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ASL Viterbo.

Asl – Appalti informatici – L’ex dg dovrà pagare 115mila euro, cifre
inferiori per gli altri – Sentenza fotocopia di quella di primo grado
Corte dei conti, Aloisio & c. condannati in
appello
di Stefania Moretti

Viterbo – Dovranno pagare. Solo la Cassazione
può salvarli. Altrimenti gli appalti informatici
all’Italbyte costeranno cari a parte dell’ex
dirigenza Asl, targata Aloisio.
La mannaia della Corte dei conti è tornata in
appello, con una sentenza implacabile nelle sue
motivazioni, che non sposta di una virgola le
condanne in primo grado.
115mila 680 euro l’ex dg Giuseppe Aloisio.
96mila 240 euro l’ex direttore amministrativo
Alfredo Tognarini. 49mila 210 euro Andrea
Bianchini (direttore dell’unità operativa
complessa approvvigionamento e logistica) e
Anselmo Chiricotto (funzionario responsabile
del procedimento). 2mila e 400 euro il
presidente del collegio dei revisori dei conti
Claudio Ubertini.
Tanto dovranno versare gli imputati per il danno
erariale da 600mila euro causato
dall’affidamento di forniture informatiche dalla
Asl all’Italbyte. E’ solo uno dei tanti appalti finiti
negli anni anche sotto la lente dei pm di Viterbo
Fabrizio Tucci e Stefano D’Arma. Assistenza full
risk su hardware e software ai computer della
Asl. Una fornitura triennale da oltre 768mila
euro, tra il 2004 e il 2007, rinnovata con una
nuova delibera fino al 2010. Risparmio: 666mila
euro, se solo fosse stata indetta una gara a
evidenza pubblica. Ancora di più, con le
convenzioni Consip.
Pazienza. Gli imputati hanno scelto la trattativa
privata. Ne pagheranno le conseguenze. A meno
che non vada in porto l’operazione ricorso in
Cassazione, per motivi formali.
I giudici d’appello si sono mossi nel solco
tracciato dai colleghi di primo grado. “Ampiamente violate” sarebbero “le regole dell’evidenza
pubblica”. Ma anche “quelle sulla trattativa privata, che richiede comunque almeno una gara
informale sia pure con un limitato numero di imprese”.
Niente di tutto ciò. E a poco serve gettare la croce su altri imputati del maxiprocesso penale
viterbese o fare gli scaricabarili. I magistrati contabili lo dicono a chiare lettere all’avvocato di

Giuseppe Maria Aloisio

Andrea Bianchini

Claudio Ubertini

Aloisio, Alessandro Diddi, definendo le sue affermazioni “quantomeno singolari”. Secondo il
collegio dei giudici, come si legge nelle motivazioni, “non può sfuggire al dg la violazione
delle norme sull’evidenza pubblica, essendo egli responsabile dell’andamento gestionale
complessivo dell’azienda di cui gli è stata affidata la direzione generale”. Aloisio, in parole
povere, era un manager. “Quasi un imprenditore”. ”Non poteva, non doveva sfuggire al
direttore generale – e agli altri, ciascuno per le proprie competenze – l’illegittimità delle
procedure”.
Se per la difesa la carente preparazione giuridica di Aloisio è una scusante, per i giudici è la
sua peggiore mancanza. “Non si poteva dire meglio in ordine alla responsabilità in capo al
dg”, continuano le motivazioni. “L’affermazione che il dottor Aloisio, in quanto medico, era a
digiuno di conoscenze giuridiche vale affermazione di colpa grave, per avere l’Aloisio assunto
consapevolmente il compimento di un’attività per la quale non possedeva la necessaria
esperienza e preparazione”.
Confermata l’assoluzione dell’ex direttore sanitario Alessandro Compagnoni e delle altre
posizioni per prescrizione (Bruno Cisbani, ex dg; Antonio Della Gatta, ex direttore
amministrativo; Claudio Caruso, ex presidente del collegio dei revisori dei conti).
“In appello avremo ampi margini di difesa”, dichiarava l’avvocato Diddi ai tempi della
pronuncia di primo grado. Niente da fare: “Gli appelli devono essere respinti – conclude il
collegio – e la sentenza impugnata dev’essere integralmente confermata”.
Stefania Moretti