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Usura ad Ercolano.Tre arresti.Coinvolto il fratello del vicesindaco

 

Giro d’usura a Ercolano: tre arresti. Ai domiciliari il fratello del vicesindaco scelto dal principe dei rottamatori

ERCOLANO – L’imprenditore Nicola Fiengo, titolare di una azienda per la lavorazione di pietra lavica, è una delle tre persone finite oggi ai domiciliari con l’accusa di usura. L’imprenditore è il fratello del vicesindaco del Comune di Ercolano (Napoli) Luigi Fiengo eletto nella scorsa tornata elettorale nelle liste del Centro Democratico e scelto da re dei rottamatori del Pd Ciro Buonajuto come numero due della sua squadra di governo cittadino.

Con Nicola Fiengo, sono stati arrestati dai carabinieri Ciro Di Buono, 51, barbiere, ed Antonio Lucarella, 75 anni, pregiudicato, di Ercolano. A Luigi Fiengo due settimane fa il sindaco, Ciro Buonajuto, ha conferito l’incarico di vice con deleghe ad Attività Sportive, Educazione allo Sport e Gemellaggi sportivi, Diffusione della pratica sportiva, Storia e Identità Cittadina, Servizi demografici e statistici, Politiche Veterinarie e tutela degli Animali. Nei confronti di Nicola Fiengo a gennaio nel 2014 fu sporta denuncia da parte di un imprenditore che, due anni prima, si era rivolto a lui per acquistare pietra lavica occorrente per i lavori di realizzazione della sua attività a Ercolano.

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In seguito ne nacque un rapporto di frequentazione: l’imprenditore, trovatosi in difficoltà economica, nel maggio 2013 chiese e ottenne un prestito da Fiengo di 40mila euro. Prestito che – secondo l’accusa – avrebbe dovuto restituire entro il settembre 2013 con pagamento della somma di 10mila euro a titolo di interessi. Nella circostanza, come garanzia, l’indagato si sarebbe fatto consegnare cinque assegni per un totale di 50mila euro. Ma l’imprenditore, non riuscendo a restituire il prestito e avendo bisogno di ulteriore denaro, propose a Fiengo – sempre secondo l’accusa – di entrare in società con lui. Non se ne fece nulla ma un mese dopo, ad ottobre, l’imprenditore vendette al Fiengo il terreno su cui insisteva l’attività per la somma di appena 50mila euro, a fronte di un valore stimato in 270mila.

L’imprenditore, sempre secondo l’accusa, fu anche costretto a cedere a Fiengo gratis due auto. Rifiutò di concederne altre, su sua richiesta, e trovò il coraggio di denunciare. Sulla vicenda il sindaco raggiunto al telefono dice: ”Mi auguro che la giustizia faccia il suo corso e vengano svolti tutti gli accertamenti su questa vicenda. In questo momento non è opportuno confondere la responsabilità penale, personale, e come tale con estendibile ad altri familiari, con quella politica di un componente della giunta. Di certo vi sono dei motivi di opportunità politica che mi riservo di valutare con l’assessore”.