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“Cartello” Mafioso al mercato ortofrutticolo di Fondi.

 “cartello” mafioso al mercato ortofrutticolo di Fondi.
Le mafie in agricoltura – a differenza di altri comparti – spesso non sono in concorrenza tra di loro, ma si spartiscono equamente i proventi illeciti, mettendo da parte le guerre tra clan e utilizzando la diplomazia. In sostanza, fanno “cartello” determinandoun’alterazione del mercato tale da causare una sorta di monopolio all’insaputa di migliaia di persone coinvolte, a partire dai produttori, sottraendo risorse a chi lavora. Una presenza pervasiva e strutturata, che poco ha a che vedere con l’estorsione o il condizionamento, ed è più simile al radicamento nella gestione diretta della filiera tramite società di comodo. Il caso di “cartello” tra mafie più clamoroso e inquietante è stato quello scoperto dalle Forze dell’ordine che riguardava il mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più grandi e importanti d’Italia.  Secondo quanto emerso dalle indagini della Procura della Repubblica di Napoli, il Sud pontino – e Fondi in particolare – rappresentano un punto di convergenza degli interessi di mafia e camorra, alleate nel controllo dei trasporti a servizio del settore ortofrutticolo in tutto il Centro-Sud Italia e per alcune tratte verso le regioni settentrionali. In pratica, i vertici del clan dei Casalesi e dei Mallardo, alleati con le famiglie mafiose siciliane dei Santapaola-Ercolano, imponevano innanzitutto il monopolio dei trasporti, con la conseguente lievitazione dei prezzi: gli Sfraga garantivano il monopolio del trasporto verso Fondi e altri mercati meridionali, i Casalesi offrivano in cambio alla mafia sbocchi sui mercati laziali e campani per prodotti di ortofrutta di aziende di fiducia di Cosa Nostra. Il fine ultimo del patto di ferro tra Mafia e Camorra era quello di conquistare il controllo delle tratte dei camion da e per i mercati siciliani verso quelli campani e verso lo strategico mercato di Fondi-Latina. Le maggiori famiglie camorristiche e mafiose avevano creato una sorta di «federalismo mafioso», come lo ha definito lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia. I clan decidevano i prezzi attraverso una vera e propria “filiera dell’illecito”. Alcuni collaboratori hanno riferito anche di altre modalità di controllo e imposizione del proprio volere sul mercato ortofrutticolo, a discapito dei produttori onesti, tramite accordi tra “famiglie” per consentire, dietro pagamento di una percentuale sugli introiti, la realizzazione di meccanismi truffaldini. In sostanza, dopo la creazione di ditte fantasma con l’uso di prestanome, venivano fatti ingentissimi acquisti di prodotti ortofrutticoli con assegni postdatati, dapprima regolari e successivamente scoperti. Questo consentiva agli acquirenti truffatori, che operavano con l’avallo dei controllori di un MOF, di vendere a prezzi stracciati nei propri mercati i prodotti così ottenuti, realizzando cospicui guadagni su merci non pagate e, nello stesso tempo, mettendo fuori mercato i prezzi dei produttori onesti. Si pensi che un carico di fragole, ad esempio, partiva dalla Sicilia e arrivava fino al mercato ortofrutticolo di Fondi per essere impacchettato, attraversando mezza Italia per poi tornare indietro ed essere nuovamente inviato a Milano. Questi giri portavano a maggiorazioni sull’ortofrutta fino al 200%, a evidente discapito dei coltivatori e dei consumatori finali.