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Attacco alla Giustizia. Processo breve: NO del CSM

Misure “dannosissime” che rischiano di avere l’effetto di uno “tsunami” per la giustizia, per questo, dopo quasi cinque ore di dibattito, il plenum del Csm ha approvato il parere fortemente negativo sul Ddl in materia di processo breve. L’assemblea del Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato a larghissima maggioranza il documento, con i soli voti contrari dei due laici del Pdl Gianfranco Anedda e Michele Saponara

Il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha approvato con larga maggioranza – favorevoli i magistrati di tutte le correnti, i laici del centro-sinistra e il vice presidente Nicola Mancino, contrari i laici del Pdl – il parere della sesta commissione relativo al ddl sul cosiddetto “processo breve”, secondo cui il provvedimento contrasta con diversi principi costituzionali, rappresentando di fatto una “inedita amnistia processuale” per i reati di “considerevole gravità”, da quello di corruzione ai maltrattamenti in famiglia; non solo, il processo breve – sostiene il Csm – porterà a una “paralisi” dell’intera attività giudiziaria, con un effetto “tsunami” sulla giustizia italiana. Palazzo Marescialli ritiene che la norma, introducendo termini perentori (due anni ciascuno, sei in tutto) per la conclusione di ognuno dei tre gradi di giudizio senza un’ampia riforma di sistema e di misure strutturali organizzative, renderà “impossibile” l’accertamento della fondatezza dell’accusa “per intere categorie di reati”.

“Anziché avere certezze, abbiamo l’estinzione dei diritti, non la certezza della pena” afferma il vicepresidente Mancino illustrando il proprio voto favorevole al parere approntato dalla sesta commissione: “Ho l’impressione che anziché avere un’accelerazione, alla fine ci sarà un allungamento dei tempi dei processi, la loro estinzione e la riproduzione di conseguenze in campo civile con un ulteriore aggravio” afferma l’ex presidente del Senato, ribadendo che il Csm “non ha poteri di bocciatura: trasmetteremo il parere al ministro che può farne l’uso che vuole. Ma mi chiedo: chi ha paura dei pareri?”.

Nello specifico, tra i rilievi posti al provvedimento che accorcia la durata dei processi c’è quello di incostituzionalità, perché secondo il Csm il ddl non pare in linea né con l’articolo 111 (giusto processo) né con l’articolo 24 (diritto alla difesa), in quanto “privilegia il rispetto della rapidità formale” non garantendo però “che il processo si concluda con una decisione di merito”: il provvedimento “depotenzia lo strumento processuale e irragionevolmente sacrifica i diritti delle parti offese”.
C’è il rischio, secondo il Csm, “di impedire del tutto l’accertamento giudiziario”, di “vanificare la lotta alla corruzione”, un reato che “incide anche sull’affidabilità economica del Paese”, che inoltre “è già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione previsti” dalla cosiddetta legge ex Cirielli.
Il ddl, inoltre, secondo il Csm, è in “netto contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione dell’Onu contro la corruzione”.

L’organo di autogoverno dei magistrati segnala come il provvedimento introduca “irragionevoli” disparità di trattamento, come ad esempio “riservare le nuove disposizioni al solo giudizio di primo grado”, riconoscendo così “ad una categoria di imputati e di parti civili, casualmente identificati il diritto alla celerità processuale che dovrebbe essere, viceversa, garantito a tutti”. “Irragionevole e discriminatoria’ definisce il Csm l’esclusione dei recidivi, che porterà a ‘un’assurda proliferazione dei processi,capace da sola di favorire la paralisi dell’attività giudiziaria”, mentre “discutibile” appare anche ‘la parificazione fra le ipotesi di delitto punite assai gravemente con le contravvenzioni in materia di immigrazione”. E il ddl, sottolinea infine il Csm, determinerà maggiori danni finanziari per lo Stato, facendo ‘lievitare’ le domande di indennizzo previste dalla Legge Pinto quando la giustizia è troppo lenta.

(Tratto da AprileOnline)