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Anche alterazione del gasolio nel business della camorra. Colpito anche il Lazio

Gasolio gonfiato dal clan: 57 arresti

“Provoca malattie e smog a Napoli”di Antonio Corbo 

La camorra ha venduto per anni “gasolio gonfiato”. Sette distributori, sparsi in città e sulle autostrade, hanno erogato carburante truccato. I motori diesel hanno rischiato guasti, alcuni la fusione. “Ma l’effetto peggiore è un altro”, osserva il procuratore Giandomenico Lepore nella sua conferenza. “È stato offerto un pesante contributo allo smog di Napoli. C’è anche questo tra i veleni che respiriamo. La nostra città è sul mare, ben ventilata. Sarebbe inspiegabile un così alto inquinamento se non vi fossero tanti agenti nell’atmosfera”.

Il clan aveva doppio vantaggio: l’olio farmaceutico diluito, importato da Usa e Slovenia, simile a vasellina, dilatava i volumi. Ma consentiva anche di risparmiare le accise: 80 centesimi di euro per ogni litro. L’indagine, avviata a Giugliano dalla finanza dopo le anomalie rilevate in un controllo, si è chiusa oggi con 57 arresti, 80 perquisizioni, 16 aziende e 30 automezzi sequestrati per un valore di 50 milioni di euro.

La retata, coordinata da Rosario Cantelmo dalla Procura antimafia di Napoli e diretta dal generale Giovanni Mainolfi, è cominciata nella notte. Sono stati impegnati 400 finanzieri del comando provinciale di Napoli. L’operazione “Dirty Oil” investe il clan Sarno di Ponticelli, nella zona orientale della città. Il più potente fino allo scorso anno, quando una serie di blitz e tradimenti all’interno della famiglia di Vincenzo e Giuseppe Sarno oggi pentiti lo ha disgregato.

L’organizzazione ha miscelato normale gasolio con “Sn70”, nitrile senza odore né colore, un olio idraulico di idrocarburi non aromatici, diluito con acqua a 90 gradi. Otteneva un volume maggiore: 25mila kg si gonfiavano fino a superare 30mila litri di gasolio. Definito anche olio farmaceutico per il suo frequente impiego nella cosmetica, ha acuito lo smog in tutta la città aumentando di riflesso i rischi di affezioni respiratorie per automobilisti e cittadini, secondo le prime indicazioni degli specialisti di ingegneria chimica. L’auto rifornita sempre dallo stesso distributore era destinata ad usura precoce del motore, che spesso si è anche bloccato per fusione. Un’azione molto pericolosa: il volume del carburante occupava anche lo spazio che per motivi di sicurezza dove rimanere libero nelle cisterne. Tecnica definita “a bicchiere”. La banda ha anche rubato buoni carburante “Tamoil” per circa 3 milioni di euro a Gardigiano di Scorzé (Venezia). È anche accusata di aver rubato attraverso una pompa meccanica carburante dalla conduttura principale della “Kuwait Petroleum”, operazione che nell’ottobre 2008 provocò uno scoppio e la morte di uno degli autori di un furto con sistemi così maldestri.

La retata coinvolge insospettabili, come Giuseppe Langella, imprenditore tra i più facoltosi della regione, legato a Giovanni Iorio, titolare di una società di autotrasporti. Le intercettazioni hanno dimostrato i suoi contatti con Vincenzo Sarno, uno dei capi del clan, fratello di Giuseppe Sarno, noto come “Il sindaco di Rione Pazzigno”. Si è delineata così la figura di Iorio: responsabile per il clan Sarno del settore petrolifero, con contrabbando di olio minerale e alterazione del gasolio. Ne sono stati consumati in frode 16 milioni di litri. Di questi, 500mila sequestrati con 88 cisterne, 42 automezzi, 7 distributori stradali e un deposito di oli minerali.

La verifica fiscale della finanza a Giugliano, centro di centomila abitanti a nord di Napoli, ha rilevato delle anomalie per sospette fatture. L’indagine si è ampliata. L’ha coordinata dalle prime battute Catello Maresca, un pm della Procura antimafia, esperto in reati doganali con la collaborazione del comando provinciale di Napoli. Un’inchiesta molto complessa, perché ha dovuto scoprire i sistemi del clan per nascondere il traffico. Fatture false per non far scoprire il luogo di acquisto e provenienza dell’olio, documenti contraffatti di accompagnamento per far risultare olio lubrificante rigenerato intere partite di olio puro, altre fatture per simulare vendite all’estero dello stesso olio che era invece introdotto nei serbatoi italiani. Tra gli arrestati, figurano un ispettore di polizia che faceva da palo durante i rifornimenti delle cisterne e un tecnico che manometteva il conta-litri dei distributori.

L’olio farmaceutico era importato dalla Slovenia con autocisterne e dagli Stati Uniti con navi cargo. L’inchiesta si è estesa in Spagna, Inghilterra, Portogallo. Le ordinanze di custodia, firmate dal gip Antonella Terzi sono state chieste dal procuratore aggiunto della Dda Rosario Cantelmo con i pm Catello Maresca, Vincenzo D’Onofrio e Antonella Fratello. Sequestri e perquisizioni a Napoli, Roma, Porto Torres e nella provincia di Caserta. Tra le aziende sequestrate, figurano “Redoil Spa”, “Axxson Srl”, “Petrol Car”. Il distributore più attivo quello della Q8 di via Galileo Ferraris a Napoli, già chiuso. È la seconda operazione della Finanza sulle attività di contrabbando della camorra, un filone inedito, aperto dal generale Giovanni Mainolfi un anno fa. Due settimane fa è stato scoperto il nuovo giro di sigarette estere, prodotte in Ucraina e smistare da una cellula polacca della camorra sul mercato nero italiano. Con incassi milionari. Il pacchetto comprato in Ucraina a 0, 70, valeva un euro e mezzo in Polonia, era rivenduto a 2, 50 in Italia. I fumatori lo pagano 3 sui banchetti dopo 12 anni riaperti a Forcella.

Cominciano gli interrogatori in carcere del gip Antonella Terzi e del pm Catello Maresca. Probabili le prime confessioni.

(Tratto da Repubblica)