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Aiutò la mafia, alzate la pena a Dell´Utri

La richiesta del pg: 11 anni. Il senatore pdl: se mi assolvono, lascio la politica In primo grado la condanna è stata a 9 anni. Rievocato dall´accusa il ruolo che l´imputato ebbe nel portare Mangano a casa di Berlusconi

PALERMO – Si è presentato in aula solo per un “atto di rispetto” al momento della richiesta di condanna, ma di stare a sentire le battute finali della requisitoria del procuratore generale non ne aveva alcuna voglia. Così, è uscito dopo pochi minuti e se n´è andato al mercato vicino al Palazzo di giustizia a mangiare lo “sfincione”, una pizza con pomodoro, cipolle e acciughe. E´ tornato pochi istanti dopo che il pg Antonino Gatto aveva pronunciato la sua richiesta: 11 anni, due in più dei 9 inflittigli in primo grado dal tribunale che lo ha condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. «Ah, mi hanno chiesto gli interessi… « è stato il suo primo commento. Poi, Marcello Dell´Utri, senatore del Pdl, ha indossato i consueti panni del politico vittima di una persecuzione giudiziaria, questa volta con un annuncio a sorpresa: «Aspettiamo la sentenza, ma se mi assolvono sono disposto a lasciare tutti gli incarichi. A me non interessa nulla della politica. Se non avessi i processi non farei il parlamentare. Lo capite o no che io sono entrato in politica solo per difendermi da un attacco politico? E nessuno si deve scandalizzare».
Per la verità quando fondò Forza Italia, nel ‘94, non era ancora indagato. Quella di Dell´Utri è la provocazione di un imputato stanco di fare l´imputato ma che con questo “habitus” ha imparato a convivere da 15 anni: «Mi chiedo cosa farò quando tutto questo sarà finito. Qui si è fatto il processo ad una cosa inesistente, quella persona di cui parla il pubblico ministero io non la conosco».
Il Dell´Utri che il procuratore generale disegna, alla fine della sua requisitoria, è “meritevole” di una condanna più aspra di quella a dieci anni – ricorda il pg – a cui la corte d´appello ha condannato esponenti delle forze dell´ordine (il riferimento è a Bruno Contrada e Ignazio D´Antone) per associazione mafiosa. «Il senatore Dell´Utri – dice Gatto – per oltre un trentennio è stato al servizio di Cosa nostra. Ha avuto un ruolo determinante per l´approvazione di alcuni provvedimenti legislativi che hanno favorito concretamente la mafia. E a suo carico sono emerse nuove prove a partire dalle dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza che si sono integrate in maniera armoniosa con quanto già stabilito dalla sentenza del tribunale di Palermo a proposito dei rapporti che l´imputato ha intrattenuto con i fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio».
Il pg cita i rapporti tra il boss Vittorio Mangano e il premier Silvio Berlusconi, mediati proprio da Dell´Utri, e la presunta combine con il collaboratore di giustizia Cosimo Cirfeta per screditare tre pentiti che lo accusavano. «Evidente – ha sottolineato Gatto – la propensione dell´imputato a inquinare le prove, servendosi di mezzi istituzionali per deviare le indagini. Ad esempio, rimangono ancora oscuri i suoi rapporti con Renato Farina». Il giornalista, andato a giudizio per favoreggiamento di alcuni agenti dei servizi segreti con cui collaborava nella vicenda del rapimento di Abu Omar, sarebbe stato uno dei tramiti con l´avvocato del pentito Cirfeta. Ma – ricordano i difensori di Dell´Utri – «il pg ha dimenticato di dire che dall´accusa di calunnia il senatore nel frattempo è stato assolto».
Dal 30 aprile, la parola passa alla difesa. La sentenza potrebbe essere emessa l´11 giugno.
Alessandra Ziniti

(Tratto da Aprile online)