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App e camorra, adesso i baby-boss si spostano su TikTok

App e camorra, adesso i baby-boss si spostano su TikTok

Sulla applicazione del momento si moltiplicano i profili di chi celebra la malavita

Si chiama TikTok l’ultima frontiera utilizzata da alcuni baby-boss e simpatizzanti della camorra per veicolare messaggi e inneggiare allo stile di vita malavitoso. Come è già stato per Facebook e per Instagram, i giovani che celebrano il «sistema» non si sono fatti sfuggire l’applicazione del momento. Stylo24 ha intercettato una ventina di profili, praticamente monotematici, da cui si diffondono clip di pochi secondi, o collage di foto che hanno come «protagonista» la vita di strada, i carcerati a cui si augura «presta libertà», e i pentiti contro i quali sfogare la propria rabbia, il proprio odio. Non mancano i video con le banconote in bella vista, e il classico Rolex da ostentare come simbolo di potere.

Sulla applicazione del momento si moltiplicano i profili di chi celebra la malavita

Si chiama TikTok l’ultima frontiera utilizzata da alcuni baby-boss e simpatizzanti della camorra per veicolare messaggi e inneggiare allo stile di vita malavitoso. Come è già stato per Facebook e per Instagram, i giovani che celebrano il «sistema» non si sono fatti sfuggire l’applicazione del momento. Stylo24 ha intercettato una ventina di profili, praticamente monotematici, da cui si diffondono clip di pochi secondi, o collage di foto che hanno come «protagonista» la vita di strada, i carcerati a cui si augura «presta libertà», e i pentiti contro i quali sfogare la propria rabbia, il proprio odio. Non mancano i video con le banconote in bella vista, e il classico Rolex da ostentare come simbolo di potere.

C’è pure chi posta clip di persone appena scarcerate, video realizzati all’esterno della casa circondariale di Poggioreale, o di altri penitenziari. Immancabili colonne sonore dei filmati sono le canzoni neomelodiche che parlano di galera, di «padri che lo Stato ha allontanato dai figli» (è la scritta che accompagna un video), di «chi ha tradito». Non si contano, poi, i «remake» artigianali di scene tratte da film come Il camorrista, e dalla serie Gomorra.

Su alcuni video (come quelli di videochiamate che sembrerebbero scambiate con persone in carcere o in comunità) avrebbero già acceso i riflettori gli uomini della polizia postale, delegata alle indagini quando si tratta di vagliare materiale diffuso sul web, per redigere informative atte al contrasto delle organizzazioni camorristiche. Una applicazione, TikTok, che in poco tempo è diventata una delle più utilizzate sul pianeta e che offre – a sua insaputa – agli internauti anche la categoria «malavita».

 

 

28 Aprile 2020

Fonte:https://www.stylo24.it/