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Il carabiniere infiltrato, fermato quando scoprì i rapporti dei Casalesi anche con la sinistra (Rifondazione esclusa)

La Repubblica, Giovedì 28 Aprile 2016

Il carabiniere infiltrato, fermato quando scoprì i rapporti dei Casalesi anche con la sinistra (Rifondazione esclusa)

La storia. 20 anni fa il primo tentativo di usare agenti sotto copertura. L’ipotesi torna nella proposta al governo della commissione Gratteri, ora rilanciata da Davigo

di FABIO TONACCI

ROMA. Enzuccio, lo chiamavano. Era l’amico di tutti, in contatto con il clan di Michele Zagaria, coi politici campani, coi politici a Roma. Si presentava con il tesserino del consorzio Tav e una stretta di mano poderosa. “Sono l’ingegner Vincenzo Varricchio, sono venuto per trovare un accordo vantaggioso per entrambi…”. Questa la sua entrée, che portava dritto al nocciolo della questione, cioè tangenti e bustarelle. Ma quel ragazzotto alto non aveva mai lavorato per le ditte incaricate di stendere i binari dell’Alta Velocità nel territorio di Gomorra. Era un colonnello del Ros, che si chiama Vincenzo Paticchio: il primo – e finora unico – agente sotto copertura utilizzato in un’indagine sulla corruzione.

Era il 1996, e sembra ieri. Allora la questione degli infiltrati fu seppellita sotto una valanga di polemiche appena Paticchio, con le sue investigazioni, lambì Montecitorio e il centrosinistra. Adesso a Santa Maria Capua Vetere c’è un’inchiesta per corruzione e camorra, è coinvolto un esponente del centrosinistra (il presidente del Pd campano Graziano), ci sono di mezzo i casalesi di Zagaria. E i magistrati più influenti d’Italia tornano a ribadire che per vincere la lotta alla corruzione, gli infiltrati sono necessari.

Sul tavolo di Renzi giace da sedici mesi la proposta depositata dalla commissione guidata da Nicola Gratteri. Prevede l’utilizzo di 007 dell’Aise e dell’Aisi con licenza di proporre mazzette e tutelati nella loro identità anche di fronte a un giudice. Se venissero attuate, sarebbero novità clamorose.

Torniamo a quel primo esperimento di vent’anni fa. Un vicepresidente della Regione Campania in area Ccd, Rocco Fusco, finì sotto processo, e poi fu assolto. A Enzuccio, Fusco snocciolò una lista di politici “di destra e di sinistra, Rifondazione esclusa”, in qualche modo interessati agli appalti della Tav. Fu lo stesso Paticchio a raccontare che “tutti, sia i camorristi sia personaggi della Regione, pretendevano di fare la cresta pure sulle tangenti”. Fece anche i nomi, il colonnello: Bassolino, Mastella, Casini, Rastrelli erano i più importanti. Nessuno di loro è stato mai imputato per la Tav eppure l’indagine scatenò un putiferio per l’idea dell’allora vice-comandante del Ros Mario Mori di usare un infiltrato per scoprire chi si doveva “ungere” per far andare avanti i lavori. Dopo una sfilza di incontri arrivò a Michele Zagaria. Al cospetto del boss, si sentì dire che sulla Tav dovevano lavorare tutti, “le ditte nostre, e le ditte segnalate dai politici”. Funzionari pubblici gli spiegarono poi come andava tagliata la torta da 900 miliardi di lire dell’appalto: 6 per cento in tangenti, di cui 3 “al nostro Stato”, e 3 “all’altro Stato”.

Ci furono discussioni infuocate in Parlamento, si tirarono fuori manuali di diritto penale per dimostrare che Paticchio aveva commesso il reato di istigazione. Lo scontro salì di livello quando l’allora titolare del Viminale Giorgio Napolitano emanò un decreto nel 1998 col quale toglieva la centralità decisionale ai tre reparti scelti che avevano indagato sulla Tav, sui Ds, sulle coop rosse, su Riina: il Ros dei carabineri, lo Sco della Polizia, lo Scico della Finanza. “Quel che era nei progetti del governo di centrodestra viene deciso dal centrosinistra”, tuonò il magistrato Ilda Boccassini. “Stanno sottraendo ai pm gli strumenti effettivi dell’azione penale”.

Pochi giorni fa Piercamillo Davigo, neo presidente dell’Anm, è tornato a insistere sull’esigenza di avere agenti sotto copertura come strumento d’indagine sulla corruzione. Idea condivisa anche dal Csm e dal presidente Anac Raffaele Cantone, il quale ha specificato che non deve essere un agente provocatore, figura presente nell’ordinamento degli Stati Uniti ma vietata dal nostro. Il tema del rischio istigazione è dibattuto tra i giuristi.

Come scioglie questo nodo la commissione Gratteri? Propone di estendere ai reati economici contro la pubblica amministrazione la disciplina degli agenti sotto copertura prevista dalla legge 16 marzo 2006, modificandola così: “I reati di corruzione, concussione, induzione indebita, traffico di influenza si intendono integrati anche quando la richiesta, o l’offerta di denaro o altra utilità provenga dall’agente di copertura”. Non solo. Per selezionare gli infiltrati si può pescare nei ranghi dei servizi segreti. “È emersa l’esigenza di servirsi di “persone interposte” – si legge nella relazione finale – altamente specializzate e preparate al ruolo che dovranno assumere: carattere che va riconosciuto agli appartenenti ai servizi di informazioni e sicurezza”. Gli 007, appunto, che in questi casi – secondo la Commissione – dipenderebbero dall’ufficiale di polizia preposto alle investigazioni e potrebbero mantenere l’identità di copertura “anche di fronte al giudice”. Una proposta forte. Che al momento il governo non ha preso in considerazione.