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Angelo Niceta .Non passa giorno che non riceviamo notizie tristi che riguardano Testimoni di Giustizia che,dopo che si sono schierati dalla parte della legalità e dello Stato di diritto,vengono trattati a pesci in faccia .La mafia ringrazia . Io sono un testimone di giustizia; successivamente a mie lunghe e articolate dichiarazioni ai Magistrati della DDA di Palermo riguardanti soggetti mafiosi e altri soggetti collusi con la mafia, gli stessi Magistrati della DDA di Palermo ritenendo i soggetti da me denunciati particolarmente pericolosi e ritenendomi quindi a rischio, hanno fatto richiesta urgente alla “Commissione Centrale per le speciali misure di prevenzione”: organo indipendente con sede a Roma, per inserirmi nel programma di speciale misura di protezione assieme ai miei stretti congiunti, n.q. “Testimone di Giustizia” quindi ho accettato e firmato il consenso con mia moglie e i miei figli siamo stati immediatamente trasferiti d’urgenza in una prima località segreta. Nei mesi trascorsi nelle varie “località protette” ho constatato l’inadeguatezza e la inutile farraginosità del sistema di protezione subendone personalmente le conseguenze io con i miei congiunti. Nel mio caso inoltre, paradossalmente, subito dopo il trasferimento nella prima località segreta, diversamente da quanto valutato e richiesto dai P.M. della DDA di Palermo, che avevano fatto istanza chiedendo il programma n.q. di testimone di giustizia, la Commissione Centrale di Roma invece non tenendo conto della richiesta dei riscontri e degli approfondimenti degli stessi PM di Palermo si è riunita e ha deliberato immotivatamente, arbitrariamente ed erroneamente che il mio “status” non doveva essere quello richiesto dai PM di Palermo e cioè “testimone di giustizia” ma bensì quello di “collaboratore di giustizia” non considerando nemmeno che la richiesta dei Magistrati era già stata controfirmata da me che accettavo il trasferimento e che già mi trovavo nella località segreta n.q. di “testimone di giustizia” Invece sorprendentemente la commissione centrale ha deliberato in pochissimo tempo inspiegabilmente e a mio avviso immotivatamente e arbitrariamente un nuovo “status” inserendomi nel programma di protezione come “collaboratore di giustizia”. Quindi la Commissione Centrale in pochi minuti ha sovvertito ciò che i Magistrati della DDA hanno invece stabilito dopo un anno di valutazioni e indagini basate sulle mie dichiarazioni spontanee a cui sono seguiti i relativi riscontri. Lo “Status” di collaboratore non mi rappresenta affatto offende la mia onorabilità e quindi mi danneggia immensamente. il collaboratore infatti a differenza del testimone si presuppone sia parte integrante dell’organigramma mafioso e nel momento in cui si pente si dissocia e collabora. Quindi certamente non è il mio caso, io non sono mai stato ne affiliato a cosa nostra ne ad altra associazione criminale e nemmeno è stata mai ipotizzata da alcuno una mia affiliazione, non ho mai tratto vantaggi dalla mafia e non ho mai fatto affari con mafiosi. (sono incensurato e non sono mai stato indagato non ho procedimenti in atto riguardo fatti di mafia) invece sono stato enormemente danneggiato dalla mafia. In seguito a questa immotivata non veritiera e dannosa delibera della commissione centrale non ho ricevuto mai ne mi è stata notificata ne contestualmente ne successivamente alcuna motivazione ne giustificazione che spiegasse tale illogica decisione da parte della commissione centrale e ancora oggi non ho ricevuto nessuna spiegazione. (Aggiungo anche che in questi anni ho subito danni enormi e continuo a subirne da soggetti da me denunciati). Conseguentemente alla delibera della commissione centrale ovviamente venivo trattato come un “collaboratore di giustizia” e quindi ovviamente ho rinunciato al programma di protezione così inadeguatamente e ingiustamente strutturato conscio di correre un rischio per la mia incolumità ma non tollerando più questa condizione ingiusta ho quindi deciso di rinunciare al programma e di rientrare con i miei familiari nella mia città dove sono ritornato ad essere un CITTADINO e TESTIMONE. Questa attribuzione di status errata, contrariamente a quanto forse auspicavano i mafiosi non è riuscita a demotivarmi o a scalfirmi anzi mi ha dato una motivazione maggiore e quindi ho continuato quanto già iniziato restando sempre a disposizione della Giustizia. presenziando e testimoniando personalmente ai relativi processi. Il paradosso della vicenda, però sta nel fatto che da quando sono rientrato a casa mia nella mia città nonostante il mio impegno e il mio contributo costante per la Giustizia e nonostante gli ulteriori danni subiti da questa interpretazione “errata”della commissione centrale. Nonostante io continui ad essere quindi un soggetto ancora a rischio Non ho più ricevuto dallo Stato alcun tipo di protezione o tutela per la sicurezza mia e dei miei congiunti.(sembra che la protezione possa essere concessa solo con il trasferimento in località segreta) A casa mia Non sono state installate nemmeno le videocamere collegate con la Polizia presso la mia abitazione, Non ho avuto assegnate scorte di alcun tipo, Non ho auto, ne blindate ne standard,(l’ultima auto che usavo abitualmente di proprietà di mia sorella e stata sfasciata a martellate da ignoti) ne nessuno ha mai pensato se io mia moglie e i miei figli riusciamo a sopravvivere oppure no. Oggi viviamo una condizione di isolamento TOTALE. Decidendo quindi di restare nella propria città nulla, inoltre io e miei familiari ora viviamo l’isolamento più totale e siamo esposti ad un doppio rischio: quello delle ritorsioni mafiose e quello dell’isolamento, con l’aggravante quindi di non potere lavorare, in quanto purtroppo la realtà Palermitana e ancora omertosa e la collettività paradossalmente prende le distanze da chi denuncia. Lo Stato quindi non garantendo e non proteggendo i cittadini che denunciano fa un danno enorme peggiorando la situazione esistenziale del testimone scoraggiando inoltre sempre di più tutta la comunità per il futuro, inviando quindi un messaggio sbagliato, negativo e distorto alla collettività facendo percepire una sorta di abbandono verso chi compie il proprio dovere e verso chi contribuisce alla lotta contro la mafia e le collusioni, rovinando la vita di chi denuncia e ai suoi familiari. Trovo aberrante ma chiaramente illuminante che in un paese come il nostro dove la priorità assoluta dovrebbe essere la lotta alla mafia e alla corruzione/collusione si disincentivi il cittadino a denunciare. c’è gente onesta che denuncia il malaffare e lo stato risponde… No non risponde affatto, demotivando e isolando abbandonando senza proteggere. inoltre devo aggiungere che durante i mesi trascorsi nelle località protette ho riflettuto su un concetto fondamentale: “fuggire è da perdenti” La lotta alla mafia teoricamente dovrebbe essere un obiettivo comune di tutte le forze politiche in parlamento. Da ciò dovrebbe discendere che chi a questa battaglia contribuisce, deve essere aiutato e protetto dallo Stato, in modo da essere un esempio positivo per gli altri. Al contrario Il fatto di essere trasferiti e costretti a rifarsi una vita, o abbandonati è invece l’esatto contrario di quanto dovrebbe essere. Chi denuncia quindi DEVE RESTARE. (lo Stato dovrebbe provvedere a rendere possibile una vita dignitosa nel proprio territorio proteggendo il testimone) In una situazione ideale, in un paese ideale chi dovrebbe andare via dovrebbe essere il mafioso, non il cittadino. È chiaro quindi che il fatto di essere trasferiti altrove, davanti alla comunità del proprio territorio non è un messaggio positivo. A mio avviso la norma così impostata porta nell’immaginario collettivo a vedere chi denuncia come un perdente, perché è lui quello che fugge. (E a maggior ragione se lo Stato non offre le adeguate protezioni nel territorio di origine) Il concetto di trasferimento è quindi sbagliato per due motivi: si dà un messaggio di vittoria per la mafia, e si distrugge ancora di più la vita a chi denuncia. Restando nella propria città il messaggio invece è devastante per loro, per i mafiosi. Quindi a maggior ragione io continuo e continuerò a lottare sempre per la Verità e la Giustizia. Ad ogni costo.

Io sono un testimone di giustizia;

successivamente a mie lunghe e articolate dichiarazioni ai Magistrati della DDA di Palermo  riguardanti soggetti mafiosi e altri soggetti collusi con la mafia, gli stessi Magistrati della DDA di Palermo ritenendo i soggetti da me denunciati particolarmente pericolosi e ritenendomi quindi a rischio, hanno fatto richiesta urgente alla “Commissione Centrale per le speciali misure di prevenzione”: organo indipendente con sede a Roma, per inserirmi nel programma di speciale misura di protezione assieme ai miei stretti congiunti, n.q. “Testimone di Giustizia” quindi ho accettato e firmato il consenso con mia moglie e i miei figli siamo stati immediatamente trasferiti d’urgenza in una prima località segreta.
Nei mesi trascorsi nelle varie “località protette” ho constatato l’inadeguatezza e la inutile farraginosità del sistema di protezione subendone personalmente le conseguenze io con i miei congiunti.
Nel mio caso inoltre, paradossalmente, subito dopo il trasferimento nella prima località segreta, diversamente da quanto valutato e richiesto dai P.M. della DDA di Palermo, che avevano fatto istanza chiedendo il programma n.q. di testimone di giustizia, la Commissione Centrale di Roma  invece non tenendo conto della richiesta dei riscontri e degli approfondimenti degli stessi PM di Palermo si è riunita e ha deliberato immotivatamente, arbitrariamente ed erroneamente che il mio “status” non doveva essere quello richiesto dai PM di Palermo e cioè “testimone di giustizia” ma bensì quello di “collaboratore di giustizia” non considerando nemmeno che  la richiesta dei Magistrati era già stata controfirmata da me che accettavo il trasferimento e che già mi trovavo nella località segreta  n.q. di “testimone di giustizia”
Invece sorprendentemente la commissione centrale ha deliberato in pochissimo tempo inspiegabilmente e a mio avviso immotivatamente e arbitrariamente un nuovo “status” inserendomi nel programma di protezione come “collaboratore di giustizia”.
Quindi la Commissione Centrale in pochi minuti ha sovvertito ciò che i  Magistrati della DDA hanno invece stabilito dopo un anno di valutazioni e indagini basate sulle mie dichiarazioni spontanee a cui sono seguiti i relativi riscontri.
Lo “Status” di collaboratore non mi rappresenta affatto offende la mia onorabilità e quindi mi danneggia immensamente.
il collaboratore infatti a differenza del testimone si presuppone sia parte integrante dell’organigramma mafioso e nel momento in cui si pente si dissocia e collabora.
Quindi certamente non è il mio caso, io non sono mai stato ne affiliato a cosa nostra ne ad altra associazione criminale e nemmeno è stata mai ipotizzata da alcuno una mia affiliazione, non ho mai tratto vantaggi dalla mafia e non ho mai fatto affari con mafiosi. (sono incensurato e non sono mai stato indagato non ho procedimenti in atto riguardo fatti di mafia) invece sono stato enormemente danneggiato dalla mafia.
In seguito a questa immotivata non veritiera e dannosa delibera della commissione centrale non ho ricevuto mai ne mi è stata notificata ne contestualmente ne successivamente alcuna motivazione ne giustificazione che spiegasse tale illogica decisione da parte della commissione centrale e ancora oggi non ho ricevuto nessuna spiegazione.
(Aggiungo anche che in questi anni ho subito danni enormi e continuo a subirne da soggetti da me denunciati).
Conseguentemente alla delibera della commissione centrale ovviamente venivo trattato come un “collaboratore di giustizia” e quindi
ovviamente ho rinunciato al programma di protezione così inadeguatamente e ingiustamente  strutturato conscio di correre un rischio per la mia incolumità ma non tollerando più questa condizione ingiusta ho quindi deciso di rinunciare al programma e di rientrare con i miei familiari nella mia città dove sono ritornato ad essere un CITTADINO  e TESTIMONE.
Questa attribuzione di status errata, contrariamente a quanto forse auspicavano i mafiosi non è riuscita a demotivarmi o a scalfirmi anzi mi ha dato una motivazione maggiore e quindi ho continuato quanto già iniziato restando sempre a disposizione della Giustizia. presenziando e testimoniando personalmente ai relativi processi.
Il paradosso della vicenda, però sta nel fatto che da quando sono rientrato a casa mia nella mia città nonostante il mio impegno e il mio contributo costante per la Giustizia e nonostante gli ulteriori danni subiti da questa interpretazione “errata”della commissione centrale.
Nonostante io continui ad essere quindi un soggetto ancora a rischio  Non ho più ricevuto dallo Stato alcun tipo di protezione o tutela per la sicurezza mia e dei miei congiunti.(sembra che la protezione possa essere concessa solo con il trasferimento in località segreta)
A casa mia Non sono state installate nemmeno le videocamere collegate con la Polizia presso la mia abitazione,
Non ho avuto assegnate scorte di alcun tipo,
Non ho auto, ne blindate ne standard,(l’ultima auto che usavo abitualmente di proprietà di mia sorella e stata  sfasciata  a martellate da ignoti) ne nessuno ha mai pensato se io mia moglie e i miei figli riusciamo a sopravvivere oppure no.
Oggi viviamo una condizione di isolamento TOTALE.
Decidendo quindi di restare nella propria città nulla, inoltre io e miei familiari ora viviamo l’isolamento più totale e siamo esposti ad un doppio rischio: quello delle ritorsioni mafiose e quello dell’isolamento, con l’aggravante quindi di non potere lavorare, in quanto purtroppo la realtà Palermitana e ancora omertosa e la collettività paradossalmente prende le distanze da chi denuncia.
Lo Stato quindi non garantendo e non proteggendo i cittadini che denunciano fa un danno enorme peggiorando la situazione esistenziale del testimone scoraggiando inoltre sempre di più tutta la comunità per il futuro, inviando quindi un messaggio sbagliato, negativo e distorto alla collettività facendo percepire una sorta di abbandono verso chi compie il proprio dovere e verso chi contribuisce alla lotta contro la mafia e le collusioni, rovinando la vita di chi denuncia e ai suoi familiari.
Trovo aberrante ma chiaramente illuminante che in un paese come il nostro dove la priorità assoluta dovrebbe essere la lotta alla mafia e alla corruzione/collusione si disincentivi il cittadino a denunciare.
c’è gente onesta che denuncia il malaffare e lo stato  risponde… No non risponde affatto, demotivando e isolando abbandonando senza proteggere.
inoltre devo aggiungere che durante i mesi trascorsi nelle località protette ho riflettuto su un concetto fondamentale: “fuggire è da perdenti”
La lotta alla mafia teoricamente dovrebbe essere un obiettivo comune di tutte le forze politiche in parlamento. Da ciò dovrebbe discendere che chi a questa battaglia contribuisce, deve essere aiutato e protetto dallo Stato, in modo da essere un esempio positivo per gli altri.
Al contrario Il fatto di essere trasferiti e costretti a rifarsi una vita, o abbandonati è invece l’esatto contrario di quanto dovrebbe essere. Chi denuncia quindi DEVE RESTARE. (lo Stato dovrebbe provvedere a rendere possibile una vita dignitosa nel proprio territorio proteggendo il testimone)
In una situazione ideale, in un paese ideale chi dovrebbe andare via dovrebbe essere il mafioso, non il cittadino. È chiaro quindi che il fatto di essere trasferiti altrove, davanti alla comunità del proprio territorio non è un messaggio positivo.
A mio avviso la norma così impostata porta nell’immaginario collettivo a vedere chi denuncia come un perdente, perché è lui quello che fugge.
(E a maggior ragione se lo Stato non offre le adeguate protezioni nel territorio di origine)
Il concetto di trasferimento è quindi sbagliato per due motivi: si dà un messaggio di vittoria per la mafia, e si distrugge ancora di più la vita a chi denuncia.
Restando nella propria città il messaggio invece è devastante per loro, per i mafiosi.

Quindi a maggior ragione io continuo e continuerò a lottare sempre per la Verità e la Giustizia.
Ad ogni costo.