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Catania: 15 ordinanze, anche boss ”spazzino”

 

Catania: 15 ordinanze, anche boss ”spazzino”

Giovedì 04 Maggio 2017 

Capo del “gruppo di Belpasso” legato al clan Santapaola


di AMDuemila

Con l’operazione “Araba Fenice 3” i Carabinieri di Catania hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 15 indagati, ritenuti parte del “gruppo di Belpasso”, articolazione territoriale della famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola. Le accuse, a vario titolo, sono associazione mafiosa, spaccio di droga, estorsione, rapina, sequestro di persona, danneggiamento seguito da incendio e riciclaggio con l’aggravante del metodo mafioso. Dei 15 provvedimenti, 9 sono misure di custodia cautelare in carcere e sei di obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria (sei sono stati notificati in carcere nei confronti di altrettanti detenuti).

Le indagini sono state coordinate dalla Dda della Procura di Catania. Ricostruiti gli assetti del clan e gli affari del gruppo, riconducibili alla vendita di cocaina e marijuana, alle estorsioni a imprenditori locali ed alle rapine nei confronti di autotrasportatori. Il gruppo criminale sarebbe guidato dal boss Carmelo Aldo Navarria, uscito dal carcere nel 2014 dopo 26 anni di reclusione. Negli anni Ottanta era considerato lo “spazzino” della cosca: era lui, infatti, a far sparire i cadaveri per conto del clan del Malpassotu, braccio armato del capomafia Nitto Santapaola.

Oltre a Patrizia Paratore, moglie di Navarria, sono finiti in manette Gaetano Doria, di 48 anni, Michele La Rosa, di 46, Rosario La Rosa, di 39. E’ stato notificato il provvedimento restrittivo in carcere, oltre a Navarria, anche a Gianluca Presti, di 36 anni, Mirko Presti, di 29, Antonino Prezzavento, di 47, Stefano Prezzavento, di 32. Per Carmelo Salvatore Asero, di 60 anni, Simonetta Battaglia, di 55, Concetta Fichera, di 52, Claudio Grasso, di 42, Salvatore Leotta, di 53, Giuseppe Nicosia, di 55, è stata invece predisposta la misura cautelare della presentazione alla Polizia Giudiziaria.

Per riaffermare il proprio ruolo di referente locale, Navarria era tornato operativo ed a capo di un gruppo che intendeva controllare il territorio con estorsioni e rapine, avvalendosi della violenza e dell’intimidazione. L’indagine ha avuto inizio nel 2015, ed ha ricevuto il contributo di attività tecniche e controlli sul territorio insieme alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, tra cui Francesco Carmeci. Scopo degli investigatori era quello di monitorare le attività del sodalizio criminale e dei suoi associati dopo la scarcerazione di Navarria, rimesso in libertà il 23 giugno del 2014 dopo aver scontato, per sei omicidi, una pena definitiva all’ergastolo poi ridotta dapprima a 30 e successivamente a 26 anni e mezzo.
Gli investigatori accertarono che Navarria era alle dirette dipendenze di 
Francesco Santapaola, arrestato nell’aprile del 2016 nell’indagine “Kronos”, ritenuto reggente dell’organizzazione mafiosa Santapaola-Ercolano. Secondo le indagini Navarria avrebbe continuato a guidare il gruppo da dietro le sbarre grazie al supporto della moglie, che avrebbe anche organizzato incontri con gli altri affiliati e recapitato comunicazioni.

Le attività investigative hanno inoltre permesso di accertare la responsabilità del clan in merito a due rapine con sequestro di persona, commesse a Belpasso il 14 gennaio ed il 3 febbraio del 2015 ai danni di autotrasportatori e di estorsioni nei confronti di imprenditori locali, anche con danneggiamenti dei mezzi. Durante le indagini erano stati arrestati, il 20 novembre e 10 dicembre del 2015, 10 presunti affiliati per estorsione pluriaggravata commessa dall’ottobre 2014 fino al 19 novembre 2015 ai danni della ditta “Lavica Marmi s.r.l” di Belpasso, i cui titolari erano stati costretti a pagare un pizzo di 600 euro al mese. Il 22 marzo del 2017 gli investigatori fecero piena luce sulla scomparsa dell’imprenditore agrumicolo di Paternò, Fortunato Caponnetto, ucciso l’8 aprile del 2015 perchè non voleva sottostare alle richieste di pizzo e si era rifiutato di assumere Navarria nella sua azienda, licenziando anche la moglie di quest’ultimo. Per questo motivo i carabinieri eseguirono misure cautelari in carcere nei confronti di Navarria e di altri tre affiliati, accusati dell’omicidio e della distruzione del cadavere dell’imprenditore. 

“Il gruppo di Belpasso – ha dichiarato il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia – è sempre stato pericolosissimo, guidato dal boss Giuseppe Pulvirenti, braccio armato del capomafia Nitto Santapaola. Non è un caso che questo gruppo sia stato rimesso nelle mani di un altro boss pericolosissimo”. “Questo – ha proseguito Lumia – sta a confermare che i fine pena sono un problema serio nella lotta alle mafie. Appena tornano liberi, anche dopo avere scontato pene pesanti, rientrano nell’organizzazione come se niente fosse. Ecco perché abbiamo fatto bene ad aumentare le pene per i reati di mafia. Ecco perché è ancora necessario il 41 bis. Ecco perché è indispensabile un’aggressione sempre più decisa ai loro patrimoni. Solo così – ha concluso – si può impedire che questa sorta di catena di Sant’Antonio al comando di Cosa nostra non abbia mai fine”.

Fonte:http://www.antimafiaduemila.com