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ATTENTI AL NORD.LE MAFIE LO STANNO OCCUPANDO. ADDIRITTURA CON “BANCHE ” PROPRIE. ATTENTI AI CAPITALI ED ALLE COLLUSIONI CON POLITICA ED ISTITUZIONI

 

Condannati i membri della “banca della camorra”, usura ai tavolini dei bar della Milano bene 

I “clienti” cui elargivano centinaia di migliaia di euro con interessi fino al 75 per cento, erano costruttori e ristoratori, che utilizzavano i prestiti per finanziare nuove attività

Nel video della Polizia, Fiorentino ripreso a sistemare il denaro in uno zaino sul tavolino di un bar all’aperto

All’aperto sulle panchine nelle belle giornate, o seduti ai tavolini di graziosi bar, davanti a centrifughe e caffè. Era nel cuore della Milano “bene” che svolgeva le sue attività la “banca della camorra”, fondata da Vincenzo Guida e Alberto Fiorentino, fino al 1996 membri dell’associazione camorrista Nuova Famiglia, condannati dal gup di Milano Gennaro Mastrangelo rispettivamente a 12 anni e 3 mesi di carcere e 8 mila euro di multa e a 10 anni e 8 mesi e 6 mila euro di multa.  

 

In piazza Risorgimento, un largo centrale a una decina di minuti a piedi dalle boutique di via Montenapoleone –si incontravano le due facce di Milano, quella dei “colletti bianchi” e quella, apparentemente meno adatta al contesto, delle mafie del sud. I “clienti”, d’altronde, a cui l’istituto di credito clandestino elargiva centinaia di migliaia di euro, con interessi fino al 75 per cento, erano costruttori e ristoratori, che utilizzavano i prestiti per finanziare nuove attività. Nell’udienza sono arrivate le condanne anche per Alfredo Montefusco a 6 anni di reclusione e 1.733 euro di multa e Filippo e Matteo Magnone a 4 anni e 10 mila euro di multa e a 2 anni e 2.200 euro di multa.  

 

Secondo l’accusa, è con la loro complicità che i profitti della banca parallela venivano poi “ripuliti” all’estero, soprattutto in Svizzera e in Ungheria, grazie anche a diversi prestanome. I primi arresti erano arrivati lo scorso novembre, con le accuse, contestate a vario titolo, di esercizio abusivo del credito aggravato dal cosiddetto “metodo mafioso”, di reimpiego di denaro di provenienza illecita, di riciclaggio con l’aggravante della trasnazionalità.  

 

Le telecamere dei poliziotti hanno ripreso Fiorentino intento a sistemare mazzette da centinaia di euro in uno zaino, appoggiato sul tavolino di un bar all’aperto. E le intercettazioni, strumento delle indagini coordinate dal pm Francesca Celle e dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, hanno portato alla luce un sistema fatto di favori e talvolta di minacce a chi non restituiva il denaro, con gli interessi, nei tempi stabiliti. Dai «Ti ammazzo»a «Vieniti a prendere un caffè», promemoria, nemmeno troppo eleganti, per i ritardatari, che alla fine, all’ombra della Madonnina, correvano a porre rimedio.