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Alcuni dei soggetti coinvolti nell’operazione GEA sono nativi del sud pontino

CAMORRA E COSA NOSTRA-LA GRANDE ALLEANZA SUGLI ORTOMERCATI


10 MAGGIO 2010

Ebbene si, ancora una volta si conferma la capacità di collaborazione tra le mafie italiane per potenziare i propri “affari” e garantirsi – soffocando il libero mercato e l’economia sana – il controllo monopolistico del mercato. Ancora una volta al centro delle attività criminali vi era l’Ortofrutta. Proprio come con i Morabito che avevano il loro concreto controllo sull’Ortomercato di Milano, dove il boss arrivava in Ferrari, nonostante avesse il pass da facchino, e dove avevano aperto un bel night, il “For a King”… anche Cosa Nostra e Camorra non potevano essere da meno. E’ così che avevano – tra alleanze e conflitti, con armi e intimidazioni, complicità varie  ed “imprenditori” senza macchia – conquistato il controllo dei trasporti da e per i mercati di mezza Italia, a partire dal Mercato all’ingrosso di Fondi. Così, con un regime di monopolio, condizionavano al rialzo i prezzi della merce ed al ribasso la qualità dei prodotti.
Su questi traffici qualche informazione l’abbiamo raccolta nei mesi ed anni passati, e come nostra abitudine le abbiamo passate a chi di competenza,come risulta sull’ordinanza di custodia cautelare della DDA di Napoli per l’inchiesta sulla “Paganese”, quindi – non sapendo a che punto siano le indagini collegate all’operazione odierna – ovviamente, non le riveliamo. Pubblichiamo invece il testo integrale del comunicato stampa della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che illustra l’indagine, gli arresti ed i sequestri (per un valore di circa 90 milioni di euro) effettuati oggi dalla DIA e dalla Squadra Mobile di Caserta a cui va il nostro più forte ringraziamento!
Ecco il testo integrale del Comunicato Stampa ufficiale della DDA di Napoli sull’operazione… 

All’alba di oggi la DIA di Roma e la Squadra Mobile della Questura di Caserta a seguito di una articolata e complessa attività di indagine hanno eseguito 68 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dall’ufficio GIP del Tribunale di Napoli all’esito di una investigazione che se è stata particolarmente rilevante sul tema dei rapporti fra crimine organizzato e dinamiche economiche, sicuramente è ancora più significativa per il fatto che è riuscita a dimostrare i collegamenti fra le principali organizzazioni mafiose nazionali (in primo luogo “Cosa Nostra” e “Casalesi”) nella concreta gestione di imponenti interessi economici.
Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti dei soggetti di cui all’allegato elenco, in numerose regioni di Italia, nei confronti di appartenenti a diverse organizzazioni di tipo mafioso operanti in Campania, Lazio e Sicilia, raggiungendo anche persone di elevato spessore criminale con ruolo di vertice nel clan dei Casalesi nel casertano, dei Mallardo e dei Licciardi in Provincia di Napoli e di Cosa Nostra in Sicilia.

Le indagini – che, dunque, hanno delineato concretamente una comune cupola criminale in grado di coordinare e gestire i diversi interessi economici del crimine organizzato sul territorio italiano – traevano, in particolare, spunto da una investigazione preliminare svolta dalla Procura Nazionale Antimafia sugli interessi delle mafie nel settore orto-frutticolo.

Veniva così avviata, per prima, un’attività d’indagine finalizzata all’accertamento delle infiltrazioni mafiose nel MOF di Fondi (LT) considerato uno dei principali mercati europei del settore. La PG delegata era il Centro Operativo Dia di Roma.

Emergeva, già dopo pochi mesi di indagine, la presenza assai significativa nel territorio Fondano di due forti presenze criminali.

Quella della famiglia calabrese dei Tripodo – legata a Cosa Nostra siciliana e in rapporti ora di alleanza e ora conflittuali con i casalesi – e quella, per l’appunto, dei casalesi la cui presenza nel basso Lazio era già stata ampiamente evidenziata da pregresse indagini.

All’esito di riunioni di coordinamento fra diversi Uffici Inquirenti presso la DNA la DDA di Roma concentrava le indagini sulla famiglia Tripodo, oramai radicata a Fondi – e le relative investigazioni sfociavano nell’adozione di numerose ordinanze cautelari emesse dal GIP della Capitale nel luglio 2009 e nella recente richiesta di rinvio a giudizio mentre la DDA di Napoli coordinava le investigazioni sulla presenza dei casalesi nei diversi mercati ortofrutticoli nazionali e sui conseguenti rapporti di alleanza e/o conflittuali con le principali organizzazioni criminali del paese aventi ad oggetto la gestione dei mercati stessi, partendo proprio dal mercato ortufrutticolo fondano.

Premessa alla descrizione dell’indagine in esame è quella relativa ai rapporti fra Clan dei Casalesi e attività economiche apparentemente lecite.

Sul punto va evidenziato che il “clan dei Casalesi”, nel corso del suo lungo dominio in Campania, ormai trentennale, ha radicato, nel territorio di sua competenza, una speciale e peculiare forza economica. Questa forza era ed è costruita su una fondamentale capacità: quella di monopolizzare, con proprie imprese, i principali settori economici che nel corso degli anni hanno costituito una delle voci principali del pil casertano (e così, all’epoca delle grandi opere pubbliche, nella commercializzazione del calcestruzzo, nella costruzione della terza corsia autostradale e della linea veloce ferroviaria, poi nella gestione delle grandi cooperative agricole che ricevevano i contributi dell’Aima, ancora dopo nella distribuzione dei principali generi di consumo – quali latte, caffè, carne, ecc – e nella gestione delle principali risorse nel settore strategico, nella provincia, quale ad esempio l’allevamento di bufale). Estromettendo con la propria forza militare la concorrenza costituita da imprese sane ovvero da imprese riconducibili ad altre organizzazioni.

Da questo solido punto di partenza, iniziava una straordinaria espansione, a livello nazionale, nel settore dell’edilizia ed in altri ancora come quello messo in luce nella presente investigazione che, coordinata da questa DDA e svolta in piena sintonia della DIA di Roma e della Squadra Mobile della Questura di Caserta, faceva rilevare come l’organizzazione camorrista casalese, secondo lo schema monopolistico prima ricordato, avesse fatto ingresso con proprie imprese anche nel vitale settore del trasporto dei generi ortofrutticoli da e per i principali mercati nazionali.

Settore vitale per l’intera comunità nazionale, perché il prezzo del prodotto, il suo effettivo arrivo sui mercati nazionali, la sua distribuzione capillare, dipendono in larga parte dal modo attraverso cui viene trasportato su gomma il prodotto stesso.

Ed invero le indagini, condotte a lungo con un rilevante uso di intercettazioni telefoniche e video/ambientali, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, oltre a far emergere la presenza – talora monopolistica, talora oligopolistica – delle imprese casalesi nel settore del trasporto su gomma dell’ortofrutta ed una vasta congerie di delitti connessi, ha consentito, di documentare, come i casalesi, nonostante la recente conclusione del processo Spartacus, la reclusione di numerosi affiliati (anche rivestenti ruoli di vertice e detenuti al regime speciale di cui all’art. 41 bis Ord. Pen) ed il massiccio fenomeno del “pentitismo” siano ancora in grado non solo di controllare il proprio territorio ma espandere la sfera dei propri interessi anche alleandosi con organizzazioni criminali insediate in parti lontane e diverse del territorio nazionale.
Oltre alla consumazione di numerose estorsioni ai danni di operatori commerciali, l’uso di ambasciatori utilizzati per la reciproca trasmissione di ordini e rendicontazioni, il ricorso alla violenza per la risoluzione di conflitti con altri gruppi criminosi, la detenzione di arsenali di armi pronte all’uso, di sofisticati nascondigli – il tutto reso ancora più allarmante dall’esistenza di relazioni inquinate e continuative con appartenenti alle FF.OO – le indagini hanno posto il luce come posizione centrale nel sodalizio casalese abbia ancora la famiglia Schiavone (e quella alleata dei Del Vecchio) nonostante i suoi più importanti esponenti siano reclusi.

Nello specifico le indagini hanno svelato un sistema di controllo di un settore importante dell’economia nazionale attuato con metodologia collaudata tipicamente mafiosa, attraverso soggetti esperti del settore ed incensurati e, dunque, non conosciuti non solo dalle forze dell’ordine ma anche e soprattutto dagli altri affiliati dell’organizzazione.
In tale contesto ha assunto centralità il ruolo e lo spessore criminale di colui che nel tempo ha costruito, con l’appoggio del capo clan SCHIAVONE Francesco di Luigi e del suo fedele delfino DEL VECCHIO Carlo, un impero patrimoniale e sbaragliato la concorrenza anche con azioni militari ripetute nel tempo e di elevato impatto. Ci si riferisce all’imprenditore del trasporto su gomma PAGANO Costantino che assicurava ad un tempo, continuità, professionalità e mafiosità alla gestione delle società di trasporto da lui direttamente controllate ed a quelle, numerose, consociate a lui, assicurando ai casalesi il monopolio nelle tratte da e per i principali mercati campani (e con particolare riguardo alle tratte che li collegano con il Mof di Fondi e quelli siciliani), oltre a numerose tratte verso l’Abruzzo e località del Nord Italia.
Tuttavia, come si è detto, le indagini evidenziavano non solo il ruolo dei casalesi in tale ambito economico ma anche quello di altre organizzazioni criminali calabresi, laziali, siciliane e campane e delle loro imprese di autotrasporto.
Non a caso, all’esito della complessa attività di indagine, poteva formarsi una mappatura sia dei clan e delle relative ditte di trasporto che dei mercati controllati in tutta Italia, fondando il lavoro su solide basi e su numerosi riscontri documentali e dichiarativi.
Dato incontrovertibile e particolarmente significativo è apparso immediatamente la riferibilità a diverse organizzazione criminose campane, nel corso dell’indagine più volte entrate in conflitto tra loro, di alcune ditte di autotrasporto con un numero più o meno ampio di autoarticolati, la impossibilità di altre concorrenti ditte di svolgere il lavoro di carico e scarico all’interno di tutti i mercati campani, laziali, abruzzesi, calabresi, siciliani e del nord Italia, senza l’autorizzazione dei referenti camorristi locali e, per i fornitori e gli acquirenti di prodotti di ortofrutta, di scegliere la ditta ritenuta più efficiente o qualitativamente migliore.
Emergeva la riconducibilità delle ditte di trasporto su gomma alle organizzazioni camorristiche che si sono contese i mercati ed affrontate a viso aperto. Ed invero nel territorio campano, come emerso dalle intercettazioni telefoniche ed ambientali, il clan LICCIARDI, con il suo referente SACCO Almerico, opera nel settore dei mercati ortofrutticoli e della droga attraverso la ditta dei Cataldo, e precisamente la “JUNIOR TRASPORTI”, il clan Mallardo, con il suo referente TESONE Antonio (cl. ’68) opera nel settore dei mercati ortofrutticoli anche attraverso la ditta di trasporti dei Panico, conosciuta come la “PANICO TRASPORTI” ed infine il clan dei Casalesi con il referente SCHIAVONE Francesco di Luigi, alias Cicciariello, opera, tra l’altro, nel settore dei mercati ortofrutticoli e delle armi, attraverso la ditta “la PAGANESE TRASPORTI” (del citato Pagano Costantino). Soprattutto ciascuna di queste imprese era in grado di mobilitare al suo seguito, nelle tratte di competenza, una ampia flotta di autoarticolati di proprietà di diversi padroncini ognuno dei quali – a fronte del pagamento di una quota alla ditta mafiosa – operava sotto l’ala protettrice dei diversi imprenditori/camorristi.

Nel tempo, dopo i conflitti anche armati, fra i diversi clan campani si è assistito ad una progressiva spartizione dei mercati tra le varie organizzazioni criminose ed ad incontri al vertice fra i capi di tali sodalizi camorristi campani.
Veniva, cioè, suggellata la pace tra i gestori delle diverse ditte di trasporto ed i relativi clan si predeterminavano le aree, meglio i mercati, di rispettiva competenza. Ciò non determinava, ovviamente, la fine del meccanismo illecito, ma piuttosto l’aggravava perché rendeva del tutto impossibile la libera concorrenza in tali mercati.
Si è accertato, inoltre, che attraverso il trasporto dei prodotti di ortofrutta le famiglie camorristiche-mafiose campane gestiscono traffici illeciti di altra natura ed altrettanto remunerativi come quello della droga, nel caso del clan Licciardi – e delle armi, nel caso del clan casalese.
Soprattutto l’accaparramento di una fetta più o meno ampia dei mercati era legata anche al rapporto con le organizzazioni mafiose siciliane e calabrese che controllano le dinamiche criminali all’interno dei singoli mercati di quelle zone fra i maggiori produttori di ortofrutta a livello nazionale.

L’indagine ha, infatti, svelato come i casalesi ed i loro imprenditori (o meglio i secondi grazie ad i buoni uffici dei primi) avevano consolidati rapporti con esponenti di Cosa Nostra che garantivano all’operatore casalese di avere, in Sicilia, una posizione dominante sulle tratte di suo interesse, con conseguente espulsione delle imprese che non avevano (più) tali rapporti.

In tale contesto asfissiante, vera negazione dei più elementari principi economici liberal-democratici, emergeva come ad alcun operatore commerciale era dato sfuggire alle maglie di siffatta spartizione. A prescindere dalla qualità o meno del servizio reso e/o della concorrenzialità del prezzo richiesto e pagato. Numerose le conversazioni intercettate nelle quali i clienti, pur lamentandosi con le relative ditte – prevalentemente la Paganese, oggetto di massiccia attività di intercettazione – di ritardi nelle consegne e/o di cattivo servizio di trasporto, hanno mostrato la consapevolezza di non potersi sottrarre dal circuito così deciso e comunicato loro dai titolari delle relative ditte.

Un rilevante contributo per comprendere i fatti è stato offerto da due recenti collaboratori di giustizia, GRAZIANO Felice, capo del noto clan di famiglia, clan Graziano, con influenza nella zona di Quindici e paesi limitrofi e BARBIERI Carmine, siciliano di elevatissimo spessore, già uomo d’onore della famiglia Madonia di Gela. Il GRAZIANO nel confermare i suoi buoni rapporti con il clan dei Casalesi ha evidenziato le dinamiche attraverso le quali il business dei trasporti su gomma e dei mercati ortofrutticoli veniva gestito dalle organizzazioni criminose. Anche la ricostruzione dei rapporti economico/criminali nel settore del commercio e del trasporto dell’ortofrutta in cui emerge il controllo pieno ed assoluto di tali attività delle organizzazioni mafiose eseguita dal BARBIERI è apparsa pienamente confermata. Ed invero le pregresse acquisizioni investigative hanno svelato ciò che aliunde – e cioè da un punto di osservazione esterno alle organizzazioni criminali – hanno evidenziato le dichiarazioni del Barbieri, rese in poche battute, da suo punto di osservazione tutto interno a Cosa Nostra Nissena.
Ed anzi, al riguardo, non può non essere evidenziato, e non può non far riflettere, la circostanza che due capi di distinte organizzazioni di tipo mafioso, Barbieri e Graziano, che non si sono mai incontrati fra loro, che hanno operato, verosimilmente l’uno all’insaputa dell’altro, uno a Quindici e Bracigliano e l’altro a Gela, fra Caltanissetta e Catania, dunque, in contesti territoriali distanti centinaia e centinaia di chilometri, riferendo del meccanismo di controllo dei mercati ortofrutticoli, lo abbiano fatto con una voce sola. Facendo entrambi comune riferimento a codici di comportamento delle organizzazioni criminali, ad un loro atteggiarsi nei confronti dell’imprenditoria operante nel settore de quo (ora caratterizzato da modalità collusive ora da modalità violente), ad una capacità di dominio esercitata attraverso la negazione tout court della libera concorrenza, è come se, anche nella gestione di un affare così peculiare, sia possibile, comunque, individuare un comune DNA che in una circostanza data (il mercato ortofrutticolo) determinava comportamenti analoghi e sovrapponibili.
Dunque, la mafiosità dei soggetti di Fondi, Gela, Caltanissetta, Catania ora collegati ora in contrasto con la Paganese e con i Casalesi, che l’attività investigativa ha disvelato – così come, del resto, i meccanismi monopolistici e/o oligopolistici governati dalla criminalità organizzata sia nel commercio che nel trasporto dell’ortofrutta nei mercati campani, sicliani e laziali – era addirittura conclamata sulla base della diretta esperienza del Barbieri, che non ha fatto altro che suffragare quanto già, in modo, invero, esaustivo, le indagini tecniche e tradizionali hanno evidenziato.
Le indagini, correlate alle risultanze di precedenti investigazioni svolte dalla DIA e dalla Squadra Mobile della questura di Caserta, hanno evidenziato come le organizzazioni casalesi, i clan camorristici, le cosche siciliane e la ‘ndrangheta avessero monopolizzato, nell’ultimo decennio, il trasporto da e per i maggiori mercati ortofrutticoli del Centro-Sud Italia: Fondi, Aversa, Parete, Trentola Ducenta, Giugliano in Campania, Pagani, Palermo, Catania, Gela e Marsala, imponendo le ditte di autotrasporto ed i prezzi di acquisto della merce dai produttori.
Analizzando le investigazioni sotto il profilo cronologico le investigazioni inizialmente volte ad accertare le infiltrazioni camorristiche nel basso Lazio ed, in particolare, nelle attivitò connesse al trasporto su gomma da e per il MOF di Fondi, si estendevano progressivamente, consentendo l’individuazione di una vasta organizzazione camorrista, facente capo ai “Casalesi” delle famiglie SCHIAVONE e DEL VECCHIO.
Le indagini si concentravano dapprima sul fondano D’ALTERIO Giuseppe e sul casalese PAGANO Costantino.
Si è accertato che attraverso la società di autotrasporto “LA PAGANESE TRASPORTI” del PAGANO (vera e propria holding del crimine, ubicata a S.Marcellino e con unità locale a Fondi), e mediante soggetti a loro affiliati, gli SCHIAVONE avevano progressivamente acquisito il totale controllo dei trasporti su gomma di prodotti ortofrutticoli, soppiantando la famiglia dei PANICO, contigua ai MALLARDO di Giugliano in Campania, quella dei CATALDO, contigua ai SACCO (Licciardi) di Secondigliano. Alterni i rapporti con la famiglia calabrese dei TRIPODO, già egemone su Fondi. Di seguito la famiglia SCHIAVONE di Casal di Principe, attraverso una rete di rapporti sempre più intensi, aveva allargato l’area di rapporti sempre più intensi, aveva allargato l’area di influenza anche in Sicilia mediante accordi diretti con COSA NOSTRA, segnatamente con uomini vicini ai RIINA, tra cui SFREGA (che le indagini mostravano essere vicini ad un gruppo di imprenditori che ruotano intono alla famiglia MESSINA DENARO) per la Sicilia Occidentale, nonché con personaggi contigui alla famiglia mafiosa dei RINZIVILLO di Gela (CL), da decenni presenti nel Lazio, ed, in particolare, nella capitale, sul litorale laziale e nel su Pontino.
Il rapporto mafioso instauratosi tra COSA NOSTRA ed i CASALESI prevedeva, tra l’altro, che esponenti delle famiglie mafiose siciliane, proprio in virtà delle alleanze con i CASALESI, gestissero l’affare della grande distribuzione alimentare anche nei territori laziali progettando di aprire nel territorio della capitale magazzini per lo stoccaggio di merci da commercializzare nei supermercati CONAD e DESPAR.

L’attività investigativa particolarmente complessa ed articolata consentiva di accertare gli interessi criminali nelle attività economiche derivanti dalla commercializzazione e dal trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli su tutta l’area centro meridionale del Paese.
In particolare le indagini hanno svelato:

– sull’asse Lazio-Campania-Calabria-Sicilia, l’esistenza di alleanze ed accordi tra le organizzazioni criminali dei CASALESI e di COSA NOSTRA;

– nell’area trapanese, l’esistenza di un gruppo criminale mafioso operante nella provincia di Trapani, nel territorio compreso fra Marsala e Mazzara del Vallo, dedito al “controllo” della produzione, commercializzazione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli, sia a livello locale che nazionale, facente capo agli imprenditori “SFRAGA”, legati ai RIINA;

– nell’area catanese, i legami fra i “Casalesi” e la cosca “Santapaola-Ercolano”, laddove emergeva un forte interesse del gruppo riferibile al casalese PAGANO Costantino per il mercato ortofrutticolo di Catania, in cui operavano numerosi imprenditori legati alla famiglia SANTAPAOLA / ERCOLANO e gli stessi Ercolano in prima persona.

– nella provincia di Caltanissetta, il rapporto tra PAGANO e COCCHIARO Biagio, imprenditore del settore, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa gelese dei RINZIVILLO.

Nel corso delle indagini non sono mancati momenti di criticità anche perché l’organizzazione criminosa al fine di detenere la supremazia su altri “Gruppi” criminali interessati al medesimo settore commerciale e per la gestione delle proprie illecite attività, ha utilizzato armi da fuoco, comuni e da guerra, parte delle quali provenienti dai paesi balcanici custodite da persone insospettabili ed a disposizione degli affiliati. Ed invero le indagini svolte dalla DIA di Roma e dalla Squadra Mobile della Questura di Caserta sin dalle prime battute hanno evidenziato, tra l’altro, non solo l’esistenza di varie organizzazioni criminose che nel tempo si sono contese fette di territorio in cui insistevano i mercati ortofrutticolo ma anche un progressivo e sempre crescente ricorso da parte di ditte di autotrasporti e, dunque, di attività imprenditoriali riferibili. Quando non di proprietà, alle organizzazioni criminose campane, all’uso della violenza, delle intimidazioni e delle armi per accaparrarsi gli utili derivanti dall’esercizio delle attività in regime di monopolio o quasi.
Esemplificativo appare il rinvenimento e sequestro di un vasto e variegato arsenale (fucili mitragliatori kalashnikov, lanciarazzi, bombe a mano, tritolo, pistole) avvenute nel luglio 2006 a San Marcellino nell’abitazione e nel garage di PALERMO Vincenzo, carabiniere in pensione legato ai casalesi e residente a pochi metri di distanza dalla ditta “LA PAGANESE TRASPORTI”. Si trattava di armi provenienti dalla BOSNIA trasportate con un furgone militare da un carabiniere del X battaglione di Napoli in missione nei paesi dei balcani, condannato a nove anni di reclusione da Tribunale di Napoli per trasporto di armi da guerra, e destinate ai casalesi.
Le intercettazioni video ambientali hanno consentito di accertare il protrarsi del traffico di armi anche dopo il sequestro dell’arsenale nel luglio 2006.
Un ingente carico di Kalashnikov custodito in casse di legno è stato, infatti, osservato attraverso le video riprese in una notte del dicembre dello stesso anno mentre gli affiliati al clan dei casalesi lo occultavano in una intercapedine ricavata tra la motrice ed il rimorchio di uno dei numerosi articolati nella disponibilità della ditta LA PAGANESE sopraggiunto nel piazzale.

Le indagini hanno accertato l’esistenza di rapporti tra TRIPODI Venanzio e RIINA Gaetano, fratello del noto RIINA Salvatore inteso “Totò U Curto”, capo indiscusso di “Cosa Nostra”, sino al suo arresto avvenuto nel gennaio ’93, essendo emerso un incontro tra i due soggetti ed una loro stabile frequentazione.
A sua volta RIINA Gaetano conduceva ai citati fratelli SFRAGA Antonio e Massimo, titolari di società attive nel settore dell’ortofrutta, adusi a movimentare ingenti somme di denaro e di seguito veniva accertato il collegamento tra gli SFREGA, referenti commerciali di Cosa Nostra nel settore dell’ortofrutta, ed il “clan dei Casalese”, rappresentati dal PAGANO e dalla sua società LA PAGANESE.
Ne è derivato un indiscusso monopolio nel settore del trasporto dei prodotti ortofrutticoli da e per la Sicilia verso i mercati campani ed il pieno controllo di tutti i trasporti da e per il Mercato Ortofrutticolo di Fondi (M.O.F.) e la Sicilia da parte dei “LA PAGANESE TRASPORTI”.

Contestualmente alle 68 ordinanze di custodia cautelare è stato eseguito nei confronti degli indagati arrestati e dei loro familiari un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di un ingente patrimonio, valutato in circa 90 milioni di euro, consistenti in decine di aziende del settore, appartamenti, appezzamenti di terreni, conti bancari, ed una flotta di automezzi commerciali di oltre 100 unità. I sequestri sono stati effettuati in Campania, Lazio e Sicilia in danno degli indagati e delle loro imprese.


fonte:http://www.casadellalegalita.info/