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Un’antimafia seria ed operativa. Alcune linee fondamentali, spicciole ma pratiche. Le chiacchiere non servono. Servono solo i fatti

UN’ANTIMAFIA OPERATIVA. COME SI FA UN’INDAGINE?

E’ la domanda che ci sentiamo rivolgere spesso da coloro ai quali noi diciamo sempre che per combattere i mafiosi non bastano le parole, le manifestazioni, gli slogan, le parate, ma bisogna colpirli al cuore, nelle loro ricchezze, nei loro patrimoni.
Altrimenti è tutto fumo e niente arrosto, è tutta apparenza e niente altro.
Le parate, gli slogan, il racconto lasciamo farli ai politici ed a chi è al loro servizio.
Giovanni Falcone diceva:
“seguite il filone dei soldi e troverete le mafie”.
E noi seguiamo appunto il filone dei soldi.
Come?
Si parte da una lettura attenta e quotidiana dei giornali, seguendo le notizie interessanti che riguardano un lavoro, un’opera, un passaggio di proprietà, un’approvazione di un piano regolatore, di una variante urbanistica da parte di un’amministrazione comunale, una legge approvata dal Parlamento o da una Regione.
La prima domanda da porsi è: “chi c’è dietro?”, “chi si favorisce?”.
La risposta a tali domande ci viene spesso:
a) dalla lettura dei giornali;
b) dalle voci che corrono in giro, voci che bisogna saper raccogliere attraverso la frequentazione di molte
persone che risiedono sul territorio interessato ed intorno a quella amministrazione comunale, provinciale, regionale.
Occhi ed orecchie ben attenti e spalancati.
Se, poi, si tratta di una costruzione di un centro commerciale, di un fabbricato, una villa, un’opera portuale, stradale e quant’altro, bisogna sempre annotare il nome dell’impresa che effettua i lavori, del progettista, del direttore dei lavori e, attraverso la “visura camerale” (un’attestazione che rilasciano le Camere di Commercio a TUTTI i cittadini, previo pagamento di pochi euro), si risale ai nomi degli autori.
Con un database di cui noi disponiamo e nel quale abbiamo inserito ed inseriamo tutti i dati acquisiti negli anni e che acquisiamo quasi quotidianamente si possono ricostruire, così, tutti gli intrecci societari.
Talché capita che, inserendo nel database i dati di un’impresa di Benevento, esce fuori che qualche componente di quella stessa società è autore, come prestanome della stessa impresa di Benevento, di alcuni lavori che si fanno a Torino e viceversa.
Prestanome, amici, ricordatelo sempre perché le impresa mafiose, per sfuggire alle ricerche, ricorrono sempre a prestanome “puliti” che hanno la fedina penale immacolata e fissano spesso la loro sede legale in città del nord Italia e non a Vibo Valentia, a Casal di Principe, ad Agrigento, a Lecce e nel sud.
Fatto questo, bisogna poi accertare il nome del politico, del funzionario comunale, del sindaco, dell’assessore, del Prefetto, del vice Prefetto, del Capo di Gabinetto cui quell’impresario mafioso fa capo.
E queste notizie possono essere raccolte in mille modi:
1) attraverso la lettura dei giornali;
2) le voci di persone informate;
3) la frequentazione di alcuni appartenenti alle forze dell’ordine, i cosiddetti “incazzati”, coloro, cioè, che, dopo aver fatto un’indagine che ha richiesto il loro tempo, vedono, poi, che il loro comandante o il magistrato non fanno quello che dovrebbero fare e per rabbia si sfogano con l’amico che in questo caso è uno di noi.
Queste sono alcune delle linee fondamentali che debbono seguire coloro che vogliono fare una vera azione contro le mafie e non solo chiacchiere.
Chiacchiere che non servono a niente se non a far ingrassare eventualmente alcuni che con l’antimafia ci campano o ci vogliono campare, quelli che Leonardo Sciascia chiamava ” i professionisti dell’antimafia”.
Che, purtroppo, vediamo girare nelle associazioni.
E, a proposito di questi ultimi, una raccomandazione:
quando cominciate a sentire discorsi di businnes, di interessi, di soldi, di progetti, di convenzioni con lo Stato e quant’altro del genere, allontanateli subito e prendete il largo.
Quella è gente che non fa per noi dell’Associazione Caponnetto e per il mondo dell’antimafia in genere.