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Traffico illecito di rifiuti che,secondo gli interroganti,vedrebbe coinvolta “la Società Veca sud,che,secondo le risultanze degli investigatori, sarebbe strettamente collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo camorristico e in particolare al clan dei Casalesi e alla famiglia Caturano”

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-03753

Atto n. 3-03753 (con carattere d’urgenza)

Pubblicato il 18 maggio 2017, nella seduta n. 826

GIARRUSSO , BOTTICI , PAGLINI , LEZZI , MORRA , DONNO , CASTALDI , AIROLA , ENDRIZZI , PUGLIA , CAPPELLETTI – Al Ministro dell’interno. -Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:

secondo quanto riportato da “la Repubblica” dell’11 marzo 2016, i titolari delle società Varvarito Lavori Srl di Firenze, Franco Varvarito, Hidra Srl di Prato, Stefano Bacci, e Htr Srl di Roma, Matteo Bettoja, sarebbero stati rinviati a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sui lavori Tav (treno ad alta velocità) a Firenze;

sarebbe stato loro contestato anche l’articolo 260 del codice dell’ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti); inoltre, nell’inchiesta sarebbe coinvolta anche la società Veca Sud che, secondo le risultanze degli investigatori, sarebbe strettamente collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo camorristico e in particolare ai clan dei Casalesi e alla famiglia Caturano;

in particolare, da un articolo del quotidiano on line di Reggio Emilia “reggionline” del 20 gennaio 2013 dal titolo “Inchiesta Tav di Firenze e Coopsette: spunta la Camorra”, si apprende che: «come accertato in un secondo momento dai Ros, “il conferimento di questi rifiuti aveva un’unitaria regia, ove le ditte smaltitrici si dividevano in pieno accordo i quantitativi, risultando in realtà solo apparenti smaltitori”. Il motivo? Semplice: perché tutta l’attività di raccolta, trasporto e smaltimento in discarica (la maggior parte delle 413mila tonnellate di fanghi) era gestita dalla ditta Veca Sud di Maddaloni, provincia di Caserta, gestita da Lazzaro Ventrone. Non è una ditta qualunque e sempre secondo i militari risulta “strettamente collegata ad ambienti della criminalità organizzata di tipo camorristico e in particolare al clan dei Casalesi e alla famiglia Caturano”»;

dall’articolo dell’8 dicembre 2016, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”, intitolato “La camorra dietro ai fanghi della Tav”, si evince che: «I lavori al cantiere del tunnel Tav di Campo di Marte hanno assicurato profitti anche al clan dei Casalesi, in particolare al gruppo Schiavone-Zagaria. Lo afferma il pm antimafia di Firenze Giulio Monferini chiudendo le indagini su Lazzaro Ventrone, gestore della società di trasporti Veca Sud». Proseguendo, la giornalista Franca Selvatici evidenzia: «Tutti, salvo Ventrone, sono già a giudizio. Il processo doveva cominciare il 2 dicembre ma è stato rinviato all’8 maggio 2017. Nel frattempo – se il gip riterrà fondate le accuse – agli imputati potrebbe aggiungersi Ventrone, portando con sé un’ulteriore gravissima ipotesi di inquinamento dell’opera pubblica che avrebbe – si sosteneva – fatto volare i treni nelle viscere di Firenze. La procura antimafia, infatti, gli contesta l’aggravante di aver agito “al fine di agevolare la associazione criminale camorrista denominata clan dei Casalesi, gruppo Schiavone -Zagaria”. Ciò perché – secondo le accuse- “la società di trasporti Veca Sud, attraverso cui erano trasportati i rifiuti e a favore della quale era riversato parte del prezzo pagato per lo smaltimento è un’impresa sin dalle origini riferibile direttamente o indirettamente a tale organizzazione criminale, in quanto continuati continuativamente a disposizione del clan almeno dagli anni’90 perla commissione di traffici illeciti in materia di rifiuti, grazie ai cui profitti era assicurato un rilevante apporto alla associazione criminale”»;

inoltre, risulta agli interroganti che, parallelamente all’attività giudiziaria, la Prefettura di Caserta emetteva un primo provvedimento interdittivo antimafia (prot. n. 16659, Cat. 12b.16/ANT/AREA 1^, il 3 aprile 2014) per traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260 citato nei confronti della citata Veca Sud. In data 2 giugno 2015, ne emetteva un secondo (prot. n. 31408), confermando l’informativa antimafia interdittiva precedentemente emessa;

in merito a questa vicenda, dopo i ricorsi presentati dalla Veca Sud presso il Tribunale amministrativo regionale della Campania, avverso i provvedimenti della Prefettura di Caserta, il Consiglio di Stato, Sezione III, con sentenza n. 4557 del 28 ottobre 2016, decideva: «definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado da Veca Sud», condannandola anche «a rifondere in favore del Ministero dell’Interno le spese del doppio grado di giudizio»;

la Prefettura di Caserta, con la prima informativa del 3 aprile 2014, aveva recepito e fatto propri, ai fini interdittivi, gli elementi emersi nel corso delle investigazioni dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze sul conto di Lazzaro Ventrone, come detto, ritenuto vero dominus e gestore di fatto della società Veca Sud, e di altri imprenditori, indagati per l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, oltre che per quella di truffa aggravata, nell’esecuzione delle opere per la realizzazione del nodo di Firenze della linea ferroviaria dell’alta velocità; il TAR della Campania, sede di Napoli, con la sentenza n. 389 del 22 gennaio 2015, aveva ritenuto tali elementi idonei a sorreggere la valutazione di infiltrazione mafiosa compiuta dalla Prefettura di Caserta;

con la sentenza n. 600 depositata in data 29 gennaio 2016, lo stesso TAR aveva poi accolto il nuovo ricorso proposto dalla società Veca Sud, annullando la seconda informativa, in quanto: lo stralcio della posizione processuale di Lazzaro Ventrone, ritenuto dominus della società appellata, avrebbe costituito un elemento di novità, rispetto all’originario impianto motivazionale della prima informativa antimafia, sul quale la Prefettura non avrebbe specificamente motivato in sede di aggiornamento;

infine, con l’ultima sentenza del Consiglio di Stato, diversamente da quanto ha ritenuto il TAR della Campania (sentenza n. 600 del 2016), si ribadisce: «in sintonia con la ormai consolidata giurisprudenza di questo Consiglio sul punto (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6618; Cons. St., sez. III, 28 aprile 2016, n. 1632), che il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso al traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006, costituiscono, già di per se stessi, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al malaffare e, sempre più di frequente, al concreto pericolo di infiltrazioni delle associazioni criminali di stampo camorristico. (…) Quanto alla natura delle condotte e delle frequentazioni contestate a [Lazzaro Ventrone], svalutate dal T.A.R. perché non aventi sicura connotazione “mafiosa”, si è detto che il delitto di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 è invece uno dei delitti-spia previsti dall’art. 84, comma 4, lett. a), del d. lgs. n. 159 del 2011, e nel caso di specie dalle motivazioni del decreto di perquisizione si evince, sulla base degli elementi raccolti nelle investigazioni, che [Lazzaro Ventrone] sarebbe il “regista” dell’intera operazione, coordinando gli altri imprenditori coindagati, in compagnia dei quali, infatti, è stato trovato dalle forze di polizia. È irrilevante, infine, anche la circostanza, erroneamente valorizzata dal primo giudice, che nella richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli altri coindagati non sia stata contestata l’aggravante di cui all’art. 7 del d.l. n. 152 del 1991 o il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., poiché la valenza sintomatica del delitto di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 ben può prescindere e prescinde, nella stessa astratta valutazione del legislatore, dalla contestazione di tale aggravante o della stessa associazione di stampo mafioso»;

considerato che:

con il decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze n. 25186/10 R.G.N.R. e n. 15817/10 R.G. GIP del 10 marzo 2016, è stato disposto il giudizio, tra gli altri, di Franco Varvarito, Stefano Bacci e Matteo Bettoja per attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti in violazione della disciplina sul recupero e smaltimento (trattamenti dei fanghi delle paratie non autorizzati in sito, con scarichi in falda e destinazione a siti non idonei) dal gennaio 2011 ad oggi; inoltre, in ordine al reato di cui agli articoli 110, 61, n. 7, del codice penale e art. 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione ai cantieri della Tav per l’attraversamento sotterraneo di Firenze, per avere una condotta illecita permanente, proseguita senza soluzione di continuità;

come si evince dal decreto, di fatto costoro non si sarebbero limitati a stipulare contratti con Nodavia a prezzo maggiorato rispetto all’effettivo costo, retrocedendo in nero parte del pagamento, e a incaricare dell’attività materiale di trasporto a discarica la società Veca Sud di Lazzaro Ventrone. Ventrone, quale gestore della società di trasporto rifiuti Veca Sud, effettivamente avrebbe compiuto i trasporti di fanghi anche per conto delle imprese Hidra e Varvarito e materialmente avrebbe preso in gestione rifiuti da depositi in cantiere senza che essi fossero stati trattati secondo procedure autorizzate conferendoli in siti fuori regione a costi ingentissimi;

considerato altresì che:

la società Varvarito Lavori Srl, dal 15 luglio 2014, nonostante le note vicissitudini giudiziarie, risulta ancora iscritta nella “white list” della Prefettura di Firenze, aggiornata al 3 marzo 2017, seppur con la dicitura “in corso istruttoria per rinnovo iscrizione”. Nel sito dell’azienda è riportato che la Varvarito Lavori è inserita nella white listdella Prefettura di Firenze. In particolare: «Dal 15.07.2014 la nostra Impresa è stata inserita nella white list della Prefettura di Firenze, elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (art. 1, commi dal 52 al 57, della Legge n. 190/2012; D.P.C.M. 18 aprile 2013)»;

come si legge nell’articolo pubblicato su “la Repubblica” il 9 dicembre 2016, dal titolo “Sisma, il caso dell’azienda appaltatrice accusata di traffico illecito di rifiuti finirà al vaglio del Viminale”, la Hrt Bonifiche, il cui amministratore delegato è Matteo Bettoja, risulta essere iscritta nella “white list” della Prefettura di Roma dal 28 aprile 2016 e si è aggiudicata un appalto della Regione Lazio da 400.000 euro per lo spostamento delle macerie da Amatrice (Rieti),

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

se risulti quali siano i motivi per cui le Prefetture di Firenze, Prato e Roma non abbiano valutato la necessità di emanare un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti delle suddette società presenti nelle aree di loro competenza, qualora fossero ancora attive, i cui titolari sono stati rinviati a giudizio per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.