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Clan Carminati, la Procura insiste: “Metodo mafioso”. E per la prima volta spunta Mokbel

L’Espresso, 19 settembre 2017

Clan Carminati, la Procura insiste: “Metodo mafioso”. E per la prima volta spunta Mokbel

Notificata la chiusura delle indagini sul Cecato e altre 27 persone. Tra i tanti nomi noti anche qualche nuovo entrato. Tra questi, sorprende quello dell’uomo vicino al terrorismo nero e alla Banda della Magliana

DI FEDERICO MARCON

Se non è mafia è metodo mafioso. Così scrive la Procura di Roma nell’atto che notifica la conclusione delle indagini sul clan di Massimo Carminati. Tra le persone indagate Alessia Marini, compagna del Cecato, il suo braccio destro Riccardo Brugia e il ras delle cooperative Salvatore Buzzi. Per la prima volta compare il nome di Gennaro Mokbel, noto per i suoi contatti con l’eversione nera e la Banda della Magliana, finora mai accostato a Carminati. E c’è anche il giornalista Gian Marco Chiocci, direttore de “Il Tempo”, accusato di favoreggiamento. I pm contestano ad alcuni indagati l’utilizzo del metodo mafioso.

Le indagini fanno parte di un filone stralciato dall’inchiesta “Mafia Capitale” della Procura di Roma, che ha già avuto una prima sentenza. Lo scorso 20 luglio la Corte d’Assise di Roma ha inflitto 41 condanne per quasi 300 anni di carcere : le più pesanti a Carminati (20 anni), Buzzi (19), Alessandra Garrone (13 anni e 6 mesi), Fabrizio Testa (12), Riccardo Brugia (11), Franco Panzironi (10), Luca Odevaine (8) e Mirko Coratti (6). Nessuna delle condanne fu però per associazione mafiosa, tanto che in molti esultarono: «A Roma la mafia non esiste!». 

Le nuove indagini hanno portato la Procura di Roma ad accusare Massimo Carminati di usura. Reato commesso in concorso con Brugia, Roberto Lacopo (titolare della pompa di benzina di Corso Francia, ndr) e Fabio Gaudenzi, leader degli ultrà romanisti di “Opposta Fazione”. I quattro, «con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso denominata “Mafia Capitale», «si facevano promettere» da Filippo Maria Macchi un corrispettivo di 40 mila euro il mese successivo l’erogazione di un “finanziamento” di 30 mila euro. Interessi di 10 mila euro, «pari al tasso del 405,56% annuo»: 23 volte superiore a quello consentito dalla legge.

Alessia Marini, invece, avrebbe eluso «le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale», in concorso con Carminati e l’imprenditore Agostino Gaglianone. Anche per lei risulta l’aggravante dell’agevolazione di “Mafia Capitale”.

Gian Marco Chiocci è accusato di favoreggiamento. Il giornalista e direttore del quotidiano romano “Il Tempo” viene accusato «di aver aiutato Massimo Carminati a eludere le investigazioni». Chiocci avrebbe fatto sapere al Cecato, tramite Salvatore Buzzi, delle investigazioni e delle intercettazioni audio e video in corso.

A Luca Odevaine è contestato il traffico di influenze. Il componente del Tavolo tecnico sull’immigrazione del Ministero dell’Interno, in concorso con Silvio Praino, avrebbe condotto «una mediazione illecita verso il Prefetto, finalizzata a ottenere l’attribuzione della qualifica di CARA (centro di accoglienza richiedenti protezione internazionale)» a beneficio dell’albergo di Piazza Armerina, di proprietà dello stesso Praino.

Accusato di tentata estorsione invece Gennaro Mokbel. Il nome dell’uomo, già vicino al terrorismo nero e alla Banda della Magliana, compare per la prima volta in un’indagine che coinvolge anche Carminati. Mokbel provò a «costringere» Marco Iannilli a restituire un’ingente somma di denaro, «circa sette/otto milioni di euro». Questi soldi dovevano essere investiti nell’operazione di riciclaggio internazionale “Digint”. Il commercialista cercò protezione da Carminati: così Mokbel abbandonò «le condotte minatorie e vessatorie» nei suoi confronti. A Iannilli, invece, la Procura contesta l’elusione delle misure di prevenzione patrimoniale: il Cecato gli avrebbe «attribuito fittiziamente» la titolarità della sua villa di Sacrofano.