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L’Italia prima nazione in Europa per corruzione.Così andiamo a sbattere !!!!!!!!!!!

Corruzione, come faremo a batterla se rimaniamo in coma civico?

Simone Cosimi

marzo 26, 2015

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La corruzione percepita. Non ci bastava la presunta leadership in quella vera, concreta, che sottrae risorse e civiltà alla comunità. D’altronde su quest’ultima si susseguono presunte stime, bufalicchie e valutazioni da prendere con le molle: una su tutte, i famosi 60 miliardi di euro che girano da anni, almeno dal 2004, ingannando un po’ chiunque, dalla Commissione Europea al Washington Post. Ma è un’altra storia.

Secondo il rapporto dell’Ocse Curbing corruption, a sua volta basato su uno studio Gallup, l’Italia si piazzerebbe al primo posto fra i 34 membri dell’organizzazione parigina quanto appunto a percezione della corruzione nelle istituzioni governative e locali.

L’incidenza sarebbe del 90%: in sostanza per nove italiani su dieci l’amministrazione nostrana è in buona misura territorio di stabile ricorso al variegato universo degli atti corruttivi, dalla concussione alle mazzette sonanti fino alle consulenze fasulle. Della serie: è così, che ci vuoi fare. Precediamo l’usuale pattuglia sud europea composta da Portogallo, Grecia e Spagna con l’eccezione della Slovenia: tutti si muovono fra l’80 e il 90%.

Dalla parte opposta – come ti sbagli – la Svezia, in cui quell’indice scende al 15% e la fiducia nel governo in quanto istituzione si muove intorno al 55% (in Italia è al 30%, male ma non malissimo dice l’indagine). Quel che ne esce è insomma il fatto che in parallelo all’emorragia di risorse e servizi che questi fenomeni si portano dietro – diroccando l’offerta alla popolazione, che non a caso paga sempre più tasse per foraggiare il sistema – si approfondisce la delegittimazione dell’apparato dello Stato. Lo conferma l’Ocse, secondo cui c’è una “forte relazione” tra la corruzione percepita e la fiducia nel governo.

Insomma, stando a questi numeri siamo in coma civico profondo. Nel senso che rialziamo appena lo sguardo, mirando di sottecchi lo spesso anonimo doppiopetto di turno, quando la magistratura e la stampa scoperchiano l’ennesimo caso, l’ennesima indagine che durerà anni e di cui (giustamente, perché è sempre l’aspetto simbolico che esplode per primo) non riusciamo proprio a mandare giù Rolex e posti di lavoro trovati in un batter d’occhio.

Salvo poi rinunciare a capire bene come funzionasse quel singolo meccanismo, da dove passasse il fiume di denaro che veniva dalle nostre tasche, quali danni abbia provocato o continuerà a produrre per decenni: la corruzione è quel classico atteggiamento più facile da mettere in pratica che da spiegare e capire. Lo si impara facendolo o patendolo. Altrimenti, e in fondo, chissenefrega tanto sono tutti uguali.

E infatti quel tema riguarda tutti, nessuno escluso. Certo, i grand commis di Stato, i ministri, i “politici”, manager e relativi scudieri se ne macchiano in dimensioni e frequenza ormai insostenibile. Non c’è giorno che passi senza una piccola-grande indagine, un suo sviluppo o un nuovo filone dalle direzioni più arzigogolate, dalle Asl alle più surreali poltrone di Stato, perché la corruzione è un serpente. Dico che riguarda tutti perché da una parte le cronache dimostrano da anni che nessuno ne è immune, dall’ultimo vigile di provincia al primo ministro. Questo lo sappiamo fin troppo bene.

Ma anche perché, a leggere quei dati, viene da chiedersi cosa abbiamo fatto per tentare di risvegliarci da quel coma civico. Ecco perché non era il momento di distribuire una serie tv come 1992: non si fanno prodotti sull’attualità. Non si scrive la Storia su quello che continua ad accadere, non si ricuce un corpo martoriato prima che il male ne sia stato estirpato. Ciò a cui non abbiamo voluto dare una risposta. Il rischio? Il solito: disinnescare il tema, riportandolo a un semplicismo televisivo che non possiamo permetterci.

Non può insomma essere tutta una fiction, per quanto figa. Dobbiamo smetterla di interessarci ai temi solo quando, vedi Gomorra, ci intrattengono. Quando possiamo innamorarci di un personaggio dimenticando che fuori dallo schermo non vorremmo mai dividerci il tavolo e scambiando l’intrattenimento per il deperimento. Per il ritratto della nostra stessa decadenza. La nostra Storia non può essere un passatempo da divano, per quanto di spessore, ben fatto o chissà quali altri giudizi da critici improvvisati (?). La corruzione ha insomma bisogno di un surplus d’impegno che – protetti dal rinomato cinismo tricolore – abbiamo smesso perfino di concepire. Diventando così tutti un po’ collusi.

Da questo, e soltanto da questo disinteresse, da quest’analfabetismo nel vivere comune di un’opinione pubblica senza strumenti, è emersa in questi vent’anni abbondanti la centralità della magistratura. Dall’assenza di politica, non della politica. Di politici ne abbiamo avuti e continuiamo ad averne fin troppi: in Italia si verifica probabilmente il peggior rapporto costi-benefici del pianeta Terra. Di partecipazione ai problemi di tutti, a dirla tutta, ne abbiamo vista assai poca. E soprattutto di conseguenti atteggiamenti: la richiesta di trasparenza, per esempio, non parte solo dagli open data. Parte dagli scontrini al bar, dalla fattura all’artigiano, da una richiesta di chiarimento a un ufficio pubblico. E poi – dopo, o almeno in parallelo – s’innalza alle proposte che tutti conosciamo: meno burocrazia, Pa trasparente e trapiantata al 21esimo secolo, pene severissime, approvate senza i teatrini di questi giorni e di sempre, e soprattutto applicate.

Ma prima vengono una domanda, un dubbio, una spiegazione pretesa, un’indignazione che duri più del tempo di un retweet. La voglia di vivere al 100% la propria vita in un Paese che chieda e restituisca il giusto.

Prima, insomma, viene riaprire gli occhi da quel coma, o staccarli dall’ennesima saga infrasettimanale troppo facile da raccontarsi, per capire – nella nostra vita quotidiana, anzi nella nostra percezione, come dice l’Ocse – da dove arriva quella puzza. E proteggere, insieme ai nostri soldi, ai soldi di molti ma non di tutti, la nostra dignità.