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A Latina il clan faceva campagna per la Lega?

Il Fatto Quotidiano, Sabato 27 Aprile 2019

A Latina il clan faceva campagna per la Lega

Voti comprati, finte scorte e l’attesa dei risultati al comitato Noi per Salvini un ex affiliato dei Di Silvio racconta le Comunali 2016

ANDREA OSSINO

Per la Lega di Matteo Salvini, alle amministrative del 2016 a Latina, ci sarebbe stato uno sponsor d’eccezione: il clan dei Di Silvio. Siamo in uno dei territori dove il Carroccio non più a trazione nordista ha fatto da subito proseliti, al punto da esprimere un sottosegretario nel governo gialloverde. Quel Claudio Duringon che ieri si è affrettato a dire: “Ma quali relazioni pericolose! Non c’en – triamo niente, il partito non c’entra assolutamente niente”. Durigon, così come il deputato leghista Francesco Zicchieri (anche lui di Latina), è estraneo all’inchiesta. Ma la sua è una reazione necessaria, viste le accuse lanciate dal Pd dopo le rivelazioni pubblicate ieri da Repubblica.

SONO il frutto della deposizione del pentito Agostino Riccardo, ex appartenente al clan Di Silvio, allegata a due inchieste coordinate dalla Dda di Roma. Sia il clan Di Silvio –al centro di un’operazione che nel maggio scorso portò a 25 arresti – sia l’imprenditore pontino Raffaele Del Prete – che ha patteggiato la sua pena a tre anni di reclusione per traffico illecito di rifiuti – secondo gli investigatori si erano spesi per far ottenere un buon risultato elettorale ad alcune liste collegate alla Lega. Cosa abbia fatto per la politica il clan del litorale lo racconta ai pm il pentito Riccardo nel luglio del 2018: “Abbiamo operato l’af – fissione dei manifesti il giorno prima delle elezioni, contravvenendo al divieto, da mezzanotte alle sei di mattina, in tal modo il giorno dopo a Terracina e Latina, dove avevamo il partito ‘Noi con Salvini’, le città erano tappezzate dei manifesti dei candidati che sponsorizzavamo”. Non solo, “duran – te lo spoglio delle elezioni siamo stati tutte le prime ore della mattina (…) a controllare i risultati. Eravamo a cento metri dai Vigili del Fuoco, vicino al palazzo di Corica, era la sede della lista elettorale ‘Noi con S a l v i n i’”. Riccardo racconta anche di accordi con Gina Cetrone, giovane candidata nelle liste del centrodestra. Il patto prevedeva “10.000 euro solo per l’affissione dei manifesti, altri 10.000 euro”per le spese. La Cetrone si sarebbe rivolta in diverse occasioni ai Di Silvio: “Ci mandò a fare un’estorsione da 70 mila euro”, rivela il pentito che racconta del desiderio della Cetrone di avere dai Di Silvio “una sorta di scorta perché arrivava un pezzo grande della politica”. Riccardo spiega anche di non aver raccontato al co-indagato Renato Pugliese (figlio di un boss, poi pentitosi rivelando gli affari malavitosi che ruotavano anche intorno al Latina Calcio) i reali incassi ottenuti dalla politica: “Aveva una fidanzata che era una sanguisuga: sarebbe andato sempre a chiedere soldi ai politici se avesse saputo i veri importi”, riferisce Agostino, sfoggiando un bon ton criminale: “I soldi i politici te li danno, ma non vogliono quella pressione che normalmente si utilizza”. A destare l’attenzione dei pm, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, inizialmente erano stati alcuni volantini elettorali, tra cui anche quelli di Zicchieri, trovati in una Citroën Picasso grigia utilizzata dal clan. Gli arrestati, ritiene l’accusa, non erano dediti solo a usura, estorsioni e spaccio, ma procacciavano voti comprandoli e minacciando gli elettori. “Lo costringevano a votare in favore del candidato sindaco Tripodi (attuale capogruppo della Lega in consiglio regionale, non indagato ndr), con preferenza espressa in favore di Roberto Bergamo”, recita l’accu – sa a carico di due indagati. “La mafia mi fa schifo, sono distante anni luce dal modus operandi degli zingari di Latina”, afferma ora Tripodi. E anche se il pentito Agostino dice di non aver “mai conosciuto Tripodi”, Pugliese racconta di aver attaccato “manifesti elettorali di Salvini e Gina Cetrone”, e che un indagato, Angelo Morelli, “avrebbe dovuto consegnarle (le tessere elettorali ndr) a Tripodi a dimostrazione dei voti procurati, ottenendo quale ricompensa 30 euro per ogni voto”. Tutte accuse respinte da Tripodi. È sempre Pugliese a spiegare l’interes – samento dell’i m p r e n d it o r e Del Prete. Ai pm Pugliese ha infatti detto di aver contribuito alla campagna anche “per – ché se avessero vinto le elezioni, l’appalto dei rifiuti sarebbe andato verosimilmente” a ll ’impresa di Del Prete. Nell’inchiesta sui rifiuti emerge una conversazione tra Del Prete e Zicchieri. “Che cazzo ce l’hai a fare la delega rifiuti, ma che ce l’hai a fare c’hai l’am – biente tutto o basta… a che ce serve, a che te serve?”, rimprovera Del Prete. “Parliamo del nulla –dice al FattoZicchieri – non sono mai stato assessore ai rifiuti. Io a Terracina sono stato eletto sempre con i miei voti. La mafia mi fa schifo”..

 

 

Il Manifesto, Venerdì 26 Aprile 2019

«Facevamo campagna per la Lega» Nuove accuse dall’inchiesta di Latina

Affonda nella pianura pontina l’ultimo caso dei presunti contatti tra la Lega e i sistemi criminali. Un’indagine della Dda romana, partita due anni fa, sta facendo emergere contatti durante la campagna elettorale del 2016 tra pezzi del clan dei Di Silvio – parenti diretti di Casamonica romani – e alcuni esponenti laziali del partito di Matteo Salvini. I primi elementi erano già divenuti noti lo scorso anno a conclusione dell’inchiesta Alba pontina. Nei mesi scorsi hanno iniziato a collaborare due esponenti dei clan, aprendo nuovi fronti investigativi. Particolarmente rilevanti sarebbero le dichiarazioni di Agostino Riccardo: «Abbiamo operato l’affissione dei manifesti il giorno prima delle elezioni – ha raccontato ai magistrati, dopo essere finito in carcere lo scorso anno – contravvenendo al divieto. In tal modo, il giorno dopo a Terracina e a Latina, dove avevamo il partito Noi con Salvini, le città erano tappezzate dei manifesti dei candidati che sponsorizzavamo». Tra i politici della Lega nominati negli atti di indagine vi è il capogruppo al consiglio regionale del Lazio Orlando Angelo Tripodi. Ieri ha risposto alle accuse con una nota: «Non ho nulla da temere e tutti sono a conoscenza: la mafia mi fa schifo». Tripodi proviene dall’estrema destra e, almeno fino allo scorso anno, era iscritto al partito europeo presieduto dal leader di Forza Nuova Roberto Fiore, l’Apf. Dopo essere stato candidato sindaco a Latina per una lista civica di destra nel 2016 è entrato nella Lega, diventando consigliere regionale e capogruppo. Nel sud pontino è uno dei punti di riferimento dell’area dell’estrema destra che da tempo sta traghettando verso il partito di Salvini. La reazione del Pd dopo le notizie sulle rivelazioni del collaboratore di giustizia Riccardo sono arrivate direttamente da Nicola Zingaretti: «Quello che accade a Latina l’ho letto dai giornali stamane. La mafia rom che fa campagna elettorale per Salvini sarebbe un fatto molto grave. Non so se sia vero, sono sicuro che le procure indagheranno». Il senatore Franco Mirabelli, capogruppo del Pd in commissione antimafia, ha sottolineao la gravità delle accuse: «Tenuto conto che si parla del partito del ministro dell’Interno, che da giorni pontifica contro le mafie e il cui movimento sarebbe sceso a patti con un pericoloso clan e di una forza politica cresciuta alimentando odio e intolleranza contro i rom e che pero’ si sarebbe servita, in campagna elettorale, dei servigi della pericolosa associazione di stampo mafioso dei Di Silvio». Intanto la commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie sta avviando un approfondimento sul sud del Lazio, con un’attenzione elevata sul litorale romano: «La Commissione – ha spiegato il presidente Nicola Morra – farà la sua parte per fare chiarezza sulla situazione del comune di Anzio. Già nella precedente legislatura aveva stigmatizzato i legami tra alcuni esponenti della criminalità organizzata da tempo radicati nel comune di Anzio». Tema sul quale varrà audito a breve il ministro dell’Interno Salvini. (a.p.)