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Le mafie controllano le filiere alimentari

La mafia si siede a tavola. Il conto è di 14 miliardi

I clan gestiscono le filiere alimentari. Dal latte alla carne c’è il rischio adulterazioni

Non solo droga e traffici illeciti, Mafia Spa, si è seduta anche a tavola, su quella delle migliori produzioni alimentari del «made in Italy», contabilizzando del suo conto economico una cifra di circa 14 miliardi di euro. A spiegare come le ramificazioni della criminalità organizzata siano ormai solide anche nel settore alimentare è stata la Coldiretti in un’indagine sul prezzo dell’illegalità, presentata al Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione che si è chiuso ieri a Cernobbio. MAFIA E MOZZARELLA La criminalità – sottolinea Coldiretti – controlla in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione di interi comparti. Nella rete mafiosa sono entrate le filiere del latte, della
carne, della mozzarella, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane, del burro, della frutta e della verdura. I criminali con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare e gestire direttamente. Non solo «si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – conclude la Coldiretti – compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy». Un fenomeno in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese, perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. Proprio per contrastare questi fenomeni la Coldiretti insieme all’Eurispes ha promosso la Fondazione «Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare» con il procuratore Giancarlo Caselli alla guida del Comitato Scientifico della Fondazione e il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo alla presidenza. IL FALSO «BOCELLI» La contaminazione a tavola non è solo causata dal crimine. Molti operatori economici, non legati alle mafie, approfittano della crisi per portare a tavola alimenti adulterati o prodotti frutto di sofisticazioni. È sempre la Coldiretti che indica alcuni esempi di falso cone il prestigioso vino spumante del tenore Bocelli fino alle finte cotenne di prosciutto di Parma utilizzate per fare i fagioli con cotiche, piatto povero della tradizione. Proprio a Cernobbio i carabinieri dei Nas hanno allestito la prima esposizione degli strumenti di contraffazione e dei prodotti alimentari sequestrati in Italia. Le frodi a tavola – ha sottolineato la Coldiretti – consentono un guadagno che va da 5 a 60 volte il costo della sofisticazione a seconda del prodotto e colpiscono soprattutto i simboli del Made in Italy per il valore aggiunto che garantiscono. Si va dai marchi dei vini più prestigiosi come il Brunello, il Chianti o il Morellino di Scansano fino alle confezioni contrassegnate da marchi appartenenti a ditte inesistenti che contengono olio di semi allungato con clorofilla e spacciato come extravergine. L’attività dei carabinieri dei Nas ha consentito di smascherare anche mozzarelle fasulle ottenute dalla lavorazione anche con sostanze chimiche di semilavorati industriali, dette cagliate, importati dall’estero come i cosci di prosciutto marchiati come Parma grazie all’utilizzo di falsi punzoni. Ma la nuova frontiera delle frodi è internet dove si moltiplicano le offerte di prodotti contraffatti come le «smart drugs» oggetto di ripetuti sequestri. IL RECORD Con la crisi sono praticamente quadruplicate le frodi a tavola con un incremento record del 277 per cento del valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate, per garantire la sicurezza alimentare. La Coldiretti è arrivata a questo risultato analizzando l’attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2008 al 2014. Nei primi nove mesi del 2014 sono stati sequestrati beni e prodotti per un valore di 318,7 milioni di euro soprattutto con riferimento a prodotti base dell’alimentazione come la carne (29 per cento), farine pane e pasta (16 per cento), latte e derivati (12 per cento), prodotti ittici (9 per cento), ma anche in misura rilevante alla ristorazione (15 per cento) dove per risparmiare si diffonde purtroppo l’utilizzo di ingredienti low cost che spesso nascondono frodi e adulterazioni. L’attività dei carabinieri dei Nas nei primi nove mesi del 2014 ha portato all’arresto di ben 10 persone mentre 1310 sono state segnalate all’autorità giudiziaria e 7672 a quella amministrativa. «Le frodi a tavola si moltiplicano nel tempo della crisi soprattutto con la diffusione dei cibi low cost e sono crimini particolarmente odiosi perché si fondano sull0inganno nei confronti di quanti, per la ridotta capacità di spesa, sono costretti a risparmiare sugli acquisti di alimenti», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che «oltre un certo limite non è possibile farlo se non si vuole mettere a rischio la salute». Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto messa in atto dalla Magistratura e da tutte le forze dell’ordine impegnate confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie troppo larghe della
legislazione a partire – ha concluso Moncalvo – dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata. SALUTE A RISCHIO L’illegalità e le frodi alimentari in aumento, instillano insicurezza nei consumatori, al punto che il 65 per cento degli italiani ritiene che la crisi abbia fatto aumentare i rischi alimentari. L’indagine Coldiretti anzi evidenzia peraltro che ben il 12% dei consuimatori italiani dichiara di esserne stato vittima. Sotto accusa per un italiano su cinque sono i cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono, infatti, ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi ma – denuncia la Coldiretti – possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità, come è confermato dall’escalation dei sequestri. A preoccupare il 21% è invece l’apertura delle frontiere con l’arrivo di alimenti che vengono da Paesi lontani con diverse condizioni sanitarie e produttive, ma che – sostiene la Coldiretti – non possono essere ben identificati sugli scaffali per la mancanza di un sistema trasparente di etichettatura di origine.

(Tratto da Il Tempo)