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Arresti e ribellioni non fermano il clan, non bastano i 50mila ‘no’ alla camorra, il quartiere è sempre nelle mani dei De Micco

Arresti e ribellioni non fermano il clan, non bastano i 50mila ‘no’ alla camorra, il quartiere è sempre nelle mani dei De Micco

di REDAZIONE

NAPOLI. Le mani della famiglia del Lotto Zero si allungano su racket e piazze di spaccio. Ma il rione del corteo è sempre nella morsa del clan De Micco su imprenditori e, soprattutto, commercianti si fa ancora sentire nonostante i colpi inferti nel corso degli ultimi anni da polizia e carabinieri agli uomini del racket e della droga.
Ma con un’importante differenza: i De Micco hanno saputo resistere a ondate di arresti (compresi i due fratelli capi clan Salvatore e Marco), i D’Amico e gli ex Sarno non sono riusciti con il turnover a riciclarsi sul territorio, almeno per il momento. Con la conseguenza che attualmente i “Bodo”rappresentano il nemico principale per lo Stato.

Per tre anni ha infuriato la guerra tra i De Micco e i D’Amico, poi i “Fraulella” hanno subito due colpi da K.O.: l’omicidio di Nunzia D’Amico, la sorella ras dei fratelli boss Antonio, Giuseppe e Giacomo, e una maxi-operazione che ebbe come epicentro il parco Conocal. Così è iniziata la crisi del clan, ma non la scomparsa tengono a precisare gli investigatori.
Mentre il fronte degli ex Sarno, tra vicissitudini varie, non ha mai sfondato nel quartiere. Emanuele Cito, uno degli ex luogotenenti, è stato vittima di un agguato salvandosi per miracolo mentre il suo guardaspalle è invece morto sul colpo. A novembre dell’anno scorso c’è stato un tentativo di attacco ai De Micco, ma il grave episodio non ha causato l’effetto sperato e i “Bodo” sono ritenuti in maniera in maniera unanime dagli investigatori ancora i vincenti sul territorio.

Nel mirino dei sicari finì Luigi De Micco, fratello di Salvatore e Marco, il cui ruolo più defilato rispetto a quello dei congiunti è stato messo in rilievo dal pentito Domenico Esposito “’o cinese”, primo del clan dei “Bodo” a passare dalla parte dello Stato. Si devono al collaboratore di giustizia, in contemporanea alla decisione di abbandonare i vecchi amici, la scoperta e il sequestro di un arsenale del gruppo di malavita. Allora infuriava la guerra tra i De Micco e i D’Amico per la gestione delle piazze di droga in varie zone di Ponticelli. Una faida che provocò, tra l’altro, il duplice omicidio Castaldi-Minichini, su cui proprio il pentito fece luce.
Il 16 maggio 2013, nel riconoscere fotograficamente Luigi De Micco, Domenico Esposito ne ha delineato il profilo: «Noi tentavamo sempre di proteggerlo, evitando di esporlo a controlli insieme a noi, ma era organico al nostro gruppo. Partecipava alle riunioni in cui prendevamo le decisioni, ma non alle fasi operative. Era invece presente il giorno prima del mio arresto quando cercavamo qualcuno dei “Fraulella” da prendere.
Inoltre era lui a tenere la cassa del clan, per le macchinette e il gioco online, che lui gestiva via internet da casa sua ricevendo le puntate per telefono. Ho personalmente visto le ricevute delle giocate». Proprio per non essere mai stato coinvolto in fatti di sangue, Luigi De Micco ha trascorso poco tempo dietro le sbarre o ai domiciliari. Da tempo è libero.

22/03/2017

fonte:www.www.internapoli.it