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Comunicato ufficiale Associazione Caponnetto sul “voto di scambio” nelle elezioni regionali in Campania.L’Associazione invita gli inquirenti a dar inizio ad indagini induttive per individuarne la “provenienza”

Roma, 29 giugno 2015

 

comunicato stampa

 

L’ANALISI DELLA ASSOCIAZIONE CAPONNETTO SUL VOTO DI SCAMBIO IN CAMPANIA ALLE REGIONALI 2015 E I CONDIZIONAMENTI CAMORRISTICI.

LA RICHIESTA AGLI INQUIRENTI DI ACCERTAMENTI INDUTTIVI SULLA PROVENIENZA DELLE MASSE DI VOTI

L’Associazione Antimafia Antonino Caponnetto ha approvato un documento nel quale vengono analizzati alcuni fattori di rischio relativi al voto del 31 maggio scorso per il rinnovo del consiglio regionale in Campania. Nel documento, frutto di attenta disamina di candidature ed elezioni, con masse impressionanti di preferenze convogliate su taluni personaggi per lo più sconosciuti all’opinione pubblica, si tiene fra l’altro conto delle segnalazioni pervenute sulle possibilità di voto di scambio e condizionamenti camorristici.

Al documento è allegata un’appendice, tuttora in corso di ulteriori elaborazioni ed analisi, nella quale vengono indicati anche nomi e territori particolarmente indicativi del rischio sopra esposto.

Alla luce dei primi risultati raggiunti, l’Associazione intende rendere noti gli elementi portanti e generali dell’analisi effettuata e chiede alle Autorità inquirenti – già al lavoro sulle medesime ipotesi, come si è appreso dalla stampa – di considerare la possibilità di avviare indagini anche di carattere induttivo sulle tante zone d’ombra che potrebbero condizionare, per i prossimi 5 anni, la gestione della cosa pubblica nel principale centro di spesa dei fondi statali ed europei: la Regione Campania.

Qui di seguito i punti principali del documento elaborato dalla Caponnetto.

 

In Campania alle ultime regionali ha votato appena il 52,9 per cento degli aventi diritto.

Il dato sull’astensionismo, che altrove indica prevalentemente protesta e disaffezione dei cittadini verso la classe politica, in Campania risulta particolarmente favorevole alle “macchine del voto”, sempre all’opera anche a cavallo tra una tornata elettorale e l’altra. Infatti, con un dato di astensionismo così elevato, risulta ovviamente più semplice ottenere i risultati “desiderati”, potendo contare su una platea di elettori che, già abilmente preparata in precedenza, non deve poi fare i conti con un altro 50% circa di votanti secondo la propria libera opinione.

Paradossalmente la presenza di una forte componente del voto di opinione a favore del M5S ha ulteriormente favorito tale fenomeno, perché ha convogliato verso di sé anche il voto di protesta, lasciando così praticamente “sola” al voto la componente elettorale preconfezionata.

Tale ultima componente – quella, come abbiamo visto, numericamente predominante – risente di un duplice tipo di condizionamento.

 

Una quota è infatti quella tradizionalmente legata al “voto di scambio per bisogno”, secondo il vecchio metodo laurino – e poi democristiano – alla Mister Centomila: sottrarre apriori i diritti e poi elargirli come favori in cambio del voto (lavoro, casa, giustizia, salute, etc.). Lavorano su questo terreno abili comitati post-democristiani, ciascuno dei quali esprime un candidato, chiamato poi a rendere conto di voti, stipendi e benefit ricevuti, operando e legiferando secondo le richieste dei comitati.

Più pericolosa – ma non meno attiva ed imponente – è la componente che opera lungo il crinale del voto di scambio politico-mafioso. Il metodo resta lo stesso, ma rafforzato dal potere di intimidazione e da consegne del silenzio inflessibili. In tal caso gli eletti, diretti rappresentanti di questo o quel clan (talvolta di intere alleanze mafiose) dovranno poi agire, nel corso del loro mandato, favorendo i loro “grandi elettori” con leggi ad hoc, interrogazioni parlamentari, delibere, corsie preferenziali nei concorsi, assunzioni di personale, etc.

Questa seconda tipologia, già collaudata in maniera ferrea nei piccoli e medi comuni fin dagli anni ’80 (spesso quelli che saranno poi sciolti per mafia), domina ormai la scena anche in occasione del voto per il rinnovo della Regione, principale ed unico centro di spesa pubblica che gestisce i flussi miliardari in arrivo dall’Europa.

Le due tipologie del voto di scambio illustrate, peraltro, non conoscono una netta separazione, ma spesso percorsi comuni, caratterizzati da comitati e candidati contigui ad entrambi i sistemi.

Difficile, poi, stabilire ed indicare con precisione le influenze mafiose sul voto del 31 maggio, fino a quando non saranno avviate o rese note indagini che dovrebbero – alla luce delle precedenti considerazioni, a tutti note e condivise – basarsi anche su accertamenti di tipo induttivo. Gli inquirenti dovrebbero insomma chiedere conto, ad un candidato che ha riportato per esempio oltre 20.000 voti in Campania, della provenienza di quelle preferenze.

 

Al momento in Campania risulta – attraverso la stampa – che siano stati aperti due filoni d’indagine sul voto di scambio politico mafioso. Tuttavia, a quanto si legge, riguarderebbero casi isolati e circoscritti, non l’intero fenomeno.

 

Possiamo pertanto limitarci ad indicare alcune elezioni “a rischio” in base ad indagini pregresse della magistratura sulle singole persone. Fermo restando che in un Paese nel quale, con migliaia di imprese oneste che finiscono finite sul lastrico per mancanza di commesse, numerosi enti pubblici continuano ad appaltare forniture di servizi a ditte colpite da interdittiva antimafia.

 

Resta il fatto, infine, che masse enormi di voti vengono dirottate su candidati eletti che risultano totalmente sconosciuti al 100% della popolazione.

 

 

Ufficio stampa Associazione Antimafia Caponnetto

 

contatti: 347 0515527 – 347.3615263  https://www.comitato-antimafia-lt.org/