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Bari, la dolce vita dei boss a spese dello Stato: le case sono confiscate, ma è impossibile sfrattarli.UNA SITUAZIONE ASSURDA.

La Repubblica, Sabato 19 Novembre 2016

Bari, la dolce vita dei boss a spese dello Stato: le case sono confiscate, ma è impossibile sfrattarli

Sono stati arrestati, condannati anche con sentenze definitive, ma continuano (con le loro famiglie) a occupare beni che lo Stato ha confiscato loro e che sono in attesa di essere destinati a scopi sociali

di MARA CHIARELLI

Inquilini abusivi. A spese dello Stato. Non semplici cittadini, senza lavoro e col conto in rosso, ma narcotrafficanti e affiliati a clan mafiosi del barese. Sono stati arrestati, condannati anche con sentenze definitive, ma continuano (con le loro famiglie) a occupare beni che lo Stato ha confiscato loro e che sono in attesa di essere destinati a scopi sociali. Sono almeno sei i casi dei quali l’Agenzia per i beni confiscati, da anni, non riesce a venire a capo, nonostante ordinanze di sfratto e sopralluoghi dei carabinieri. Da Bari a Milano si procede a colpi di carte bollate e lettere, finora inefficaci

Il caso più emblematico e, per certi versi il più controverso, è quello di Vito Martiradonna, 68 anni, conosciuto a Bari come ‘Vitino l’Enèl’,  considerato per lungo tempo il riciclatore dei beni del boss Tonino Capriati, con solidi rapporti di affari con il clan Parisi Stramaglia. È con loro che finisce nei guai, coinvolto nel 2009 nell’operazione Domino condotta dalla guardia di finanza di Bari, dalla quale poi negli anni esce pulito perché assolto dalla Cassazione. Ma di pari passo viene avviato e arriva a compimento il percorso delle misure di prevenzione patrimoniali: le quote delle sue società, denaro, gioielli, abitazione e box in via Quasimodo, con vista mare, al quartiere Japigia di Bari.

È lì, nonostante una confisca definitiva (del 26 marzo 2015), che continua a vivere con sua moglie e uno dei suoi figli, impossibilitato a trasferirsi per “motivi di salute”. Anzi, per rivendicare il diritto a occupare il nido familiare Martiradonna ha fatto ricorso al Tar Lazio, che gli ha dato torto, e di conseguenza al Consiglio di Stato, la cui decisione è ancora attesa. Nel frattempo l’ex cassiere dei clan non paga né affitto né oneri condiminiali, come lui stesso ha candidamente ammesso durante una delle udienze nel processo di appello relativo alla confisca. Ma fra le grane dell’Agenzia per i beni confiscati non c’è soltanto il caso di Vitino l’Enèl. Sono altri cinque i beni confiscati a titolo definitivo fra il 2012 e il 2013 che non si riesce a liberare e, di conseguenza, ad assegnare ai Comuni nei quali si trovano.

C’è il fondo rustico di Cassano delle Murge, ma c’è anche l’appartamento di Lorenzo Mizzi, 55 anni, considerato vicino al clan Parisi di Bari. Sulla sua fedina penale numerosi precedenti fin dal 1983: furto, evasione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, lesioni personali, in materia di armi e trasferimento fraudolento di beni e valori. A marzo scorso è diventata definitiva la confisca dei suoi beni per un valore di 300mila euro: un’auto, una moto, 11 cavalli da corsa, un conto corrente e l’appartamento in via Oreste, proprio nei pressi del comando provinciale della guardia di finanza. Vicini di casa, in sostanza, proprio coloro che hanno eseguito la confisca del suo patrimonio.

Dal lungomare di Bari alle porte di Valenzano, dove si affaccia la villa di Vito Valenzano, 49 anni, insospettabile titolare di un autosalone, il Nauticar in via Pavoncelli a Bari. Arrestato anche lui nell’operazione Domino perché ritenuto uno dei referenti più importanti del boss Savino Parisi, è stato condannato nel 2014 dalla Cassazione a sei anni e quattro mesi. La villa, che territorialmente appartiene al Comune di Bari, è ancora occupata nonostante, anche in questo caso, la confisca sia definitiva.

Stesso percorso giudiziario e patrimoniale per Francesco Calzolaio, 47 anni, inquilino di un immobile ad Adelfia, condannato con la stessa sentenza passata in giudicato a otto anni di reclusione. Secondo gli inquirenti, Calzolaio si occupava del traffico di droga per conto del clan Parisi-Stramaglia, così come Luigi Magrini, 44 anni, condannato definitivamente a 14 anni di reclusione. Era lui, parente dello slavo Jacov Kontic, il tramite di Savinuccio per l’importazione della cocaina dalla Serbia, via Milano. Il suo elegante appartamento di Settimo Milanese è, come gli altri, definitivamente di proprietà dello Stato. Ma ancora occupato dalla sua famiglia.