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Chi lucra sulla monnezza di Roma

Chi lucra sulla monnezza di Roma

La commissione sul ciclo dei rifiuti svela nella sua relazione tutti problemi del Lazio e della Capitale. Caos e disfunzioni che portano all’emergenza perenne e a una situazione che favorisce illegalità e monopolisti

DI GIOVANNI TIZIAN

20 dicembre 2017

Un’inchiesta parlamentare durata due anni. Decine di audizioni, una mole impressionante di documenti acquisiti e l’analisi di materile investigativo e amministrativo. La commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti, presieduta da Chiara Braga, ha approvato all’unanimità la relazione su Roma Capitale e regione Lazio.

«Con questa ampia relazione la Commissione intende fornire al Parlamento un quadro obiettivo di una situazione complessa. L’attualità delle esigenze e dei rischi per la legalità e per l’ambiente impone ai soggetti pubblici una programmazione del ciclo dei rifiuti legittima, ambientalmente sostenibile e concretamente praticabile nell’immediato» è il commento della presidente della Commissione. La relazione evidenzia le criticità del ciclio dei rifiuti nel Lazio e nella Capitale. Un servizio di primaria importanza per i cittadini, trasformato in business per pochi privati, spesso monopolisti.

«Vicende politico-amministrative e giudiziarie hanno portato alla luce criticità derivanti da scelte compiute – o omesse – per diversi lustri. Il tema centrale affrontato dalla relazione è la criticità del ciclo dei rifiuti di Roma, dove rimane tuttora dirimente la questione impiantistica, aggravata dall’assenza, in concreto, di alternative alla discarica di Malagrotta, che da quattro anni ha cessato di operare»

La commissione, poi, ha analizzato il ruolo di Ama: «La storia recente di AMA e l’attuale destinazione itinerante dei rifiuti di Roma Capitale segnalano la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti, che genera un saldo ambientale negativo e costituisce il presupposto per un rischio di condotte illecite.

La situazione attuale è ancora di forte dipendenza dall’impiantistica extraregionale: a fronte di questi limiti strutturali l’intero territorio regionale e in particolare la città di Roma, risulta condizionato da eventi assolutamente prevedibili, che tuttavia diventerebbero subito ingovernabili. Sino ad oggi il sistema ha retto tra molte difficoltà, con l’aiuto indispensabile di impianti localizzati fuori Roma, con viaggi di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti verso il resto della regione Lazio, verso altre regioni e verso l’estero. Il ridimensionamento, per ragioni materiali o giuridiche, di uno di questi ausili produrrebbe, di riflesso, l’impossibilità della stessa regolare raccolta dei rifiuti a Roma.

Né si può dimenticare che gli stessi TMB romani – impianti che a loro volta generano rifiuti – presentano cronici problemi di funzionalità, tali da determinare interventi di controllo da parte di più soggetti istituzionali e reazioni dei cittadini che vivono nelle zone di insediamento degli impianti». Insomma, ecco spiegato perché ciclamente i romani si trovano a dover fare i conti con situazioni emergenziali. Emergenza perenne che ha prodotto notevoli esborsi per Ama, la muncipalizzata della raccolto rifiuti.

«L’eredità del contenzioso di Ama- frutto di una storica mancata definizione giuridica dei rapporti con i privati, collocata in fasi “emergenziali” e solo di recente superata da un contratto-ponte- rischia tuttora di comportare un elevato esborso di risorse economiche da parte di Roma Capitale ossia da parte di tutti i cittadini romani; il contratto-ponte, tuttavia, rappresenta un fattore di superamento di una storica situazione monopolistica con riflessi anche tariffari.

L’incremento di efficienza e di presenza avanzata di AMA nel ciclo dei rifiuti può essere una garanzia di legalità, a condizione di una gestione trasparente ed efficiente della società pubblica», precisano dalla commissione. Nel caos e nella fragilità di siffatto sistema si inseriscono tutta una gamma di illeciti ben descritti nella relazione della commissione.

«Dal rovistaggio, ai roghi di rifiuti, alle filiere improprie dell’autodemolizione, all’abbandono di rifiuti di origine edilizia, al degrado ambientale che interessa i campi nomadi, sede di raccolta illecita, abbandono e incendi di rifiuti; fenomeni sui quali sono in corso iniziative investigative».

In pratica, la carenza progettuale e la mancata realizzazione di impianti sono «la precondizione per vicende illecite in campo ambientale ma anche per condizionamenti impropri delle politiche pubbliche da parte di soggetti privati».

Monnezza che a Roma fa gola a molti. «La vicenda di “Mondo di mezzo” (Mafia capitale ndr), al di là degli esiti processuali, segnala l’interesse di organizzazioni criminali per la gestione di alcuni segmenti del ciclo dei rifiuti a Roma e nel Lazio. Vi sono poi illeciti ambientali che trovano il loro centro nella gestione della discarica di Malagrotta e nella “galassia” di strutture e interessi che da quella realtà si diramano.

Su questo punto la commissione ha analizzato in profondità le strutture societarie riconducibili alla famiglia di Manlio Cerroni, evidenziandone l’ampiezza e la pervasività». Dunque, la situazione ambientale prodotta dalla passata gestione nella discarica romana costituisce un problema tuttora aperto, «come attestato dalle risultanze giudiziarie che rivelano un inquinamento persistente».