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Importante sentenza del Consiglio di Stato per i Testimoni di Giustizia

Testimoni di giustizia: l’assegno di mantenimento si calcola sul precedente tenore di vita

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I testimoni di giustizia hanno diritto allo stesso tenore di vita che avevano prima di entrare nel programma di protezione.

Buone notizie per i testimoni di giustizia: il Consiglio di Stato, con una recente sentenza, ha ribadito che i testimoni di giustizia hanno diritto a mantenere il tenore di vita che avevano prima di entrare nel programma di protezione [1]. Ciò vuol dire che lo Stato deve erogare loro un contributo mensile non inferiore a quanto i testimoni guadagnavano con la loro attività lavorativa.

Il testimone di giustizia, a causa della scelta di collaborare con lo Stato, è costretto a cambiare identità, spostarsi in una località protetta, lasciare il lavoro e i suoi beni per ricominciare da un’altra parte. Per tali motivi, la legge gli riconosce una serie di misure assistenziali come l’alloggio, l’assistenza sanitaria, l’assistenza legale, le spese relative ai trasferimenti e soprattutto il mantenimento [2]. Quest’ultimo viene corrisposto tramite un assegno mensile [3] che deve consentire al testimone un tenore di vita non inferiore a quello condotto prima dell’ingresso nel programma di protezione [4], da erogare fino a quando non sarà riacquistata la possibilità di avere un reddito proprio.

L’assegno di mantenimento dei testimoni di giustizia deve essere parametrato sulla base delle entrate pregresse e non ha un limite preciso. Al contrario, tale limite sussiste per i collaboratori di giustizia, più comunemente detti “pentiti”, il cui mantenimento mensile non può superare più di 5 volte il valore dell’assegno sociale [5].

“Lo Stato è vicino ai testimoni di giustizia” o almeno così dice per bocca dell’Onorevole Filippo Bubbico, vice Ministro dell’Interno. Per quanto le affermazioni di tal fatta siano all’ordine del giorno, ad esse di rado seguono i fatti e i testimoni si trovano a lottare anche contro lo Stato, che stenta a riconoscere loro quei diritti che gli spetterebbero per legge. Ecco perché, in questo contesto, la sentenza del Consiglio di Stato in commento assume grande importanza.

Eppure il testimone di giustizia, per aver scelto la strada del coraggio, paga un prezzo altissimo, con la criminalità organizzata alla ricerca di vendetta e uno Stato che non gli si pone al fianco ma, al contrario, sembra esserne la controparte.

Questo accade, probabilmente, perché il testimone di giustizia è considerato un collaboratore “di serie B”, rispetto al cosiddetto “pentito”. Il testimone di giustizia – lo si ricorda – è un soggetto che è stato vittima o ha assistito ad un crimine e ha deciso di testimoniare; pertanto può riferire alle autorità su un’unica vicenda. Il pentito, invece, è un criminale che ha deciso di collaborare con la giustizia (per convenienza o per un ravvedimento personale), un soggetto che ha fatto parte di una associazione a delinquere e che, proprio per questo, è una miniera di informazioni: può riferire del mondo criminale su più fronti, avendolo vissuto dal di dentro. Il pentito, in estrema sintesi, ha un maggiore potere contrattuale.

L’assegno di mantenimento
Nei confronti del testimone di giustizia è previsto un trattamento differenziato e più favorevole rispetto al collaboratore di giustizia, stante il concorso delle misure di assistenza concesse al mantenimento del precedente tenore di vita. Ciò si riflette, in via residuale, sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento. Per detto assegno è fissato in via forfetaria con riguardo ai soli collaboratori di giustizia il limite massimo in cinque volte l’ammontare dell’assegno sociale. Detto limite, invece, non trova applicazione nei confronti dei testimoni di giustizia che godono della guarentigia del mantenimento del pregresso tenore di vita.

Le modalità di calcolo
Il flusso reddituale che si riflette sul tenore di vita va determinato non sulla base del reddito imponibile, ma al netto del debito di imposta. In tal modo si individuano le somme effettivamente disponibili per soddisfare le esigenze di vita del testimone di giustizia e relativi familiari inclusi nel programma. L’importo preciso va calcolato con il monitoraggio spalmato in un lungo periodo. In modo tale che lo stesso si configuri idoneo a fotografare, con maggior grado di aderenza alla realtà, la condizione economica del testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare agli effetti del complesso delle misure assistenziali volte a garantire il precedente tenore di vita. Concorrono nel mantenimento del tenore di vita (e vanno quindi detratte dal flusso reddituale disponibile) gli esborsi sostenuti dall’Amministrazione per spese scolastiche in favore dei figli del testimone di giustizia; sanitarie (diagnostiche e terapeutiche) per prestazioni non erogabili a carico del servizio sanitario nazionali; per vacanze annuali; per riscaldamento dell’ alloggio assegnato. Vanno invece escluse tutte le specie necessitate dalla qualità di testimone di giustizia quali, a titolo di esemplificazione, quelle inerenti a esigenze di viaggio per il ritorno al luogo di provenienza (ivi comprese le spese di vitto ed alloggio); di assistenza legale nelle ipotesi previste nella delibera di adozione del programma speciale di protezione; di conduzione aziendale cui prima dell’ammissione al programma di protezione poteva direttamente attendere il ricorrente.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 17 luglio – 15 ottobre 2014, n. 5151
Presidente Romeo – Estensore Polito
Fatto e diritto
1. Con delibera in data 1° ottobre 2007 della Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82 del 1991, il sig. S. F., unitamente alla proprio nucleo familiare, costituito dalla moglie e da tre figli, era ammesso ad un piano provvisorio di protezione ai sensi dell’art. 13, comma 1, della citata legge e dell’art. 6 del d.m.. 23.4.2004, n. 161, in qualità di testimone di giustizia.
Nella seduta del 17 dicembre 2007 la Commissione centrale respingeva la richiesta del ricorrente datata 12.10.2007, tesa all’adeguamento dell’assegno mensile previsto per i testimoni di giustizia, sulla base della considerazione che lo stesso era stato ammesso al programma provvisorio, riservandosi quindi il riesame della questione in sede di ammissione al programma definitivo.
Con successiva delibera della predetta Commissione del 5 marzo 2009 il programma provvisorio era trasformato in definitivo, con conferma dello status di testimone di giustizia in capo al ricorrente.
Una volta ammesso al programma definitivo, con istanza del 5.5.2009 il ricorrente chiedeva che la Commissione de qua si pronunciasse in merito all’assegno mensile.
Detta istanza restava priva di riscontro.
In relazione a nuova richiesta di adeguamento dell’assegno mensile da euro 2.640,00 a euro 7.719,22 mensili l’apposita Commissione, con delibera in data 28 marzo 2012, si pronunziava in senso negativo, facendo richiamo alla nota del Servizio Centrale di Protezione del 3.2.2012, nella quale era posto in rilievo che “viene complessivamente assicurato in favore del F. un tenore di vita superiore a quello dichiarato”.
Avverso l’atto negativo il sig. S.F. ha proposto ricorso avanti al T.A.R. per il Lazio assumendo l’illegittimità di detto provvedimento per violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.
Con sentenza n. 860 del 2014 il T.A.R. adito accoglieva il ricorso.
Il T.A.R. – dopo aver tratteggiato il quadro normativo relativo alla fattispecie di cui è controversia con specifico richiamo all’art. 16-ter, comma 1, lett. b), del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito dalla legge n. 82 del 1991, recante disposizioni sullespeciali misure di protezione, ove è stabilito che “i testimoni di giustizia cui è applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio” – si pronunziava in base alle risultanze degli atti non avendo l’amministrazione adempiuto ordinanza istruttoria disposta dal collegio.
Il primo giudice statuiva in particolare:
– che l’assegno deve in ogni caso garantire al testimone di giustizia ed alla sua famiglia il medesimo tenore di vita in godimento prima della sottoposizione al programma di protezione:
– che agli effetti predetti deve essere assunto in primo luogo a riferimento il reddito percepito e, per altro verso, che fuoriescono dal computo le ulteriori spese che, sebbene assunte a carico dell’Amministrazione, il testimone di giustizia non avrebbe comunque affrontato se non avesse assunto tale status;
– che in tale ultima categoria vanno ricondotte le spese alloggiative, stante la proprietà della casa di abitazione da parte del ricorrente nel luogo di origine, quelle relative agli spostamenti verso la località di provenienza – correlate unicamente alla necessità di vivere altrove per effetto della sottoposizione al programma di protezione – nonché quelle per le lavorazioni dei terreni, essendo incombenti precedentemente assolti direttamente dal ricorrente con le proprie attrezzature. Non vanno inoltre considerate le spese per avvocato e quelle di giustizia, derivanti, dalla sottoposizione al programma di protezione e che diversamente non avrebbero coinvolto il ricorrente;
– che si rinvengono ulteriori spese, contestate dall’interessato nell’ an (per baby sitter, per viaggi, per custodia cani) ovvero nel quantum (spese sanitarie, indicate nel loro complesso e non per singole voci), non contraddette da contrarie allegazioni dell’ Amministrazione malgrado il disposto incombente istruttorio
Il T.A.R. annullava, quindi la delibera gravata e statuiva l’ obbligo, per l’Amministrazione, di provvedere all’adeguamento dell’assegno in favore del ricorrente e del suo nucleo familiare, conformemente a quanto indicato in motivazione.
Avverso la pronunzia del T.A.R. il Ministero dell’ Interno ha proposto atto di appello ed ha contestato le conclusioni del T.A.R., insistendo sull’adeguatezza e sul concorso delle misure economiche ed assistenziali, accordate nei confronti del testimone di giustizia, al mantenimento del pregresso tenore di vita.
In sede di note conclusive S.F. ha insistito nelle proprie tesi difensive e chiesto la conferma delle sentenza impugnata.
All’udienza del 17 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. La questione all’esame del Collegio investe l’adeguatezza e la congruità delle misure economiche ed assistenziali adottate dalla Commissione Centrale prevista dall’art. 10 della legge n. 82 del 1991 nei confronti del testimone di giustizia S.F. e di suoi familiari, nel quadro dello speciale programma di protezione deliberato ai sensi della legge predetta.
Nell’ambito delle misure di assistenza vengono, tra l’altro, in rilievo, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 6, della legge n. 82 del 1991 e dall’art. 8, comma 5, del regolamento approvato con d.m. n. 161 del 2004, quelle inerenti alla sistemazione alloggiativa, all’assistenza sanitaria, a quella legale (nei casi in cui l’interessato nei processi in cui rende testimonianza assuma la qualità di persona offesa dal reato) alla spese di trasferta in ipotesi indicate in dettaglio.
E’ prevista, inoltre, l’erogazione di un assegno di mantenimento – nel caso di insufficienza di mezzi di sostentamento e di impossibilità, per motivi di sicurezza, di svolgere un’ attività lavorativa – secondo criteri quantitativi definiti dalla Commissione in relazione al numero delle persone protette.
La doglianze sviluppate in ricorso da S.F. hanno investito al quantificazione dell’assegno di mantenimento erogato nella misura di euro 2.640,00 mensili, il cui importo è dal ricorrente qualificato sottodimensionato rispetto ai redditi percepiti nei tre anni antecedenti all’ammissione al programma di protezione, che si quantifica nella somma di euro 7.719,22 mensili.
In sede di note a difesa e produzione documentale il Ministero resistente precisa che l’assegno di mantenimento è stato corrisposto nella misura di euro 2.640,00 fino al 20 dicembre 2013. Dopo il distacco del nucleo familiare di A. F. – figlio del testimone di giustizia – l’assegno di mantenimento è stato scisso in euro 2.310,00 per il sig. S. F. ed in euro 1.995,00 per A.F.
Si tratta tuttavia di vicenda che esula dall’economia del presente contenzioso, in quanto successiva alla definizione del ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Lazio che ha investito il quantum dell’assegno di mantenimento nell’originaria determinazione in euro 2.640,00.
2.1. Come accennato nell’esposizione in fatto l’art. 16-ter, comma 1, lett. b), del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito dalla legge n. 82 del 1991, riconosce il diritto del testimone di giustizia al riconoscimento di misure si assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio”
Nei confronti del testimone di giustizia è previsto un trattamento differenziato e più favorevole rispetto al collaboratore di giustizia, stante il concorso delle misure di assistenza concesse al mantenimento del precedente tenore di vita. Ciò si riflette, in via residuale, sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento.
Per detto assegno è fissato in via forfetaria con riguardo ai soli collaboratori di giustizia il limite massimo in cinque volte l’ammontare dell’assegno sociale previsto dall’art. 3 della legge n. 335 del 1995 (art. 13, comma 6, della legge n. 82 del 1991, come sostituito dall’art. 6 della legge n. 45 del 2001). Il limite non trova applicazione nei confronti dei testimoni di giustizia che godono della guarentigia del mantenimento del pregresso tenore di vita.
La Commissione Centrale, nel disporre con atto del 24 marzo 2009 le misure di assistenza in favore di S.F., ha dato tra l’altro rilievo, ai fini del parametrazione del tenore di vita personale e familiare, alla documentazione di carattere fiscale.
Il ricorrente, con richiamo alla delibera della Commissione centrale del 30 luglio 2009, raccorda la quantificazione della propria posizione reddituale alle risultanze presso l’ Agenzie delle Entrate nel triennio antecedente all’ingresso nel programma di protezione (anni 2004, 2005 e 2006), e ragguaglia in euro 7.719,22 l’ importo da assumere a riferimento.
Al riguardo l’ Amministrazione ha correttamente opposto che il flusso reddituale che si riflette sul tenore di vita – diversamente da quanto prospettato dal ricorrente – va determinato non sulla base del reddito imponibile, ma al netto del debito di imposta. In tal modo si individuano le somme effettivamente disponibili per soddisfare le esigenze di vita del testimone di giustizia e relativi familiari inclusi nel programma.
Applicando il su riferito criterio il reddito effettivo nel triennio di osservazione corrisponde alla minor somma di euro 4.982,5 mensili.
2.1. In contrario a quanto prospetto dal ricorrente la resistente amministrazione in sede di note difensive procede ad un più ampio screening dei redditi percepiti da S.F. dal 1998 al 2007 e calcola (secondo diversi accorpamenti degli anni presi in considerazione) una media mensile che va dal minimo di euro 3.602,28 al massimo di euro 3.768,45
Il collegio reputa che – a fronte della posizione reddituale di S.F. caratterizzata nel tempo da notevoli differenziazioni nel quantum, stante la provenienza dei proventi da attività di impresa, nonché da sostanziale azzeramento di ogni vantaggio economico negli anni 2006 e 2007, antecedenti all’ammissione al programma di protezione – si debba privilegiare il criterio osservato dall’ Amministrazione che, con il monitoraggio spalmato in un più lungo periodo, si configura idoneo a fotografare, con maggior grado di aderenza alla realtà, la condizione economica del testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare agli effetti del complesso delle misure assistenziali volte a garantire il precedente tenore di vita.
2.2. Ciò posto viene in rilievo in che misura le accordate misure assistenziali concorrano nella monetizzazione dell’assegno di mantenimento attribuito a S.F. per l’ impedimento ad attendere alla normale attività lavorativa.
La sentenza appellata ha correttamente escluso che possano essere inclusi negli oneri di mantenimento le spese di alloggio – essendo il testimone di giustizia proprietario di immobile adibito ad abitazione nel luogo di origine – nonché quelle per spostamenti verso la predetta località, necessitate dalla acquisita condizione di testimone di giustizia. Esulano, inoltre, dal calcolo gli incombenti per lavorazione terreni (di cui il ricorrente si sarebbe dato direttamente carico se avesse mantenuto la precedente condizione di vita) e gli esborsi per difese legali connesse alla qualità di testimone di giustizia. Si tratta invero di spese che il ricorrente non avrebbe affatto sostenuto se non fosse stato inserito nel programma di protezione e che, quindi, assumono carattere del tutto neutro agli effetti della determinazione della somma utile al mantenimento del precedente tenore di vita.
L’ Amministrazione presta sostanziale acquiescenza al punto di decisione e sostiene, in ogni caso, l’adeguatezza dell’assegno di mantenimento, dovendo aggiungersi alla somma di euro 2,640,00 mensili, erogata a regime, la somma di euro 887,93, pari alla media mensile degli esborsi sostenuti dall’ Amministrazione medesima per spese scolastiche, sanitarie, viaggi e di riscaldamento, pervenendosi ad un complessivo beneficio medio mensile di euro 3.527,93.
Tale somma tuttavia si attesta in ogni caso al di sotto della media dei redditi percepiti mensilmente dall’appellante secondo i criteri indicati dalla stessa Amministrazione. Va quindi confermata la statuizione di annullamento del T.A.R. che ha rilevato l’erroneità dei parametri presi in considerazione dall’ Amministrazione onde monetizzare l’assegno di mantenimento da erogarsi in concorso con le altre misure di assistenza.
Il collegio reputa, in conclusione, il che in sede di rinnovazione del provvedimento annullato – in base a criteri di adeguatezza, logicità e proporzionalità dell’azione amministrativa – dovrà assumersi quale reddito medio mensile di riferimento, cui raccordare il tenore di vita da assicurare al testimone di giustizia e del di lui nucleo familiare, quello determinato sulla media del più ampio periodo di osservazione di cui alla nota del 6 marzo 2014, pari ad euro 3.768,45.
Concorrono nel mantenimento del tenore di vita (e vanno quindi detratte dal flusso reddituale disponibile) gli esborsi sostenuti dall’ Amministrazione per spese scolastiche in favore dei figli del testimone di giustizia; sanitarie (diagnostiche e terapeutiche) per prestazioni non erogabili a carico del servizio sanitario nazionali; per vacanze annuali; per riscaldamento dell’ alloggio assegnato.
Vanno invece escluse tutte le specie necessitate dalla qualità di testimone di giustizia quali, a titolo di esemplificazione, quelle inerenti a esigenze di viaggio per il ritorno al luogo di provenienza (ivi comprese le spese di vitto ed alloggio); di assistenza legale nelle ipotesi previste al punto 5 della delibera 14 settembre 2009 di adozione del programma speciale di protezione; di conduzione aziendale cui prima dell’ammissione al programma di protezione poteva direttamente attendere il ricorrente.
Per le considerazioni che precedono l’ appello va respinto e va confermata con diversa motivazione al sentenza appellata.
In relazione ai profili della controversia spese ed onorari del giudizio vanno compensati fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma con diversa motivazione al sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Sussistono i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 e 2 del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della condizione della parte interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi di -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della anzidetta disposizione nei termini indicati.