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Quei patti con la politica nei piccoli comuni

Quei patti con la politica nei piccoli comuni

Giovedì 22 Giugno 2017

di Francesco Calderoni 

La “scoperta” della ‘Ndrangheta in Lombardia negli ultimi anni ha reso ancora più difficile comprendere la presenza mafiosa al Nord. Una presenza che connette la mafia tradizionalmente ritenuta più arretrata e la regione generalmente valutata più dinamica d’Italia. Per comprendere questa apparente contraddizione è importante analizzare l’interazione tra le mafie e la classe dirigente lombarda. Fatta di politici, amministratori, imprenditori.

In realtà i rapporti della ‘Ndrangheta con la classe dirigente lombarda sono ancora largamente ignoti. Alcuni casi eclatanti hanno (per fortuna) sollevato comprensibili allarmi. Recenti vicende hanno coinvolto avvocati, commercialisti, dirigenti di Asl, politici locali e nazionali. I pochi casi, se confrontati alla popolazione lombarda, impediscono una sintesi della situazione. E la tentazione di trarre analogie da altre regioni, quelle caratterizzate da uno storico radicamento mafioso, può portare fuori strada.

In Lombardia il controllo del territorio è marginale, per ora. Se ne possono scorgere alcuni preoccupanti segnali premonitori. Specialmente in alcuni comuni di piccole e medie dimensioni. Da soli, però, questi segnali non spiegano i rapporti con la classe dirigente.

Gli osservatori più attenti hanno spesso rilevato che in Lombardia alcuni politici, amministratori e imprenditori non sono solo passivamente permeabili alle mafie. Al contrario, cercano attivamente le mafie come partner in grado di offrire vantaggi illeciti: favori, appalti, liquidità, e voti. Queste dinamiche si sono verificate con maggiore frequenza in piccole città dell’hinterland milanese o vicino ai capoluoghi. Perché è in questi contesti in cui la ‘Ndrangheta può massimizzare l’impatto di alcune centinaia di voti, della vicinanza con le stazioni appaltanti, della possibilità di risolvere problemi alle piccole e medie imprese in difficoltà, della prossimità sociale e ambientale con i rappresentanti politici. Questa partnership tra mafie e classe dirigente trova il suo collante nello scarso rispetto delle regole.

La poca trasparenza, la complessità applicativa, le limitate risorse delle amministrazioni pubbliche generano opportunità criminali. E la pericolosa fragilità delle regole in Lombardia si nota con facilità, dai grandi scandali di corruzione, agli interessi intorno alle riqualificazioni urbanistiche, alle difficoltà di mandare avanti una piccola associazione sportiva. Un terreno di coltura per le collaborazioni tra ‘Ndrangheta e classe dirigente.

Perché le mafie più che un cancro, come spesso si dice, sono un parassita. Non uccidono il corpo che le nutre, lo sfruttano. Anche in Lombardia, proprio in Lombardia. Perché la tradizionale spinta produttiva della regione, per superare le difficoltà soprattutto in periodi di crisi, può far chiudere un occhio. Anche due.

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/