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No alla vendita del Seven Up e dell’ex Colonia Di Donato di Formia. Si corre il rischio di farli cadere nelle mani della camorra

L’Associazione Regionale del Lazio per la lotta alle illegalità e alle mafie “Antonino Caponnetto” esprime la sua più netta contrarietà al disegno del Comune di Formia di vendere gli stabili dell’ex discoteca Seven Up e dell’ex Colonia Di Donato a privati.

Nel primo caso parliamo di un locale gestito, prima del suo fallimento, dalla società Maurice srl, Amministratore della quale era Aldo Ferrucci, nato a Sessa Aurunca il 18/10/1941, arrestato alla meta degli anni 80’ per la sua documentata partecipazione ai clan Bardellino e Moccia. Detta società, costituita presumibilmente con capitali di provenienza illecita, provocava il fallimento dell’allora Banca Popolare del Golfo, dalla quale aveva “ottenuto” prestiti senza fornire garanzia alcuna.

L’inchiesta che ne seguì a Latina coinvolse molti personaggi noti della Formia dell’epoca, alcuni tutt’ora in servizio, che frequentavano il Seven Up L’uomo che più di tutti balzava all’attenzione era però Antonio Bardellino, iniziale frequentatore del locale prima della latitanza determinata da un mandato di cattura internazionale per mafia, omicidio e strage. Il capo di Nuova Famiglia divenne poi il proprietario di fatto del locale, come ricostruito nel processo Spartacus, e il suo corpo fu cercato nel lontano 1989 proprio nei giardini vicini al night dalla Criminalpol di Napoli.

Il Comune di Formia ha acquisito nel 1999 l’immobile all’asta del Tribunale di Latina segnando una vittoria dello Stato di diritto sul crimine organizzato.

Adesso qualcuno, con il pretesto di fare cassa, vuole restituirlo alle persone sbagliate?

Ci opponiamo a questo intento anche nel caso dell’ex Colonia a Castellone, che tra l’altro è stata ristrutturata dalla ditta SO. GE. CO. srl di San Cipriano d’Aversa, società alla quale è stato ritirato il certificato antimafia in quanto sospettata (Il Mattino, articolo del Maggio 2009) di essere vicina all’ala stragista del clan dei Casalesi guidata da Giuseppe Setola. Quanto comunichiamo corrisponde al vero se si considera che l’inchiesta, partita dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, DDA, ha fatto in modo che la Provincia di Salerno ritirasse degli appalti, già assegnati, alla ditta in questione.

Vendere questi due immobili significa correre il rischio di farli acquistare dalla camorra.

Ass. A. Caponnetto