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A Torino c’é più omertà che a Locri.Che vergogna !

 

Il silenzio delle vittime di ’ndrangheta: “A Torino c’è più omertà che a Locri” 

Minacce con teste di maiale mozzate e pizzini per non essere intercettati. I carabinieri: nessuno ha denunciato spontaneamente gli estorsori. Arrestati 20 affiliati

Il boss. Adolfo Crea (nella foto), 44 anni, e il fratello Aldo Cosimo, 41, erano a capo degli ’ndranghetisti che taglieggiavano a Torino e Provincia

15/01/2016
giuseppe legato – massimiliano peggio
torino 

«A Torino? Più omertosi che a Locri». Ecco come vengono descritti dai carabinieri questi torinesi in balia degli strozzini, minacciati con teste di maiale mozzate, impauriti e costretti al silenzio con i pizzini, umiliati al punto di dover vendere le catenine d’oro dei figli per appagare le richieste dei signori della ’ndrangheta, che bevono caffè in un bar a pochi passi dal Tribunale e sorridono spavaldi alle ragazze che passano di fronte al dehors. Nonostante le inchieste degli ultimi anni e l’impegno sociale nel recupero dei beni confiscati alle mafie, la ’ndrangheta sembra inestirpabile, il coraggio della denuncia quasi impalpabile. 

 

IL BUSINESS  

Da ieri sono finiti in cella in venti, arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo con accuse che vanno dall’associazione di stampo mafioso, all’estorsione, al possesso di armi e commercio di hashish e cocaina. Indagine durata due anni, non facile, perché nessuna delle vittime si è presentata spontaneamente a denunciare le estorsioni. Per paura di ritorsioni. «Il nostro auspicio – afferma il procuratore capo Armano Spataro, autorizzando la diffusione dei filmati dell’inchiesta – è che altre vittime di questi odiosi atti minatori trovino la forza di denunciare».  

 

 

A capo dell’organizzazione due padrini e fratelli: Adolfo e Aldo Cosimo Crea, 44 e 41 anni, già finiti in carcere in altre inchieste, compresa Minotauro, indagine monumentale sull’infiltrazione criminale calabrese a Torino e provincia, con un esercito di condannati in via definitiva. «Lo sapete no, a Torino comandiamo noi» dicevano agli imprenditori, incassando migliaia di euro al mese. Agli affari di famiglia collaborava anche il figlio di Adolfo, il giovane Luigi, al suo debutto in carcere, che si lamentava di non poter vivere con meno di 10 mila euro al mese, per colpa del costo della vita troppo alto. «I soldi partono come niente» dice in un’intercettazione. Attorno ci sono gli altri “associati”: autisti, comparse, emissari. Passeggiano nel centro della città, siedono ai dehors dei caffè, intascano il pizzo in mezzo alla strada, ostentano forza.  

 

Altro che mafia silente, che non si manifesta. I Crea sono violenti e lo dimostrano mentre chiedono il pizzo per sostenere «gli affiliati finiti in carcere»: botte, schiaffi, minacce terribili. Lo fanno con Simon Longato, piccolo industriale della cintura torinese, che ha riconquistato la sua libertà quando ha raccontato ai carabinieri di aver ricevuto una testa mozzata di maiale, con dentro una messaggio di morte, vecchio stile, con le lettere ritagliate dal giornale: «la prossima volta mettiamo la tua testa». Ma non l’ha fatto spontaneamente. Si è liberato del fardello quando i carabinieri lo hanno chiamato in caserma, dopo aver intercettato le conversazione dei sui aguzzini. Lui è una delle vittime intrappolate nella rete di estorsioni e minacce di questo gruppo criminale di ’ndranghetisti con solidi legami «con la terra madre», radicata al nord da alcuni anni. Affari nella droga, nel gioco d’azzardo, in alcune attività commerciali. «Per colpa di queste bestie – si sfoga oggi l’imprenditore – mi sono trasferito in Svizzera. Ho paura di morire, ancora oggi. Spero solo che lo Stato faccia lo Stato e li tenga dove meritano. Mi fa star male pensare che tanta gente ha negato le estorsioni di fronte ai carabinieri e ha continuato a pagare. Non pagare rende liberi».  

 

 

Quella dei Crea è una mafia sfacciata che bivacca in una bella piazza di quartiere e fa affari alla luce del sole. «Questa è Torino, non Locri» commenta esaustivo il colonnello Domenico Mascoli, comandante del nucleo investigativo, mostrando le immagini ad alta definizione registrate nel corso delle indagini. Nei filmati si vedono mani che afferrano soldi, stropicciano pizzini tra il via vai indifferente della gente. Nel blitz di ieri sono state fatte anche 41 perquisizioni domiciliari e sequestrati 7 immobili; automezzi; conti bancari, e due società.