territorio, visto che a stento sono servite dall’autostrada e che la regione non presenta una particolare densità abitativa o  ha creato una qualche presenza industriale significativa.

Ci sarebbe da chiedersi se avremmo, oggi, la Ndrangheta “ricca così com’è”, senza quel pozzo senza fine di sperpero pubblico e malaffare che è stata l’idea di impiantare un polo siderurgico a Gioia Tauro per, poi, inventarsi il porto container, visto che l’acciaio proprio non andava più.

Gioia Tauro è il porto italiano che movimenta più merci in container, prima di Genovva e La Spezia; occupa il terzo posto in Europa nella classifica dei porti contenitori (dopo Rotterdam ed Amburgo) ed il primo nel Mediterraneo. Il porto di Gioia Tauro, con i suoi 3.008.000 Teu imbarcati e sbarcati nel 2002, rappresenta da solo più di un terzo dell’intero traffico nazionale ed è specializzato nel transhipment, per cui ha sostituito Malta come nodo di distribuzione dei traffici in partenza dal Nord America e dall’Estremo Oriente verso il Mediterraneo centrale ed orientale ed è in grado di svolgere un ruolo di rilancio dell’economia meridionale. Nonostante la sua relativa giovinezza, il porto di Gioia Tauro, hub a vocazione di puro transhipment, continua ad espandere la propria attività. Il Terminal Container Medcenter (MCT) è – ad oggi – l’unica infrastruttura di riferimento per lo smistamento container in esso operante.

È in corso il progetto di un impianto di rigassificazione di GNL nell’ambito dell’area industriale a ridosso del porto. Il progetto ha buone possibilità di rientrare nella rosa di 3-4 rigassificatori che, secondo i progetti della Cabina di Regia, dovrebbero diventare operativi entro il 2010. Il pontile per l’attracco delle navi gasiere sarà posizionato in mare aperto, in zona portuale ma fuori dal bacino. (Wikipedia)

Considerato che una stazione marittima di transhipment la potevano mettere anche tra Salerno e Napoli (ovvero dove è sempre stata dal Neolitico, visto che è il posto giusto), e che altrove, in 20 anni, avrebbero costruito intorno al porto un apparato industriale e commerciale enorme, sarebbe interessante capire, ancora oggi, come si sia arrivati a “regalare” ad una modesta cosca rurale un così ingente patrimonio da sfruttare.

Ad ogni modo, ormai, la frittata è fatta e, adesso, c’è solo da por riparo ed, a proposito di lotta alla mafia, non saranno 40 arresti in due mesi o 50-70 milioni di Euro in beni sequestrati a salvare Gioia Tauro.

Nel 2006, gli esiti di un questionario, rivolto ad un gruppo di studenti campani, riportava che il 54%  conosce personalmente un camorrista, il 40% non ha fiducia nelle istituzioni,  il 50% riteneva che si fa ben poco per sconfiggere la camorra …

Gioia Tauro può sottrarsi al degrado ed alla barbarie mafiosa, diventando una vera realtà produttiva, solo se riuscirà ad emanciparsi dal giogo mafioso. Per farlo, ha bisogno che lo faccia tutta la Calabria, superando campanilismi e diffidenze, approfittando di questo enorme “dono” del porto container (sottratto alla Campania, lo si ricordi) e sviluppando una mentalità imprenditoriale, che allo stato attuale delle cose non può far altro che emigrare.

La vedo dura.

(Tratto da Demata)