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L’assedio delle mafie (di Enzo Trani)

Quando il malaffare inquina la politica.
L’assedio mafioso a Fondi e dintorni

di Vincenzo Trani

“Fatti, non parole”. Nessun altro titolo avrebbe potuto meglio qualificare il fecondo dibattito, alieno dalle retoriche d’occasione, svoltosi al convegno organizzato dall’Associazione Antimafia Antonino Caponnetto a Fondi lo scorso 19 settembre. I fatti, dunque, sorpresi nella loro nuda evidenza e reale consistenza. Ma a quali fatti dovremmo rivolgere l’attenzione, visto che il solo fatto reale cui si può far riferimento oggi è la guerra in atto tra due essenziali poteri nella nostra Repubblica? Gli attacchi incessanti mossi alla magistratura da parte della politica sono ormai sotto gli occhi di tutti, sicché non manca mai l’occasione per delegittimare il lavoro di questo o quel magistrato che concentri la sua attenzione sul pantano nel quale certa politica continua a sguazzare, troppo spesso in collusione con la malavita organizzata.
A partire dagli anni di tangentopoli, la magistratura del nostro Paese si è trovata con qualsiasi governo, legittimato o meno che fosse dal voto popolare, a sottostare alle paralizzanti interferenze delle burocrazie, piuttosto che a perseguire con mezzi adeguati e con pene davvero deterrenti gli autori dei reati legati alla pubblica amministrazione, al falso in bilancio, all’arricchimento indebito, all’associazione di stampo mafioso. Ogni maggioranza che s’è avvicendata al governo non ha mancato di annunciare tra le riforme necessarie e irrinunciabili quella della magistratura; lo ha sempre fatto, peraltro, ricorrendo a slogan urlati più o meno platealmente, senza che ad essi si desse mai seguito col fornire ai magistrati gli strumenti idonei al più efficace svolgimento del loro lavoro. Partendo dalla demonizzazione delle intercettazioni telefoniche, e passando per un esame ipercritico delle carriere dei magistrati, si è da ultimo arrivati alla messa in discussione della durata delle loro ferie. Tutto ciò dopo aver ridotto ai minimi termini i tempi di prescrizione dei reati, ed aver praticamente annullato il reato di falso in bilancio. Si è arrivati addirittura alle sconce ed eversive esibizioni di ministri della giustizia che hanno partecipato ostentatamente ad oscene proteste nei tribunali contro sentenze definitive pronunciate in danno dei leader politici di riferimento. Altro che volontà di combattere la mafia e la malavita organizzata!
Accade così che nel Paese che gode del privilegio di avere la Costituzione forse più completa e moderna – molti dicono “la più bella del mondo” – ci si appresta a modificarla con pratiche truffaldine prodotte da un Parlamento di nominati non eletti dal popolo, dove bivaccano in gran numero pregiudicati per gravi reati contro la pubblica amministrazione. Si tratta del medesimo parlamento che da ultimo ha inscenato l’indecoroso e avvilente spettacolo di estenuanti rinvii, di miserabili ricatti e meschine ripicche, in occasione delle tribolate votazioni per l’elezione dei rappresentanti nel Consiglio Superiore della Magistratura e nella Corte Costituzionale. È, ancora, quel parlamento che tarda a far luce sulle presunte trattative tra mafia e rappresentanti dello stato avvenute negli anni Novanta. Gli stessi anni in cui un criminale camorrista certificato come Carmine Schiavone rilasciava le sue allarmanti dichiarazioni sull’avvelenamento delle nostre campagne con l’interramento di rifiuti tossici pericolosissimi che avrebbero seminato morte negli anni avvenire. Dopo tali inquietanti rivelazioni qualsiasi padre di famiglia si sarebbe preoccupato di mettere in salvo i propri figli e le proprie famiglie; non è stato così per i politici italiani, che hanno pensato bene di segretare quelle dichiarazioni senza sottoporle ad alcuna verifica, senza mettere in sicurezza la popolazione.
Intanto a Borgo Montello veniva assassinato un prete ultraottantenne. Don Cesare Boschin veniva trovato morto massacrato di botte, incaprettato e soffocato dalla propria dentiera: aveva osato lanciare l’allarme sugli innumerevoli viaggi notturni di camion diretti alla discarica di Borgo Montello. La morte del sacerdote grida ancora vendetta, soprattutto perché la sua vicenda venne considerata alla stregua d’un caso di pedofilia e rapina; purtroppo nessuno è riuscito mai a ridare dignità nemmeno alla sua memoria. Al contrario, tutti sono pronti a inscenare ipocritamente iniziative in memoria di magistrati, giornalisti e preti vittime della mafia, che sono soprattutto vittime dell’isolamento da parte delle Istituzioni.
Tra l’indifferenza generale si rinvia indefinitamente la nomina del procuratore generale antimafia di Palermo, mentre Riina in carcere può continuare a lanciare i suoi terribili editti di morte nei confronti di magistrati che combattono la mafia con alto senso dello Stato e del dovere. Troppi sono i silenzi colpevoli, grande è l’indifferenza di un’opinione pubblica dotata di scarsa memoria storica, troppi sono gli intrecci tra una malavita efficiente e ben organizzata e la pratica politica cinica e meschina d’una pletora di burocrati lestofanti pronti a sporcarsi nella marmellata del potere. Quella stessa marmellata della quale nella nostra provincia di Latina si sono ingozzati insudiciandosi tanti avventurieri della politica, al punto che sembra ormai arduo distinguere il bene dal male, il lercio dal pulito.
Appare allora evidente come la recente sentenza della Cassazione pronunciata sul cosiddetto “caso Fondi” non possa di certo esser considerata esaustiva, nelle sue determinazioni, riguardo a quanto accade ormai da un ventennio su tutto il territorio provinciale. Come si fa infatti ad accettare l’erogazione di condanne definitive per aver influenzato le scelte del palazzo comunale di Fondi senza che, per le dovute conseguenze logiche e di fatto, sia stato colpito almeno un politico locale o un dirigente comunale? Sono dubbi che difficilmente troveranno risposte. Allo stesso modo non s’è mai voluto far chiarezza sulle gravi affermazioni dell’allora presidente della provincia pontina, l’ineffabile Armando Cusani, che dichiarò che “pezzi deviati dello stato” condizionavano il caso Fondi. Sono troppi gli intrecci tra servizi deviati, politici influenti e delinquenza d’alto rango che hanno permeato gran parte del tessuto politico istituzionale dell’intera provincia: non solo del comune di Fondi, come qualche interessato interprete d’un vieto ed insulso negazionismo vorrebbe far intendere.
La politica ha di fatto e quasi irreversibilmente ceduto alle lusinghe del malaffare e della delinquenza. L’appetito smodato e il gusto dissennato per il potere hanno purtroppo lasciato campo libero a una malavita organizzata che ha saputo investire capitali ingenti in tutto il territorio provinciale di Latina. Così che non fa troppo scandalo, sembrando quasi normale, il fatto che a poche centinaia di metri dalla caserma dei Carabinieri di Sperlonga sia nato un quartiere che la gente locale definisce “dei casalesi”. Come pure passa nell’indifferenza quasi generale che il sindaco d’una città importante come Formia sia stato riluttante a cacciar via un discusso personaggio per “sistemare” il quale s’era addirittura inventata la stravagante posizione di cerimoniere comunale pur di averlo come alleato, trascurando i presunti malaffari di cui questi è accusato. E che dire poi di Terracina? Malgrado la bancarotta delle casse comunali, i cittadini hanno dimenticato prestissimo il suicidio d’un segretario comunale, come pure l’omicidio d’un noto camorrista assassinato in piena estate in un affollatissimo centro balneare. Tutto ciò accadeva e continua ad accadere mentre i maggiori e più qualificati rappresentanti politici dell’intera provincia di Latina negavano, e contro ogni evidenza continuano a negare, la pervasiva presenza della malavita organizzata nel territorio.
Non potendo trattenere un moto di disgusto di fronte all’inerzia ed al generale ottundimento delle facoltà critiche e delle capacità di reazione dell’opinione pubblica, ci risulta oggi difficile sperare nella rinascita d’una cittadinanza attiva e civilmente impegnata. Resterebbe allora poco da dire sui fatti che realmente potrebbero efficacemente contrastare le mafie, se è vero che a fronte di tanti misfatti che rivelano il malessere d’una comunità occorrono – come si diceva all’inizio – fatti e non parole. Ma vogliamo comunque e nonostante tutto sperare che fatti reali corrispondenti a comportamenti orientati da integrità e giustizia possano, a dispetto d’ogni pessimismo, giungere a positivo sostegno della magistratura operosa e delle forze dell’ordine sane. Se davvero si ha ragione di credere che ci sia ancora qualcosa di sano nel nostro Paese.