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Lettera aperta al Procuratore Aggiunto di Roma Prestipino.

Caro Procuratore,é quasi tutto il sistema politico-istituzionale romano e laziale ad essere mafioso,Quando leggiamo,da Roma,da Latina e dalle altre province del Lazio, sui giornali,sui siti web,su Facebook ecc.articoli e dichiarazioni  che negano o,comunque,minimizzano il radicamento mafioso,ci domandiamo se non sia mafioso soprattutto il popolo che ha votato questa gentaglia.Altro che solo coloro che mangiano con la mafia !!!!!!!!!!!
E i primi mafiosi sono ,purtroppo,coloro che,pur facendo finta di gridare nelle piazze contro la mafia,in sostanza non fanno nulla di concreto per combatterla,non collaborando con voi magistrati nel segnalare,nel denunciare,nomi e cognomi.Questa é la triste realtà a Roma,come nel resto del Lazio.A Latina si é addirittura gridato ,chiamandoli “ pezzi deviati dello Stato “,contro l’unico Prefetto che ha avuto il coraggio ,insieme ai membri della Commissione di accesso al Comune di Fondi,di indagare sulla mafia.E nessuno li ha difesi!!!!!!!!!!!!!!!!……………………

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Pm Prestipino: c’è un pezzo di società che mangia sulla mafia

19 giugno 2015

Michele Prestipino (Imagoeconomica)Michele Prestipino (Imagoeconomica)

«Chi cerca di minimizzare Mafia Capitale è in malafede per convenienza: tutto questo è inaccettabile. La mafia a Roma non l’abbiamo certo scoperta oggi». Usa toni forti Michele Prestipino, procuratore aggiunto a Roma, parlando dell’inchiesta che fa tremare il Campidoglio. Fa sentire alta la sua voce da Trame.5, festival dei libri sulle mafie, in corso a Lamezia Terme fino al 21 giugno.

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Mi sconcerta lo stupore di chi sembra accorgersi solo ora della Mafia romana
Il magistrato, coordinatore del pool di magistrati che si occupano dell’inchiesta Mafia Capitale, non è entrato nel merito dell’indagine e delle polemiche sulle dimissioni di Marino. «Mi sconcerta lo stupore di chi sembra accorgersi solo ora della presenza della mafia nella Capitale – ha detto il magistrato -, qualcuno sembra aver dimenticato che a Roma, sin dagli anni ’70, è stata presente la banda della Magliana, i cui rapporti con Cosa nostra sono stati dimostrati. C’è perfino una sentenza che condanna alcuni affiliati alla banda della Magliana per associazione mafiosa. Non è un caso, dunque, che Massimo Carminati, uno dei protagonisti della nostra inchiesta, provenga proprio da quel passato criminale. Inoltre, in tempi più recenti, numerosi tribunali del Lazio hanno comminato pesanti condanne, peraltro già passate in giudicato, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso».

Chi fa finta di non capire è in malafede
Roma, aggiunge il magistrato, « non è Reggio Calabria né Palermo, ma paradossalmente è più semplice prendere le distanze dalla mafia e dai mafiosi in Calabria e in Sicilia, dove di mafia si parla da decenni, piuttosto che ai Parioli. Capisco che è difficile accettare di convivere con la mafia sullo stesso pianerottolo, ma chi a Roma fa finta di non capire è in perfetta malafede». Per il coordinatore del pool di magistrati di Mafia Capitale c’è «una sorta di ritrosia culturale ad ammettere la presenza della mafia». Per Prestipino non è ammissibile «questo atteggiamento di negare quello che è stato già riconosciuto. Tutti sono d’accordo dal prendere le distanze dalla criminalità comune. La mafia invece è qualcosa di più coinvolgente e avvolgente perché se io faccio l’attività di impresa sotto l’ombrello protettivo di qualcuno, vinco più gare di quello che invece sta sul mercato secondo le regole. Il problema è questo: c’è un pezzo di società che con la mafia ci mangia».