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«Appalto pubblico e business privato». A Gratteri le carte sul porto di Diamante

«Appalto pubblico e business privato». A Gratteri le carte sul porto di Diamante

Esposto dell’amministrazione comunale del Tirreno cosentino alla Procura di Catanzaro. I rilievi dell’Anac su ritardi e lavori complementari. I dubbi di Magorno: «Perché si decise di trasformare il progetto nel 1999?». E i passaggi societari che portano in Slovacchia

 

22 novembre 2019

DIAMANTE Il sindaco di Diamante Ernesto Magorno ha reso noto di aver presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Catanzaro sulle vicende che ruotano attorno alla realizzazione del porto di Diamante. L’iniziativa arriva dopo la pubblicazione di un’inchiesta di Wired che ha rivelato l’esistenza di una rete di società che si dipana fino alla Slovacchia, dove i soci dell’impresa incaricata di costruire la struttura – una delle tante incompiute calabresi – hanno avviato nel 2011 un’azienda, la Sakata sro, da 10 milioni di euro di capitale, sfruttando i servizi di Romolo Cichero, esperto di finanza offshore. Nella compagine societaria figura anche Vito Tignanelli, poliziotto cosentino coinvolto nell’affaire del malware di Stato Exodus. «Wired – ha spiegato Magorno, che oltre a essere sindaco di Diamante è anche senatore di Italia Viva – ha pubblicato un’inchiesta nella quale si evidenziano alcune questioni che ritengo molto gravi. Ho inviato l’articolo alla Procura della Repubblica di Catanzaro perché non rimanga solo un fatto giornalistico».

RITARDI E LAVORI COMPLEMENTARI: I RILIEVI DELL’ANAC La denuncia di Magorno arriva sulla scrivania del procuratore Nicola Gratteri (anche) dopo una delibera con la quale, il 12 novembre scorso, la giunta comunale di Diamante chiede alla Regione di procedere alla rescissione del contratto con l’azienda incaricata dei lavori, presieduta dal farmacista cosentino Graziano Santoro. Le iniziative istituzionali fanno seguito a un articolato parere dell’Autorità nazionale anticorruzione, che ha sollevato dubbi rispetto alle procedure adottate dalla stazione appaltante, la Regione Calabria, per l’affidamento delle opere complementari del porto, deciso in seguito a una perizia di variante.
Gli uffici della Cittadella regionale, secondo Anac, avrebbero potuto seguire l’iter adottato in presenza di «circostanze impreviste atta a determinare la necessità di tali ulteriori opere». Ma al contrario, i “nuovi” lavori sarebbero «già riconducibili al progetto originario, dal quale sono stati poi stralciati – prima dell’affidamento della concessione – per ragioni economiche».
Alla questione dei lavori complementari si lega anche quella dei tempi per la (mancata) realizzazione dell’approdo turistico. «Con il contratto aggiuntivo del 10 febbraio 2016 che ratificava l’affidamento delle opere complementari – si legge nel parere di Anac –, veniva spostato il termine finale di consegna dei lavori al 26 agosto 2018 (720 giorni dalla consegna), nonché estesa la concessione in gestione. Tuttavia dal 2016, quindi immediatamente dopo l’approvazione della variante, nessun lavoro veniva più eseguito (si ha notizia solo della demolizione di vecchi manufatti abbandonati, comunque avvenuta prima del 2016)». Anche il termine del 26 agosto 2018 è ampiamente scaduto. E, si legge ancora nel documento dell’Anticorruzione, «non si hanno notizie certe sull’intendimento – che si ricava da alcuni verbali – di prorogare ulteriormente l’esecuzione fino al 2020».
Rispetto ai tempi, l’Autorità sottolinea che «in relazione al considerevole ritardo nella realizzazione dei lavori, risultano del tutto carenti compiute valutazioni da parte della Regione concedente circa il permanere dell’interesse alla realizzazione dell’opera, nonché sulla effettiva imputabilità dei ritardi» e «la documentazione ricevuta non dà evidenza dell’applicazione di penali che invece sono puntualmente previste dal contratto di concessione. Del resto non emerge neanche una chiara indicazione circa la percentuale di esecuzione a oggi».
Il Comune di Diamante è già arrivato alle proprie conclusioni: in una diretta Facebook, Magorno ribadisce l’intenzione di chiedere la restituzione dell’area e la rescissione della concessione. E chiede che l’amministrazione possa partecipare al bando della Regione sulla portualità per potersi dotare di un molo più “sostenibile”.

L’INGRESSO DEI PRIVATI C’è anche dell’altro nella denuncia del primo cittadino. Un passaggio che il senatore ritiene significativo e affonda radici in una scelta che risale al 1999. «In quell’anno – dice Magorno – con una misura di finanziamento che prevedeva di finanziare i porti e i moli come quello di Diamante, furono stanziati due miliardi di lire per la ristrutturazione del molo turistico di Diamante. Stranamente, questo finanziamento – che avrebbe risolto la questione del porto – si trasforma nel 2000 in un “pezzo” di finanziamento che prevede un progetto di costruzione e gestione della struttura che mette in campo anche privati. Questa è la parte iniziale dell’affare, che secondo me meriterebbe di essere valutata dalla Procura di Catanzaro. Così come meriterebbe una valutazione anche tutta la vicenda che ha consentito che questo progetto si realizzasse nonostante le incongruenze e le possibili illegittimità rilevate anche da Anac. Ci sono state delle pressioni che, evidentemente, hanno condotto alla messa in campo di questa nuova progettazione. Bisogna capire perché nasce l’affare porto e perché un finanziamento pubblico da due miliardi di lire si trasforma nella parte di un finanziamento per un’operazione che mette insieme il pubblico e un privato, che poi ha vinto l’appalto». La trasformazione di un appalto pubblico in un business privato: per il sindaco la Procura dovrebbe indagare anche su questo mutamento di prospettiva. (ppp)


 

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it