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Catania, candidato sindaco sotto inchiesta per voto di scambio e corruzione elettorale

Il Mattino, Sabato 31 Marzo 2018

Catania, candidato sindaco sotto inchiesta per voto di scambio e corruzione elettorale

di Mario Meliadò

Dopo un percorso politico che l’aveva portato a essere quotato consigliere comunale di Forza Italia, dopo la candidatura alle ultime Regionali, dopo essersi “lanciato” in una candidatura a sindaco di Catania sotto le insegne della lista civica “Un cuore per Catania”, Riccardo Pellegrino è nei guai. Il politico etneo risulta infatti tra i 12 destinatari d’avviso di conclusione indagini per voto di scambio e corruzione elettorale; anche se lui, a gettare la spugna, non ci pensa proprio.

Certo non è davvero facile la posizione di Pellegrino, politico chiacchierato al punto da meritarsi l’appellativo di “impresentabile” alle ultime Regionali siciliane pur non essendolo dal punto di vista “tecnico”: nessuna condanna. Sotto il profilo legalitario il consigliere comunale catanese si tratteggia però come un politico borderline: i collaboratori di giustizia Gaetano Musumeci e Salvatore Viola – già “picciotto” del potentissimo clan Santapaola – l’accusano di avere il supporto elettorale del boss dei Carcagnusi, Nuccio Mazzei, tanto da aver spinto il vicepresidente uscente della Commissione parlamentare antimafia Claudio Fava a chiedere (invano) l’accesso antimafia a Palazzo degli Elefanti (istanza “premiata” da Pellegrino con la richiesta a Fava di un risarcimento da 100mila euro per le sue esternazioni, ritenute diffamatorie). Peraltro, Riccardo Pellegrino non ha mai negato la sua amicizia col figlio del capobastone, Carmelo Mazzei, già suo compagno di scuola dai Salesiani e oggi in procinto di prendere i voti: non candidandosi alle elezioni, ma diventando sacerdote.

Certo non aiuta granché la vicenda personale del fratello del consigliere forzista, Gaetano Pellegrino detto ‘u funciutu per via delle labbra particolarmente carnose e sporgenti, arrestato e oggi imputato a piede libero nell’operazione antimafia “Ippocampo” e già condannato per estorsione e minacce proprio nei confronti del pentito Viola.

Ma bisogna anche sottolineare che, malgrado il presunto blocco di suffragi che gli avrebbero garantito Mazzei e i suoi scagnozzi, Riccardo Pellegrino alle Regionali dell’ottobre scorso, da candidato nella circoscrizione elettorale di Catania, raccolse solo 4.427 preferenze, classificandosi addirittura soltanto sesto all’interno della lista di Forza Italia a supporto dell’oggi presidente della Regione Nello Musumeci.

Malgrado questo, la Procura distrettuale catanese ha aperto due inchieste a suo carico: una per voto di scambio e l’altra – quella ormai giunta al termine delle indagini preliminari – per corruzione elettorale: quest’ultimo troncone processuale vede contestato all’ex candidato alle Regionali e al padre Filippo il promesso «pagamento di 50 euro a voto» tramite la consegna di forti somme di denaro ad alcuni “grandi elettori”.

Nonostante tutto, nonostante non goda neppure dell’appoggio del suo partito, Forza Italia, Riccardo Pellegrino non si tira indietro dall’agone elettorale: «Ho piena e assoluta fiducia nell’operato della magistratura, cui riconosco rigore e serietà», ha commentato in un post pubblicato sul suo profilo Facebook e inoltrato ai cronisti sotto forma di comunicato stampa, dicendosi inoltre «sereno e tranquillo perché certo che tutto sarà chiarito, rispetto a questioni con le quali non c’entro assolutamente».

Presa di posizione cui seguono quella dello stesso Claudio Fava («Credo che Forza Italia debba assumersi le proprie responsabilità e buttar fuori un signore che, intercettato, diceva che “gli mancano” i capimafia di una volta») e del Movimento Cinquestelle (tra i più tenaci durante le ultime Regionali nel dare dell’“impresentabile” a Pellegrino e, oggi, pronti a dire che se l’accusa venisse confermata in sede giudiziaria ci troveremmo di fronte a votazioni «falsate» da Cosa Nostra).

Del resto, sempre sui social network, solo pochi giorni fa Pellegrino scriveva che il sostantivo «coscienza» troppo spesso «si utilizza solo per abbellire i discorsi di qualcuno che, al momento di ricercare voti, annebbia la vista degli elettori».