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Bonafede: “Stasera via libera al decreto legge contro le scarcerazioni facili dei boss”. Ma è scontro

La Repubblica, 29 Aprile 2020

Bonafede: “Stasera via libera al decreto legge contro le scarcerazioni facili dei boss”. Ma è scontro

L’ok previsto in consiglio dei ministri. Ma i renziani già protestano. Per Forza Italia è incostituzionale. Il Csm solidarizza con i magistrati di sorveglianza che si sentono commissariati. Il nuovo vice capo del Dap Tartaglia subito al lavoro

di LIANA MILELLA

ROMA – Il decreto legge anti-boss di Alfonso Bonafede è pronto. “Nei limiti della Costituzione”, come dice alla Camera lo stesso ministro della Giustizia, perché il governo non può imporre ai giudici nessuna decisione, il decreto inserirà degli obbligatori via libera dati dai procuratori antimafia.  E anche la Procura nazionale di Cafiero De Raho dovrà esprimersi sulle richieste di scarcerazione che con l’emergenza virus si sono moltiplicate.

Finora alcune sono state accolte, e tra queste alcune hanno sollevato le proteste delle stesse toghe antimafia, come quelle di Pasquale “Bin Laden” Zagaria, di Francesco Bonura, di Vincenzino Iannazzo, e da ultimo quella di Pietro Pollichino di Corleone. In sospeso c’è pure la richiesta di domiciliari fatta da Raffaele Cutolo. Ma con il via libera al decreto di Bonafede tutto cambia.

Anche se già partono le proteste non solo dell’ala più garantista – vedi la reazione del renziano Migliore e del forzista Costa – ma degli stessi giudici di sorveglianza che si sentono commissariati. Nonché dei colleghi del Csm che chiedono subito di affrontare il caso temendo soprusi. Intanto cambia il vertice delle carceri perché il Csm ha già dato il via libera al nuovo vice Roberto Tartaglia, ex pm a Palermo e attuale consulente della commissione Antimafia. 

 

Il decreto anti boss

Partiamo da qui, il piatto forte della giornata, anche per le polemiche dichiarazioni di Bonafede alla Camera durante il question time. Al momento, la bozza di decreto che dovrebbe essere approvata già stasera è composta di cinque articoli.

Il secondo riguarda la concessione di permessi, domiciliari, scarcerazioni. Per i quali, un minuto dopo il via libera al decreto, i magistrati di sorveglianza, sia per i delitti più gravi, sia per i detenuti che si trovano ristretti al 41-bis, il carcere duro per i mafiosi, dovranno obbligatoriamente chiedere il via libera ai magistrati della procura della città dove è stata emessa la sentenza. In particolare per quelli al 41-bis sarà necessario anche il parere della Procura nazionale antimafia.

Una regola che, ancora prima di entrare in vigore, già spacca la maggioranza perché il renziano Gennaro Migliore dichiara che “la volontà di sottoporre le decisioni della magistratura di sorveglianza al parere di altri organi giurisdizionali rischiano di comprometterne l’autonomia e l’indipendenza”. Mentre strali arrivano anche dall’opposizione perché il responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa definisce il provvedimento “incostituzionale” e accusa Bonafede “di voler far decidere ai pm le scarcerazioni” ironizzando su un ministro che “sogna le procure che scorrazzano libere e belle nelle praterie del processo”.

A far discutere è anche il tempo – 30 giorni (erano 40 nella prima bozza ma sono stati ridotti) – che viene dato alla procura nazionale antimafia per dare una risposta sulla licenza di concedere benefici.

La collera di Bonafede

 Ma in realtà non è affatto così perché è proprio lo stesso Bonafede, a Montecitorio, a mettere paletti di costituzionalità. Il ministro respinge con toni aspri “il messaggio per cui il governo starebbe scarcerando i mafiosi”, che “non è semplicemente fuorviante, ma è totalmente e inequivocabilmente falso”.

Qui entra nel merito di cosa è possibile fare e cosa invece è vietato: “I principi e le norme della nostra Costituzione sono univocamente orientati ad affermare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Ciò vuol dire che non c’è alcun governo che possa imporre o anche soltanto influenzare le decisioni dei giudici, in questo caso dei giudici di sorveglianza. Punto.

Questo non è un principio liberamente interpretabile o su cui ci si può girare intorno. La Costituzione non lascia spazio a ipotesi in cui la circolare di un direttore generale di un dipartimento di un ministero possa dettare la decisione di un magistrato”. Di conseguenza, il magistrato di sorveglianza è libero nelle sue valutazioni. Ma in quelle che farà in futuro dovrà anche valere il tasso di pericolosità dei soggetti che chiedono detenzioni domiciliari o scarcerazioni tout court.

Le toghe di sorveglianza protestano, il Csm è con loro

Ma i giudici di sorveglianza non si tengono l’accusa di aver scarcerato i mafiosi senza ragione. Si sentono “colpiti da un attacco ingiustificato” che “rischia di ledere la loro autonomia e indipendenza”. Affermano anche di “non essere sottoposti a qualsivoglia pressione” e dichiarano che “continueranno ad avere come proprio riferimento null’altro che non sia la Costituzione e le leggi cui unicamente si sentono sottoposti”.

E dal Csm arrivano già due prese di posizione di solidarietà: quella di Alessandra Dal Moro di Area che nel corso del plenum ha parlato di ”toni violenti che rischiano di alimentare una campagna di delegittimazione verso la magistratura di sorveglianza, impegnata nel fronteggiare l’emergenza sanitaria che interessa carceri sovraffollati, valutando le istanze dei detenuti che chiedono tutela del diritto alla salute”.

Mentre i tre consiglieri di Magistratura indipendente (Paola Braggion, Loredana Micciché, Antonio D’Amato) hanno chiesto di aprire una pratica a tutela dei giudici di sorveglianza per via delle “dichiarazioni lesive del loro prestigio e della loro indipendenza, tali da turbare il regolare svolgimento e la credibilità dell’azione giudiziaria”. Insomma, parte il decreto, ma decolla anche un nuovo conflitto tra magistratura e politica, su un tema scottante come le scarcerazioni e i nomi eccellenti coinvolti. Per tutti quelli di Zagaria e Cutolo.


Via libera al vice capo del Dap Tartaglia

 Ma non c’è solo la novità del decreto legge che di fatto cambierà la procedura delle scarcerazioni inserendo un importante step di controllo. Cambia anche il clima al Dap, il Dipartimento delle carceri. Perché quello che Bonafede ha definito “un magistrato di grande valore, da sempre in prima linea contro la mafia”, e cioè l’ex pm di Palermo Roberto Tartaglia, da lui scelto come vice capo del Dap, entrerà subito in servizio, perché il Csm, che doveva confermarne il fuori ruolo (Tartaglia era già consulente della commissione Antimafia), ha bruciato i tempi e su proposta del vice presidente David Ermini, lo ha già dato oggi.

Da più parti quello di Bonafede viene considerato una sorta di commissariamento dell’attuale capo del Dap Francesco Basentini che, dalle rivolte in poi, avrebbe scontentato il Guardasigilli per le sue decisione e i suoi interventi.


Stop alle intercettazioni e limiti ai processi da remoto

Nel decreto di Bonafede ci sono altri due articoli da menzionare. Il primo, che rinvia al primo settembre l’entrata in vigore della legge Orlando sulle intercettazioni (stop a quelle irrilevanti che finiranno nell’armadio segreto delle procure). Il secondo sui cosiddetti “processi da remoto”, cioè la possibilità di tenerli via computer durante la fase d’emergenza del Covid.

Anche qui una stretta perché non si potranno tenere con questo metodo, a meno che gli avvocati non siano d’accordo, quelli in cui è prevista “la discussione, l’esame di testimoni, di consulenti, di parti e periti”. Quindi quelli possibili saranno pochissimi. Peraltro nella magistratura c’era già forte fibrillazione per un sistema ritenuto inaccettabile per un processo penale.