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20 cosche controllano il Lazio

Venti cosche controllano il Lazio
Fabio Perugia

Venti ‘ndrine. Venti cosche mafiose. E la Piovra affonda i suoi tentacoli nel Lazio, un territorio che «gode» delle attenzioni delle mafie. Sono in particolare i casalesi e la ‘ndrangheta a mettere le mani su questa regione contigua alla Campania, a un passo dal «vero» Sud.

Nel Lazio la criminalità organizzata, forte in tutto il sud pontino, ormai è presente anche a Roma. Non è un caso se il 21 ottobre scorso è stato sequestrato il ristorante di piazza di Spagna «La Rampa» e altri beni immobili, perché appartenenti – sembrerebbe – ad alcuni clan. Del resto negli ultimi anni la criminalità calabrese è sempre più specializzata nel riciclaggio di denaro sporco nella Capitale, avviando attività commerciali e finanziarie. Inoltre, secondo il rapporto della Confesercenti, è notevolmente aumentato il traffico di droga, l’estorsione, l’usura e il gioco d’azzardo. La «Mafia spa» deve riciclare una quantità di soldi tale da pagare anche il doppio del valore reale un negozio, un centro commerciale, una società edile o un ristorante. I settori principali di interesse, infatti, sono l’edilizia, le società finanziarie, la ristorazione, le concessionarie d’auto, i franchising per il noleggio dei film e l’abbigliamento (è in corso un’indagine su una catena che commercializza abiti casual).
Impressiona il fatto che le organizzazioni si siano letteralmente spartite la Capitale, in una sorte di pax mafiosa. Un vero patto: ai boss calabresi vanno i locali del centro storico e alla camorra il controllo degli ipermercati nelle periferie.
Non solo Roma. In tutto il Lazio le mafie sono infiltrate, specialmente al Sud. Come a Latina, Frosinone, Sperlonga, Minturno, Gaeta, Formia e Fondi dove convivono cosche calabresi, campane e siciliane. In provincia di Latina la mafia ha una struttura particolarmente radicata, dove più volte sono state denunciate le presenze di attività di riciclaggio, anche a livello internazionale, della famiglia Bardellino. La Direzione investigativa antimafia (Dia) è convinta che ci siano continui «tentativi d’infiltrazione nelle attività economiche locali, attraverso la costituzione di consorzi di società, contigue all’organizzazione criminale».

(tratto da Il Tempo)