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C’é stato un “caso Fondi”, c’é stato un “caso Sperlonga”, Si sta evolvendo un “caso Formia”. A quando un “caso Gaeta”?

C’è stato un “caso Fondi”, c’è stato un “caso Sperlonga” con un
Sindaco rimosso dopo che è rimasto coinvolto in vicende
giudiziarie, si sta prospettando un “caso Formia”.
Ci sarà mai un “caso Gaeta”?
Per risalire ad un “caso Gaeta” bisogna riandare indietro di decine
e decine di anni fa e chi scrive fu uno dei protagonisti di quelle
vicende.
Roba vecchia e stravecchia, ma che avrebbe dovuto rappresentare
un deterrente perché certe cose fossero messe al bando e non si
verificassero più.
Gaeta non era, allora, “provincia di Casale”.
C’era ancora l’orgoglio, un senso di appartenenza che erano gli
antidoti giusti rispetto ai processi di degenerazione che si sono
man mano venuti sviluppando nel tempo, negli anni avvenire, fino
ai nostri giorni.
C’è diventata dopo, “provincia di Casale”, negli anni, e nessuno si è
mai preoccupato di cogliere i segni di una involuzione che sta
portando la città del Golfo, con tutto il territorio circostante, da
SS. Cosma e Damiano-Castelforte fino a Fondi-Terracina, nel
precipizio.
Nessuno si è preoccupato di correre ai ripari bloccando una corsa
che si sta rivelando giorno dopo giorno sempre più letale.
La città si sta spopolando.
Non ci sono più un’economia locale, un’impresa locale, una
qualsiasi attività economica dove si parli la lingua locale.
Ormai è “provincia di Casale”.
Piena.
Totale.
Una sorta di eterogenesi dei fini che travolge ogni eventuale
sussulto di dignità e che fa in modo che tutto sia
irreversibile, definitivo.
E sempre più nero.
Non c’è nemmeno più la possibilità di fare appello ai cittadini perché escano da quel clima di omertà che li ha sempre contraddistinti e si svegliassero da un sonno ormai pluridecennale, quasi endemico.
Ciò, in quanto è sconvolto un intero assetto sociale e culturale ed un qualsiasi appello, perciò, cadrebbe nel vuoto e rimarrebbe inascoltato, soprattutto se si tiene conto del fatto che oggi ci si trova di fronte ad un assetto tutto diverso da quello del passato e costituito proprio dagli attori di questo sconvolgimento.
Gente di altra provenienza che ha fatto in modo, andando in quelle terre, di piegarne la vita a proprio uso e consumo.
L’invasione… “casalese” che ha trasformato socialmente, culturalmente, economicamente – e, forse, anche politicamente- l’immagine e la vita.
La linea della palma che è salita fino all’omologazione completa.
I prodromi c’erano tutti e solo i ciechi potevano non vedere.
Dai lavori nel porto fatti da un impresa siciliana che si diceva che fosse vicina ad ambienti di Cosa Nostra.
Alla realizzazione selvaggia di un’edilizia appaltata quasi del tutto ad imprese provenienti dall’area casalese.
Ad un settore commerciale dove si parla esclusivamente il dialetto di quell’area.
Alla ristorazione, ai bar, ai locali del tempo libero e quant’altro.
In un clima di cedimento e di impunità sorprendente ed inquietante che ha consentito tutto.
Si è costruito, nel dispregio più assoluto di leggi e del buon senso, perfino a ridosso delle cappelle cimiteriali.
Pure i morti sono stati così vilipesi.
Uno Stato assente completamente, quasi fosse la città di Gaeta appartenente ad un altro Paese.
Fosse un ‘altra città saremmo tentati dal dirle: “al diavolo, te la sei cercata, non hai fatto niente per evitarla, muori nella melma della camorra”.
Ma è la città nella quale siamo nati e per la quale abbiamo combattuto un’intera vita, pur vivendone fuori,
e, poi, soprattutto, data l’importanza del suo Porto – che è uno dei più importanti del Tirreno- la sua caduta nelle mani delle organizzazioni criminali farà sentire i suoi effetti negativi su una vasta area dell’Italia centrale, fino addirittura ad alcune zone dell’Adriatico.
Oggi, per una sua bonifica, resta solo la speranza di un intervento massiccio della magistratura.
Ecco perché parliamo di un “caso Gaeta” che invochiamo con forza.
A quando?