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Le chiacchiere stanno a zero. Quelli che contano sono i fatti. La lotta alle mafie è possibile solo con Magistrati bravi e preparati, con investigatori capaci e con Prefetti non subordinati al volere di questo o quel personaggio politico, di questo o quel partito o schieramento politici

LO STATO DI INADEGUATEZZA DELLE STRUTTURE INVESTIGATIVE PONTINE E’ SEMPRE UNA CONSEGUENZA DELLA “QUALITA’ ” DEI PREFETTI.
E’ SEMPRE COSI’: DOVE CI SONO PREFETTI BRAVI, PREPARATI E NON CONDIZIONATI DA GRUPPI POLITICI, CI SONO QUESTORI E COMANDANTI PROVINCIALI BRAVI.
Un’associazione antimafia seria, prima di affrontare la situazione della sicurezza e dell’ordine pubblico in un territorio, ha il dovere di analizzare in maniera approfondita le condizioni generali degli apparati dello Stato preposti alla loro tutela.
Se ci sono apparati efficienti e qualificati, ne consegue che il loro operato è positivo;
altrimenti no.
Gli apparati dello Stato dovrebbero essere autonomi dai condizionamenti della politica, ma, purtroppo, non è sempre così.
Talché, se la politica su quel territorio è corrotta e in parte collusa con le mafie, anche gli apparati
dello Stato o, comunque, parti di questi, corrono il rischio di essere inquinati.
Orbene tutti conosciamo la situazione in cui versa la politica pontina per quanto riguarda l’atteggiamento che questa ha assunto negli anni rispetto al problema “mafie”.
Ci sono state inchieste giudiziarie – quali la “Formia Connection”di Formia o le “Damasco” di Fondi – che hanno messo in parte in luce il livello di contiguità, se non di compromissione, fra segmenti importanti della politica e delle istituzioni con la criminalità organizzata.
C’è da rilevare al riguardo che le verità giudiziarie non sempre coincidono con quelle reali ed esse non sempre riescono a porre in completa luce la situazione complessiva in quanto esse si riferiscono a fatti singoli, specifici, peraltro locali, sui quali spesso non è possibile raccogliere tutte le prove.
Di conseguenza è lecito sospettare che le verità emerse dalle inchieste e dai procedimenti svolti finora rappresentano solamente una piccola parte, la punta dell’iceberg, di quella generale.
D’altra parte basta leggere con un minimo di attenzione le numerose dichiarazioni già rilasciate e che continuano ad essere rilasciate ai magistrati
di varie DDA da numerosi Collaboratori di Giustizia, per comprendere quanto la situazione sia ancora più grave di quella emersa fino ad oggi e quanto il livello di inquinamento mafioso della politica e di parte delle istituzioni sia ancor più alto di quello accertato finora..
Non sveliamo un mistero, infatti, se diciamo che ci sono in corso inchieste – alcune delle quali in dirittura di arrivo come a Formia ma non solo – che tentano di recuperare, prescrizione permetten do, il tempo perso su fatti passati e recenti a causa di una colpevole “disattenzione” – definiamola così – dei vecchi apparati amministrativi, giudiziari ed investigativi che non hanno saputo o potuto cogliere il livello di gravità della situazione criminale in provincia di Latina.
Apparati amministrativi – Prefetti soprattutto – che non hanno evidentemente rappresentato in maniera obiettiva e completa agli organi governativi centrali la gravità della situazione, determinandone, così, una raffigurazione riduttiva, se non edulcorata e deviante.
Ciò è probabilmente all’origine di scelte non oculate e selettive per quanto attiene all’assegnazione ai vertici degli organi investigativi della provincia di Latina di
personale non altamente preparato, fatta qualche rarissima eccezione, così come la situazione imponeva.
Quando un Prefetto o un Procuratore Capo non evidenziano compiutamente agli organi centrali -Ministero degli Interni e Procura Generale – la gravità della situazione criminale mafiosa esistente sul territorio di loro competenza, è ovvio che il personale più preparato e più aggressivo viene assegnato ad aree ritenute più “calde” e sensibili.
E, gira gira, ritorniamo sempre all’importanza vitale del ruolo dei Prefetti e della loro statura.
E, per altro verso, anche dei Procuratori Capo della Repubblica, perché, anche in presenza di Questori e Comandanti provinciali non sufficientemente preparati ed attivi, quando un Procuratore li convoca dicendo ad essi “voglio questo e quello”, essi sono obbligati a fare “questo e quello”.
Ma parliamo dei Prefetti.
Il Prefetto è il rappresentante del Governo centrale sul territorio e in tale veste egli è il responsabile della sicurezza e dell’ordine pubblico nella provincia a lui assegnata.
E’ nel meccanismo di nomina dei Prefetti che va individuato il punto di criticità del sistema.
Ne abbiamo già trattato e ci torneremo in maniera approfondita perché, se si vuole affrontare con serietà il problema della lotta alle mafie, bisognerà sciogliere questo nodo battendosi per modificare la legge e dare un’autonomia di gestione, come si è fatto per i Magistrati con il CSM, ai Prefetti sottraendoli ai condizionamenti della politica..
Il Prefetto, infatti, viene nominato dal Consiglio dei Ministri su indicazione del Ministro degli Interni, il quale è un politico, espressione, peraltro, di una fazione politica.
Fazione politica che, inoltre, cambia di volta in volta.
Quindi il Prefetto è un’espressione della parte politica che governa in quel momento.
Egli è solo teoricamente il rappresentante dello Stato perché, quando il Consiglio dei Ministri deve nominare i Prefetti, il Ministro degli Interni chiede l’indicazione o, comunque, il beneplacito, al referente del suo partito sul territorio interessato.
E’ difficile trovare, quindi, un Prefetto che, fatto nominare -o comunque agevolato o non contrastato – da quel politico, non sia condizionabile..
E, quando egli dovesse eventualmente rifiutarsi di cedere ai condizionamenti, come si è verificato nei casi eclatanti dei Prefetti Mosca a Roma o Frattasi a Latina, ma non solo, la “politica “, quella dominante in quel momento, subito se ne sbarazzerebbe.
Così si verifica che i più bravi ed autonomi vengono emarginati, mentre restano quelli più disponibili ad accettare i condizionamenti del referente politico della fazione del Ministro degli Interni che lo ha fatto nominare e che lo può rimuovere in un qualsiasi momento.
Se non si cambia il meccanismo di gestione dei Prefetti ci troveremo sempre in questa situazione e, quando la parte politica che in quel momento governa non intende combattere le mafie, va da sé che è un’illusione attendersi che gli apparati sul territorio dello Stato si battano seriamente contro le mafie.
Secondo voi, i partiti che ci hanno governato finora e ci governano attualmente vogliono effettivamente combattere la criminalità mafiosa?
L’appello accorato che l’Associazione Caponnetto sente di dover rivolgere alle parti sane della politica ed, in particolare, a quelle che effettivamente vogliono, con i fatti e non solo con le chiacchiere, combattere le mafie e le inefficienze di questo Stato, è quello di cominciare ad analizzare bene il ruolo delle Prefetture e dei Prefetti, molti dei quali hanno avuto ed hanno gravi problemi con la Giustizia, perché se non si cambiano le leggi e si rendono le Prefetture veramente presidi dello Stato e non covi, qualcuna, della politica collusa, la lotta alle mafie sarà sempre, come è stata finora, una pia illusione delle anime belle.
Le chiacchiere stanno a zero.
Quelli che contano sono i fatti!!!