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Claudio Domino: a 11 anni condannato a morte dalla mafia

Claudio Domino: a 11 anni condannato a morte dalla mafia

Luca Grossi 07 Ottobre 2020

A Palermo, nel quartiere di San Lorenzo in via Fattori, il 7 ottobre del 1986 venne ucciso il piccolo Claudio Domino, un bambino di appena undici anni. Stava giocando, come tante altre volte, davanti alla cartolibreria dei suoi genitori.
Non fu un proiettile vagante o un incidente, ma una vera e propria esecuzione: il killer lo chiamò a sé per nome e una volta vicino lo uccise con un colpo di pistola in mezzo agli occhi.
Perché uccidere un bambino innocente? La modalità che venne utilizzata nella sua esecuzione solitamente è quella che viene riservata ai boss mafiosi, perché Claudio venne ucciso in quella maniera?
Questa barbarie successe ai tempi del Maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra, dove vennero imprigionati dietro alle sbarre centinaia di affiliati all’organizzazione mafiosa grazie al lavoro dei giudici istruttori
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Il giorno dopo l’omicidio, l’8 ottobre 1986,
Giovanni Bontade (fratello del boss Stefano) chiese la parola e lesse un comunicato in aula che fece calare il gelo: Noi condanniamo questo barbaro delitto che provoca accuse infondate anche verso gli imputati di questo processo. Siamo uomini, abbiamo figli, comprendiamo il dolore della famiglia Domino. Rifiutiamo l’ipotesi che un atto di simile barbarie ci possa sfiorare”.
Noi chi? La mafia? La domanda corse sulle bocche di chi stava in aula. Quelle parole appena sussurrate aprirono le porte ad una importante rivelazione: le stesse persone che fino a quel momento avevano categoricamente negato l’esistenza di un’organizzazione, ora ammettevano implicitamente l’esistenza della stessa.
Ma a parte questo, quelle parole non ebbero e non hanno nessun reale valore morale, non esiste nessuna mafia che “comprende il dolore delle famiglie” o che “condanna questi delitti”. Cosa Nostra ha da sempre ucciso indistintamente donne, uomini e bambini che rappresentavano una “minaccia” secondo la loro visione distorta della vita, come testimonia il lungo e triste elenco delle loro vittime in cui sono presenti anche i nomi di 125 bambini. Una vera e propria strage degli innocenti.
Furono formulate diverse ipotesi riguardo all’omicidio ed infine dopo alcuni anni dal maxiprocesso, il collaboratore di giustizia
 Giovanbattista Ferrante disse che la “colpa” di Claudio fu di aver visto il confezionamento di alcune dosi di eroina in un magazzino.
Si parla di colpa, ma quale colpa per il piccolo
Claudio Domino?
E ancora,
Salvatore Cancemi, importante collaboratore di giustizia morto nel 2011, rivelò nelle sue dichiarazioni che Salvatore Riina aveva ordinato di scoprire i nomi dei responsabili e di punirli.
Le indagini interne di Cosa Nostra arrivarono a
 Salvatore Graffagnino, proprietario del bar vicino al luogo dell’omicidio che poi sotto tortura avrebbe ammesso di aver assoldato un tossicodipendente per uccidere Claudio Domino. Lo stesso Graffagnino venne poi ucciso da Giovanbattista Ferrante su ordine di Giovanni Brusca.
Ma nonostante le dichiarazioni del Ferrante non si è fatta ancora piena luce su ciò che accadde in quella via di Palermo, soprattutto non sappiamo ancora l’identità di chi premette il grilletto.

Le ombre e i dubbi sono tanti. L’intero quadro si fece ancora più sinistro quando il confidente dell’infiltrato Luigi Ilardo, il colonello dei Ros Michele Riccio, disse che nel quartiere vi sarebbe stata la presenza di “faccia da mostro”. Con questo nome era chiamato Giovanni Aiello, poliziotto italiano sfigurato in viso molto vicino ai servizi segreti. “Ilardo mi disse: – ricorda l’ex militare – parlerò di determinati episodi come la morte di Pio La Torre, del presidente Mattarella, di Claudio Domino, del poliziotto ucciso insieme alla moglie, perché dietro ci sono le istituzioni. E mi fece riferimento al fatto – aveva detto Riccio – che proprio per la morte di Domino i suoi contatti di Cosa Nostra palermitana gli avevano riferito che c’era stata la ricerca di un personaggio che doveva appartenere alle istituzioni italiane, il quale aveva fatto un po’ da supervisore e, forse aveva anche avuto qualche parte attiva in questi attentati, specialmente in quello di Domino che aveva colpito molti esponenti di cosa Nostra che non erano concordi con questi omicidi. Per cui – aggiunse Riccio – si sarebbero mossi alla ricerca di questo personaggio, che Ilardo allora mi descrisse come alto, magro e con in viso una voglia che lo deturpava. Sinteticamente mi disse ‘faccia da mostro”.
Anche il collaboratore di Giustizia
 Antonino Lo Giudice ha richiamato alla memoria il nome di Giovanni Aiello lo scorso 18 Aprile 2019 rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nell’ambito del processo ‘Ndrangheta stragista inserendo il nome di “faccia da mostro” nel contesto dell’omicidio del piccolo Claudio. “Mi raccontò dell’omicidio di un bambino in Sicilia il cui padre lavorava in un’aula bunker, mi parlò dell’omicidio di Ninni Cassarà, di quello di Nino Agostino. Mi parlò anche di una bomba messa a Trapani, dove morirono due bambini e una donna e rimase illeso il magistrato Carlo Palermo.
Anche qui, dunque, sono presenti quegli elementi “del mondo di mezzo” responsabili di depistaggi, di omicidi e di ingiustizie che da sempre hanno caratterizzato la storia del nostro Paese.
A pagare sono sempre gli innocenti, come nel caso del piccolo
 Claudio Domino e dei suoi genitori, Antonio Domino e Graziella Accetta che in questo periodo, come se non bastasse, sono stati vittime di un’altra grande ingiustizia: la scarcerazione dei boss mafiosi durante la pandemia del COVID 19.
Una notizia che mi ha fatto arrabbiare! Anche perché se penso che un Nitto Santapaola che ha ucciso quattro bambini possa uscire è una cosa che mi fa stare male. Per me dovrebbero scontare fino all’ultimo giorno della loro pena in galera. Noi non abbiamo nemmeno la possibilità di vedere i nostri familiari uccisi. Io mio figlio lo vedo qui – dice Graziella Accetta indicando un quadro del piccolo Domino – loro una volta al mese i figli li vedono e li abbracciano, noi questo non lo possiamo fare più!”, ha detto sfogandosi in un’intervista al Giornale di Sicilia del 22 aprile del 2020.
“Abbiamo sempre chiesto giustizia e non vendetta. La giustizia è civiltà, è non mettersi al posto dei carnefici dando quindi la possibilità anche ai peggiori carnefici di ricevere un trattamento adeguato. Ma non è questo il modo”, ha detto il padre Antonino Domino.
Noi dobbiamo stringerci intorno alla famiglia di
Claudio Domino, per dargli forza e sostegno in quest’epoca priva di giustizia e continuare a ricordare che non esiste una mafia “buona e rispettosa delle regole”. Esiste solo un gruppo di individui che da sempre hanno agito con la violenza sottomettendo i più deboli e gli innocenti.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/