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Clan Sibillo – Droga spacciata «porta a porta» e coltivata in chiesa

Il Mattino, Mercoledì 18 Maggio 2016

Droga spacciata «porta a porta» e coltivata in chiesa

di Daniela De Crescenzo

«La mamma di Alessandro vende l’erba, il padre di Alessandro vende la cocaina, il fratello di Alessandro vende l’erba»: Luigi De Crescenzo, l’uomo che, secondo gli inquirenti governa lo spaccio in piazza Bellini, intercettato, spiega come tutta la famiglia Riccio lavori nella distribuzione al dettaglio degli stupefacenti. Perché la droga è un affare da gestire tra parenti, un’impresa alla quale lavorano madre, padri e figli. Tutti insieme appassionatamente: c’è chi va a comprare la cocaina, chi coltiva la marijuana, chi prepara le dosi e chi la distribuisce. Un’organizzazione nella quale le donne hanno un ruolo importante: anche l’ordinanza firmata dal gip Dario Gallo, che ha colpito duramente il business del clan Sibillo, dimostra che la camorra si declina sempre più spesso al femminile. Scrive il magistrato: «Le operazioni di intercettazione telefonica e ambientale hanno consentito di acquisire rilevanti elementi indiziari in ordine al contributo offerto dalle donne alla compagine criminale. Si tratta, in effetti, delle madri, delle moglie e delle compagne dei promotori del sodalizio camorristico, le quali hanno agevolato le attività illecite svolte dai solo uomini soprattutto nel comparto dei traffici di stupedacenti». Sono le donne che fanno da staffetta, sono loro che parlano al telefono per conto degli uomini e ne trasmettono le ambasciate, sono loro che ne coprono la fuga.

Per i Sibillo, poi, lavorano interi nuclei familiari. Il loro innanzitutto: a finire in carcere ieri è stato Vincenzo Sibillo che ha raggiunto il figlio Pasquale già in carcere. L’altro, Emanuele, lo ha perso nella guerra per assicurarsi il controllo del territorio contro la fazione opposta, quella dei Mazzzarella-Del Prete. Coinvolta anche la convivente di Pasquale, Vincenza Carrese, detta Nency, impegnata a rappresentare il suo uomo prima latitante e poi carcerato.

Per loro spacciano i Riccio: Alessandro, Gennaro e Ilario con la madre Anna D’Avolio hanno in gestione la piazza di «Largo Proprio d’Avellino» angolo via Anticaglia. Antonio Esposito con la moglie Antonella Battista provvedono a rifornire le piazze distribuendo la droga procurata da Francesco Frenna e dal cugino Salvatore. E anche il trafficante si avvale della collaborazione della moglie, Veronica Raia, che infatti è stata arrestata. Tante belle famigliole unite da un interesse comune: lo spaccio.

Si coltiva anche in Chiesa. Un ambiente protetto, umido e fresco al punto giusto per far crescere la marijuana. Lo ha trovato Salvatore Frenna che ha organizzato una coltivazione nei sotterranei della chiesa sconsacrata del Santissimo Crocifisso ad Antesecula nel rione Sanità e per ridurre le spese ha organizzato un sistema per rubare la corrente elettrica. Intercettato il malvivente spiega al cugino la ricetta giusta per l’affare: «Ci vogliono solo i soldi all’inizio una volta… Una volta li butti i soldi poi non ne devi buttare più… però ci viole la luce rubata perché lo sai che la luce costa… poi rimangono solo i motori dell’aria… dell’aria pulita… no Francesco quella è una sala operatoria». Sistemate le piantine non resta che aspettare che crescano e poi fare il raccolto. E infatti l’interlocutore ironizza: «Adesso tra un mese vai a fare il contadino». I poliziotti trovano poi nel sotterraneo 78 piante di marijuana due ventilatori, tre trasformatori di energia.

I rifornimenti. A procurare la cocaina per i Sibillo e i loro affiliati è Francesco Frenna che la compra in Calabria a 42 mila euro a chilogrammo o più vicino, al Parco Verde a 55 mila euro. In un messaggino cifrato il criminale scrive: «Amore mio come stai finalmente ci sentiamo per la casa delle vacanze, l’ho trovata molto bella, ma è 42 metri quadrati, più piccola per adesso non si può». La casa è la coca e i metri sono gli euro. Frenna procura la droga, ma non ha alcun rapporto con i produttori della merce: e questo dimostra che, alla fin fine, il clan è povera cosa. Sibillo e soci non sono mai riusciti ad aprire un canale meno che indiretto con i veri trafficanti. Ma si sforzano di comandare. Racconta Luigi De Crescenzo a Frenna: «Disse Lino (Pasquale Sibillo, ndr) fino ad ora comandiamo noi, quando andiamo in carcere… allora non ci siamo noi e potere fare quello che volete voi, ma finché siamo ancora vivi comandiamo noi». E tutti devono pagare la giusta tangente. Alessandro Riccio non ammette eccezioni e quando scopre che una cugina dei Sibillo non versa niente reclama: «Pure cento euro a settimana, ma deve pagare», dice al capoclan che però reagisce male. E De Crescenzo racconta: «Disse Lino: ma che dobbiamo fare come i Giuliano… e che dobbiamo fare ognuno fa i comodi suoi?»

Le armi. Per mantenere l’ordine, dentro e fuori al clan, servono le armi. I Sibillo se le procurano al Parco Verde da Massimo Gallo che, a sentire i guaglioni ne hanno tante. Al ritorno da una gita al parco Verde Francesco Frenna in auto commenta entusiasta: «… 20 pistole… 2 kalashinikos… un Uzu grande… una mitraglietta… Hai visto che cosa c’era…». E poi: «Ma questo non è niente. Sasà ha visto i trolley… ha perfino quel mitra che si mette con la ruota… lo hai visto nei film». Segue il listino prezzi: «Stavano solo i due kalashnikov a 5000 euro i due uzi grandi a 4000 euro… quei 375 piccolini sono 200 euro…». In tutto i Sibillo sborsano 30 mila euro. Una spesa necessaria.

L’autolavaggio della violenza. Tra gli inquisiti anche Salvatore Luongo, il gestore dell’autolavaggio di Pianura dove un ragazzino fu seviziato con il compressore. Aveva ceduto 295 grammi di cocaina a Giuseppe Bellamacina e Manuela Magliacane per far spacciare la sostanza nella provinvia di Forsinone. È stato filmato mentre consegnava la droga.

Immigrati al lavoro. Luigi De Crescenzo, detto ‘o Parente, è incaricato di gestire un fiorente spaccio di marijuana a piazza Bellini e lui assolda una serie di immigrati. Poi li chiama: «negri».

I clienti. Sono veramente tanti i clienti della «Sibillo&company droga Spa». Gli spacciatori consegnano a domicilio o danno appuntamento al ristorante, al bar, in strada. Il cliente contatta il pusher telefonicamente e quello consegna la droga.«Me ne porti quattro?», dice al cellulare una ragazza. E lo spacciatore: «Ciao, un bacio. Sempre al solito posto o a casa?». «A casa». Qualche minuto dopo la consegna. C’è chi da appuntamento a piazza Vittoria, proprio davanti al negozio di cravatte più famoso d’Italia, chi chiede un incontro in pizzeria. Telefona un avvocato che chiede pure una consegna a credito.«Bello fratello mi senti?» «Dite, avvocato»«Senti io ho venti euro, se una decina la lasci a dare mi fai un bel trenta…». Il pusher concede il pagamento oggi ad otto e parte a tutto gas.